Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22671 del 19/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 19/10/2020, (ud. 16/07/2020, dep. 19/10/2020), n.22671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12683-2014 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.NICOTERA N.

29, presso lo studio dell’avvocato MICHELE GUZZO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato DARIO CLEMENTI;

– ricorrente principale –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI 12;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 6190/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/02/2014 R.G.N. 10653/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 16/07/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza in data 19 giugno 2013- 22 febbraio 2014 n. 6190 la Corte d’Appello di Roma riformava la sentenza del Tribunale di Cassino e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da P.G., già nominato con D.P.C.M. 4 settembre 2006 “esperto esterno” del servizio SECIT presso il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, per il risarcimento del danno causato dall’illegittimo licenziamento del giugno 2008 – all’esito della soppressione del SECIT disposta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112 – o, comunque, dall’inadempimento della amministrazione.

2. La Corte territoriale escludeva essere intercorso tra le parti un rapporto di pubblico impiego, come prospettato dall’originaria parte ricorrente, osservando che nel ricorso introduttivo del giudizio non erano state allegate, e quindi provate, circostanze significative della subordinazione.

3. Al di là delle caratteristiche fattuali del rapporto, era poi dirimente la mancanza di un atto formale di nomina o di assunzione in servizio con rapporto di lavoro subordinato, come richiesto nell’impiego pubblico; inoltre, la normativa che aveva regolato nel tempo il reclutamento degli esperti esterni non aveva formalizzato la natura subordinata del rapporto nè previsto la sua costituzione in assenza di concorso.

4. Ulteriore conferma dell’inconfigurabilità di un rapporto di lavoro pubblico con gli esperti esterni si traeva dall’ordine del giorno della Camera dei deputati del 23 luglio 2008, nel quale si impegnava il governo a valutare la possibilità di mantenere in servizio gli esperti esterni sino alla scadenza dell’incarico, assegnandoli al dipartimento delle finanze; tanto sull’evidente presupposto della insussistenza di un rapporto di pubblico impiego, in quanto per il personale dipendente era normativamente disposta la prosecuzione del rapporto presso il dipartimento.

5. In questo contesto, la soppressione del SECIT rappresentava un caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione, ai sensi degli artt. 1463 e 1256 c.c.

6. La esclusione del rapporto subordinato doveva essere parimenti affermata nell’ottica dell’incarico onorario, di cui sussistevano tutte le condizioni: assenza di una selezione pubblica in forza di un bando di concorso; scelta ampiamente discrezionale da parte della autorità competente, salvi i requisiti di professionalità prescritti; contenuto professionale della prestazione, con inserimento nella amministrazione al limitato fine del disimpegno della specifica funzione; peculiare regolamentazione del rapporto; durata a tempo determinato; carattere indennitario del compenso (e comunque non decisività dell’eventuale carattere retributivo). Tutto ciò senza considerare l’assenza della eterodirezione.

7. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza P.G., articolato in due motivi, cui ha opposto difese il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE con controricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale condizionato, articolato in un unico motivo.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo la parte ricorrente ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della normativa speciale sugli esperti esterni del SECIT ed, in particolare:

– dell’art. 2086 c.c., del D.P.R. n. 287 del 1992, art. 17, art. 18, comma 3 e art. 19, della L. n. 146 del 1980, art. 11, del D.P.R. n. 107 del 2001, art. 22, commi 1 e 3.

– del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19- commi 2, 4 e 6 – e L. n. 146 del 1980, art. 10, comma 2.

2. Ha argomentato nel senso della intercorrenza tra le parti di un rapporto di pubblico impiego a termine, evidenziando che la esistenza di una funzione onoraria era stata esclusa dalla Corte costituzionale nelle motivazioni della sentenza 19/27 giugno 2013 n. 160, dichiarativa della illegittimità costituzionale della norma di interpretazione autentica di cui al D.L. n. 125 del 2010, art. 2, comma 1 ter (aggiunto in sede di conversione dalla L. n. 163 del 2010).

3. Con la seconda censura si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 1463 e 1256 c.c. Si censura la statuizione di accertamento della impossibilità sopravvenuta della prestazione. Il ricorrente ha chiesto dichiararsi in questa sede – ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, – il proprio diritto al risarcimento del danno per il recesso anticipato, facendo richiamo anche sotto questo profilo alle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale n. 160/2013.

4. Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 436 c.p.c.

5. Ha esposto che con il primo motivo del ricorso in appello essa aveva contestato la statuizione di accoglimento della domanda resa nel primo grado perchè fondata sulla qualificazione del rapporto di lavoro degli esperti esterni del SECIT come “parasubordinato” invece che come funzione onoraria. Ha assunto che, non essendo stato proposto appello incidentale da parte del P., la materia del contendere era limitata alla qualificazione del rapporto di causa come incarico onorario di diritto pubblico (nel senso sostenuto con l’atto di appello) ovvero come rapporto di lavoro privato para-subordinato (secondo quanto ritenuto dal giudice del primo grado) mentre si era formato il giudicato interno sulla assenza di un rapporto di pubblico impiego.

6. Il ricorso principale, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, è fondato.

7. La questione di causa è stata già esaminata da questa Corte nelle sentenze 21 giugno 2019 n. 16753; 24 giugno 2019 n. 16836; 9 luglio 2019 n. 18408; 14 agosto 2019 n. 21417, ai cui principi si intende assicurare continuità in questa sede.

8. Quanto al primo motivo, va ribadito – in consonanza con le valutazioni espresse dalla Corte Costituzionale nel dichiarare la illegittimità della norma interpretativa di cui al D.L. n. 125 del 2010, art. 2, comma 1ter – che le leggi speciali avevano disciplinato i rapporti con gli “esperti esterni” del SECIT – ed in particolare la selezione (improntata a valutazioni di carattere tecnico professionale), le modalità di svolgimento, il trattamento economico (parametrato al trattamento economico della dirigenza pubblica), lo stato giuridico (D.P.R. n. 287 del 1992, art. 18, comma 3) e le relative incompatibilità – in modo inconciliabile con il servizio onorario.

9. Parimenti erronea è la valorizzazione, per escludere la configurabilità di un rapporto di impiego pubblico, del mancato espletamento della procedura concorsuale per la assunzione, senza considerare la L. n. 146 del 1980, art. 10 (oggetto di rinvio da parte del D.P.R. n. 107 del 2001, art. 22) che, in tutte le versioni susseguitesi nel tempo, aveva previsto che gli esperti fossero scelti non solo tra i funzionari dell’amministrazione finanziaria e delle altre pubbliche amministrazioni con qualifica non inferiore a dirigente (e tra il personale di magistratura avente almeno la ex qualifica di appello) ma anche tra i soggetti non appartenenti alla pubblica amministrazione, in possesso di elevate competenze ed esperienza professionale nelle discipline economico-finanziarie, statistiche, contabili o aziendalistiche, rinviando, quanto alla durata dell’incarico, al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19, comma 2, poi trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, comma 2 e succ. modd., norme, queste, che prevedono la temporaneità degli incarichi di natura dirigenziale.

10. Inoltre la Corte territoriale ha disatteso i principi ripetutamente affermati da questa Corte (Cass. n.16836/2019 e giurisprudenza ivi citata), condivisi dal Collegio, secondo cui, ai fini della qualificabilità come rapporto di pubblico impiego di un rapporto di lavoro prestato alle dipendenze di un ente pubblico non economico, rileva che il dipendente risulti effettivamente inserito nella organizzazione pubblicistica ed adibito ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dell’ente pubblico, non avendo, di contro, importanza l’assenza di un atto formale di nomina nè che si tratti di un rapporto a termine (e neppure che il rapporto sia affetto da nullità per violazione delle norme imperative che impongono che l’assunzione alle dipendenze della P.A. deve avvenire attraverso l’espletamento del concorso pubblico).

11. Egualmente fondato è il secondo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta risoluzione del rapporto di lavoro per impossibilità sopravvenuta della prestazione.

12. Nei precedenti citati si è già osservato, in coerenza con quanto affermato nella sentenza n. 160 del 2013 della Corte Costituzionale, che la soppressione del SECIT per factum principis potrebbe dare luogo ad impossibilità sopravvenuta della prestazione soltanto ove comportasse l’impossibilità di ogni proficuo riutilizzo dell’esperto, circostanza il cui onere probatorio cade a carico della amministrazione.

13. La Corte territoriale, affermando che “la soppressione del SECIT rappresenta un caso di scuola di impossibilità sopravvenuta della prestazione (factum principis) idoneo a giustificare pienamente la conclusione del rapporto, estintosi di diritto ai sensi degli artt. 1463 e 1256 c.c., nella insussistenza del diritto a transitare presso il Dipartimento” si è posta in contrasto con tale principio.

14. Il ricorso incidentale del MINISTERO è infondato.

15. La questione posta in appello dal MINISTERO, che contestava la qualificazione del rapporto di causa operata dal Tribunale (come rapporto parasubordinato di diritto privato), impediva la formazione del giudicato interno. Va al riguardo osservato che, secondo il consolidato principio enunciato da questa Corte (tra le altre: Cass., 20/03/2019 n. 7888; 08/10/2018, n. 24783; Cass. 26/06/2018, n. 16853; Cass., 16/05/2017, n. 12202; Cass. 04/02/2016, n. 2217; Cass. 22/02/2013, n. 4572, tutte sulla scorta di Cass. n. 6769 del 1998), ribadito da Cass. n. 16836/2019 in fattispecie sovrapponibile a quella in esame, il giudicato interno non si forma su ogni singolo accertamento di fatto operato dal primo Giudice e non contestato espressamente con il gravame, bensì solo in relazione alla sequenza minima fatto-norma-effetto idonea ad autonomo accertamento decisorio. La contestazione di uno solo degli elementi della sequenza comporta, pertanto, che il Giudice d’appello rimanga investito della cognizione sull’intera questione, come avvenuto nella specie, tanto in punto di diritto- (potendo individuare una diversa norma sotto cui sussumere il fatto o fornirne una differente esegesi) – quanto in punto di fatto (attraverso una nuova valutazione degli elementi probatori acquisiti).

16. Conclusivamente, deve essere accolto il ricorso principale e respinto quello incidentale.

17. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso accolto e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione affinchè provveda ad un nuovo esame della vicenda di causa, applicando i principi di diritto qui ribaditi.

18. Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese del presente grado.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2020

 

 

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