Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2267 del 30/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 30/01/2017, (ud. 01/12/2016, dep.30/01/2017),  n. 2267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21161/2015 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA ARCHIMEDE 122,

presso lo studio dell’avvocato FABIO MICALI, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCO MICALI, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE, rappresentato e

difeso dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO e CLEMENTINA

PULLI, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 134/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 16/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato EMANUELA CAPANNOLO, che si riporta.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in Camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. La Corte di Appello di Messina ha rigettato il gravame svolto dall’assistito (nato il (OMISSIS)) avverso la sentenza di primo grado che aveva negato il diritto alla pensione di inabilità per insussistenza dei requisiti socio-economici e invalidanti (riconosciuti dall’ausiliare nominato in primo grado solo dal maggio 2011).

3. Avverso detta sentenza l’assistito ha proposto ricorso deducendo omessa pronuncia su un motivo di appello ritualmente introdotto in giudizio e violazione e falsa applicazione di norme di diritto in tema di diritto di difesa e del contraddittorio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

4. Il Ministero dell’economia e delle finanze è rimasto intimato.

5. L’INPS ha resistito con controricorso.

6. Il ricorso e qualificabile come manifestamente infondato.

7. Premesso che i mezzi d’impugnazione ripropongono, nell’illustrazione delle censure, questioni di merito che non possono essere devolute alla Corte di legittimità in ordine al giudizio sanitario espresso dai giudici di merito, occorre osservare che l’età anagrafica costituisce un requisito costitutivo della prestazione e non un fatto non tempestivamente introdotto nel giudizio di merito, come dedotto invece dall’assistito.

8. Costituisce principio, ripetutamente enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, quello per cui: “La pensione e l’assegno di inabilità civile di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13, non possono essere riconosciuti a favore dei soggetti il cui stato di invalidità, a norma di legge, si sia perfezionato con decorrenza successiva al compimento dei sessantacinque anni (o che, comunque, ne abbiano fatto domanda dopo il raggiungimento di tale età), come si evince dal complessivo sistema normativo che per gli ultrasessantacinquenni prevede l’alternativo beneficio della pensione sociale anche in sostituzione delle provvidenze per inabilità già in godimento e come è stato espressamente confermato dal D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 8” (cfr. ex multis, Cass. 192 del 2011 e numerose conformi).

9. Alla stregua del suddetto principio occorre, dunque, per negare il diritto alle prestazioni assistenziali previste dalla L. n. 118 del 1971, che lo stato di invalidità si sia perfezionato con decorrenza successiva al compimento dei sessantacinque anni e, nel caso in esame, secondo l’accertamento del giudice di merito, la situazione invalidante si è perfezionata, per l’appunto, dal maggio 2011, epoca successiva al compimento del sessantacinquesimo anno di età da parte del richiedente.

10. Non sussiste, pertanto, il dedotto vizio di omesso esame di un fatto decisivo per avere la Corte territoriale affermato e dato atto, tanto del gradiente invalidante, nella percentuale già ritenuta in primo grado, quanto della situazione reddituale, delibando la relativa questione con statuizione di irrilevanza in considerazione dell’insussistenza del diritto alla prestazione, nella specie, per l’età raggiunta dall’assistito, ultrasessantancinquenne.

11. In conclusione il ricorso va rigettato.

12. Quanto alle spese, la Corte di appello ha dato atto della sussistenza delle condizioni per l’esonero di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., le quali – in difetto di comunicazioni riguardanti variazioni reddituali nelle more intervenute – devono presumersi sussistenti anche per il presente giudizio; nulla, pertanto, deve statuirsi al riguardo.

13. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi) e di provvedere in conformità, atteso l’esito della decisione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2017

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