Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22667 del 27/09/2017
Cassazione civile, sez. II, 27/09/2017, (ud. 22/06/2017, dep.27/09/2017), n. 22667
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11834/2012 proposto da:
D.B.G. ((OMISSIS)), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI GEREMIA;
– ricorrente –
contro
PORTO BASELEGHE S.r.l. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ANGELO EMO N. 106, presso lo studio dell’avvocato FRANCO
CHIAPPARELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GIUSEPPE CUDINI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 354/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 16/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
22/06/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
– il giudizio scaturisce dalla domanda con la quale D.B.G. chiese la declaratoria dell’avvenuto acquisto per usucapione, in suo favore, della proprietà di una striscia di terreno sito nel Comune di (OMISSIS), intestata alla società Porto Baseleghe s.r.l.;
– a conclusione dei giudizi di merito, la Corte di Appello di Venezia, riformando la pronuncia di primo grado, rigettò la domanda attorea;
– avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione D.B.G. sulla base di tre motivi;
– la società Porto Baseleghe s.r.l. ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
– il ricorrente ha lamentato: 1) col primo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), che la Corte territoriale non abbia riconosciuto che il rapporto di fatto dell’attore col fondo non era stato contestato dalla convenuta e che abbia invece ritenuto provata l’esistenza di un rapporto di comodato tra le parti; 2) col secondo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), che la Corte territoriale abbia omesso, in presenza del rapporto di fatto dell’attore col terreno, di tener conto della presunzione di possesso di cui all’art. 1141 c.c., ed abbia erroneamente posto a carico dell’attore l’onere di provare l’inesistenza della detenzione e del relativo titolo; 3) col terzo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), che la Corte di Appello non abbia tenuto conto delle ulteriori opere, diverse dal casone, realizzate dall’attore sul fondo;
– il principio di diritto che regola la fattispecie oggetto del giudizio è quello – ripetutamente affermato da questa Corte – secondo cui “Chi agisce in giudizio per essere dichiarato proprietario di un bene, affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e, quindi, non solo del “corpus”, ma anche dell'”animus”; l’elemento, tuttavia, può eventualmente essere desunto in via presuntiva dal primo, se vi è stato svolgimento di attività corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà, sicchè è allora il convenuto che deve dimostrare il contrario, provando che la disponibilità del bene è stata conseguita dall’attore mediante un titolo che gli conferiva un diritto di carattere soltanto personale (nella specie, contratto di comodato)” (Cass., Sez. 2, n. 15755 del 13/12/2001; Sez. 2, n. 14092 del 11/06/2010; Sez. 2, n. 15145 del 06/08/2004);
– nella specie, la Corte territoriale – con apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità in quanto giustificato da motivazione esente da vizi logici e giuridici – ha ritenuto che l’attore non avesse fornito la prova del possesso ultraventennale, avendo i testi riferito circostanze generiche (non afferenti allo svolgimento di attività corrispondenti all’esercizio del diritto di proprietà), per di più non collocate nel tempo (collocazione necessaria ai fini del ventennio necessario per usucapire);
– una volta esclusa la sussistenza dell’elemento materiale (corpus) del possesso e dello stesso animus possidendi, esattamente la Corte territoriale ha ritenuto che il convenuto (proprietario) non avesse l’onere di provare che la disponibilità del bene era stata conseguita dall’attore mediante un titolo che gli conferiva un diritto di carattere personale (contratto di comodato);
– il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
PQM
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 (tremila) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017