Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22662 del 11/08/2021

Cassazione civile sez. I, 11/08/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 11/08/2021), n.22662

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18204/2015 proposto da:

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore rag.

B.D., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ezio n. 32, presso lo

studio dell’avvocato Bertes Daniela, rappresentato e difeso dagli

avvocati Benassi Piero, Pirillo Marianna, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., succeduta a Banca Antonveneta

S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Bosio n. 2, presso lo

studio dell’avvocato Luconi Massimo, che la rappresenta e difende,

giusta procura in calce alla copia del ricorso notificato;

– controricorrente –

contro

L.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1241/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 21/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/04/2021 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 21 maggio 2014, la Corte d’appello di Venezia ha respinto tutte le pretese attoree, riformando la decisione impugnata la quale, in accoglimento delle domande proposte dal Fallimento del (OMISSIS) s.r.l., aveva accolto le azioni revocatorie: i) L.Fall., ex art. 67, comma 2, con riguardo al contratto di compravendita di due beni immobili, concluso in data 18 febbraio 2000 tra la fallita e L.M.; ii) L.Fall., ex art. 67, comma 1, n. 2, con riguardo alla rimessa su conto corrente della società per Euro 61.510,01; iii) L.Fall., ex art. 67, comma 1, n. 4, con riguardo all’ipoteca iscritta sui predetti immobili.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la procedura soccombente, affidato a nove motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la banca intimata, mentre non svolge difese il L..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi del ricorso possono essere riassunti come segue:

1) motivazione insufficiente e contraddittoria, con nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per esporre la decisione impugnata una motivazione solo apparente;

2) omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perché la sentenza impugnata non ha ritenuto tempestivamente dedotto il collegamento negoziale o il negozio indiretto, con riguardo ai tre negozi predetti, reputando tali fattispecie allegate solo nella comparsa conclusionale, quando, invece, sin dall’atto di citazione la procedura aveva evidenziato la strategia delle parti convenute ed aveva prodotto il verbale della testimonianza resa dal L., il quale riferiva al riguardo: dunque, era evidente che vi fosse un nesso tra i vari negozi;

3) motivazione contraddittoria, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la corte del merito ritenuto ravvisabile il collegamento negoziale tra i negozi, nell’ambito della qualificazione giuridica ad essa demandata;

4) omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la sentenza impugnata ritenuto non provato l’elemento soggettivo della scientia in capo all’acquirente, mentre il consulente fiscale della società aveva chiarito la situazione ed il L., che aveva rilasciato dichiarazioni al curatore, era il socio unico ed amministratore della (OMISSIS) s.r.l., onde era difficile sostenere che non fosse a conoscenza dello stato d’insolvenza della società;

5) violazione e falsa applicazione dell’art. 232 c.p.c., perché il L. non si è presentato a rendere interrogatorio formale, quindi i fatti de quibus avrebbero dovuto ritenersi come ammessi;

6) omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perché la sentenza impugnata non ha ritenuto provata la notevole sproporzione del prezzo, nel contratto di compravendita immobiliare summenzionato, senza considerare che la banca, ai fini della concessione del mutuo ipotecario, aveva valutato l’immobile del valore triplo rispetto al prezzo corrisposto;

7) violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 67, comma 1, n. 2, con riguardo alla domanda di revoca della rimessa, per la quale, in presenza di un atto anomalo, era onere della banca provare l’assenza di scientia;

8) omesso esame di fatto decisivo,, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ancora quanto alla domanda di revoca della rimessa bancaria, in quanto la corte territoriale non ha ritenuto provato che l’affidamento concesso dall’istituto sia stato utilizzato per meglio “assicurare” il pregresso credito chirografario, mediante l’acquisizione della ipoteca volontaria del terzo, onde l’affidamento fu del tutto apparente, mediante il giroconto; né tali conti erano rimasti operativi, sebbene aperti; pertanto, una migliore valutazione delle allegazioni e delle prove offerte avrebbe condotto ad accogliere la domanda;

9) omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quanto alla revoca dell’ipoteca prestata dal terzo datore, in quanto, essendo egli l’amministratore e socio unico, deve ritenersi nella sostanza l’esatta coincidenza fra il medesimo e la società.

2. – La corte territoriale ha ritenuto quanto, rispettivamente, alle tre domande di revocatoria proposte, che:

i) in ordine alla revoca del contratto di compravendita immobiliare, concluso in data 18 febbraio 2000 tra la fallita e L.M., il tribunale ha accolto la medesima, qualificandola correttamente come proposta ai sensi della L.Fall., art. 67, comma 2, (nonostante la formulazione attorea nella fattispecie del comma 1, n. 1 medesima disposizione), senza che, tuttavia, sussista la prova adeguata dell’elemento soggettivo della fattispecie in capo all’acquirente, pur amministratore della società; neppure, al riguardo, è integrata comunque la fattispecie L.Fall., ex art. 67, comma 1, n. 1, in mancanza di prova della notevole sproporzione tra le prestazioni, in quanto non è a tal fine sufficiente la mera valutazione effettuata, in seguito, dalla banca al momento della costituzione della garanzia ipotecaria;

ii) con riguardo alla revocatoria della rimessa su conto corrente della società per Euro 61.510,01, la rimessa è stata effettuata dalla società mediante giroconto, da un c/c su cui fu concessa un’apertura di credito, all’altro conto, ma essa non fu l’ultima rimessa, risultando entrambi i conti ancora aperti ed operativi, non essendo stati “congelati”; non vi è prova del carattere anomalo del pagamento, in quanto la procedura non ha mai neppure allegato il collegamento negoziale tra i vari atti, né la simulazione o la novazione, e che il mutuo fondiario fu concluso da L.M., non dalla società;

iii) con riguardo alla revoca dell’ipoteca, ai sensi della L.Fall., art. 67, comma 1, n. 4, il mutuo e l’ipoteca attengono non alla società, che non ha mai rilasciato detta garanzia, ma al suo amministratore L., onde verso il medesimo la procedura non ha l’azione de qua.

Ciò posto, i motivi proposti non possono trovare accoglimento, per le ragioni di seguito esposte.

3. – Il primo motivo è inammissibile, laddove lamenta la motivazione insufficiente, che è estranea al quadro normativo dell’attuale art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134; ed è infondato, laddove censura una motivazione assente, dal momento che, al contrario, la motivazione della decisione impugnata non è affatto inferiore al cd. minimo costituzionale.

4. – Il secondo ed il terzo motivo – che possono trattarsi congiuntamente, mirando entrambi a censurare la mancata individuazione di un collegamento negoziale o di negozio indiretto ad opera della corte del merito – sono manifestamente infondati, in quanto non risulta un vizio di omesso esame da parte della corte territoriale, che al contrario ha esaminato i fatti decisivi richiamati e motivato al riguardo: ritenendo non tempestivamente prospettata, ad opera della procedura, la figura del negozio indiretto o del collegamento negoziale, al fine di suffragare l’azione revocatoria proposta.

Al riguardo, giova ricordare come, mediante il collegamento negoziale, si mira alla ricostruzione di un nesso funzionale specifico, alla luce del complessivo regolamento d’interessi perseguito, onde l’individuazione di un’unitaria cd. causa concreta; ed i negozi indiretti, del pari, devono poter rivelare una funzione pratica ulteriore, rispetto al singolo atto.

Ma resta che l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, cui compete l’accertamento in concreto della volontà della parte (cfr. Cass. 13 agosto 2018, n. 20718; Cass. 21 febbraio 2006, n. 3702; Cass. 27 ottobre 2015, n. 21874; Cass. 5 febbraio 2014, n. 2630).

Ne’ il mero accenno ad una “strategia” complessiva delle parti convenute, contenuto nell’atto di citazione nel passaggio riportato all’interno del motivo, sarebbe, di per sé, sufficiente a ritenere proposta e giuridicamente argomentata una configurazione giuridica afferente una delle figure menzionate, al fine della proposizione di una determinata causa petendi.

Infine, l’insistito richiamo, contenuto nel motivo, alla “evidenza” del nesso funzionale tra i vari negozi impinge in pieno nel fatto, non apprezzabile in sede di legittimità.

5. – Il quarto, il sesto e l’ottavo motivo sono inammissibili: essi, sotto l’egida del vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, mirano a riproporre l’accertamento di fatto: ora sul requisito soggettivo della scientia effettiva in capo all’acquirente” ora con riguardo all’elemento della sproporzione tra le prestazioni del contratto di compravendita immobiliare, ora circa le circostanze in cui avvenne la rimessa bancaria revocanda.

In particolare, il quarto motivo è inammissibile, anche in quanto esso non contesta affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui non era provato che vi fosse il dissesto e che l’amministratore ne fosse a conoscenza: la ricorrente, invero, sostiene che l’amministratore non poteva non conoscere lo stato di insolvenza, nel contempo non censurando, tuttavia, l’affermazione secondo cui sarebbe anche occorso per l’attore dimostrare la conoscenza dello stato di insolvenza in quanto presunta per legge.

6. – Il quinto motivo è infondato, perché non viene neppure dedotta una violazione o falsa applicazione dell’art. 232 c.p.c., quanto, al contrario, la pretesa di sindacare l’apprezzamento del giudice di merito sulla mancata risposta del convenuto all’interrogatorio formale deferitogli, noto essendo che non è sindacabile il giudice del merito, il quale ometta di ritenere provati i fatti a seguito della mancata risposta all’interrogatorio formale: l’art. 232 c.p.c. riconnette a tale comportamento della parte soltanto una presunzione semplice, che consente di desumere elementi indiziari a favore della avversa tesi processuale, prevedendo che il giudice possa ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio “valutato ogni altro elemento di prova”, onde l’esercizio di tale facoltà, rientrando nell’ambito del potere discrezionale del giudice stesso, non è suscettibile di censure in sede di legittimità (Cass. 1 marzo 2018, n. 4837; Cass. 19 settembre 2014, n. 19833).

7. – Il settimo motivo, relativo alla domanda revocatoria della rimessa bancaria, non coglie nel segno.

La corte territoriale ha ritenuto, in punto di fatto, non provato il mezzo anomalo di pagamento, elemento costitutivo della fattispecie di cui alla L.Fall., art. 67, comma 1, n. 2, il quale contempla la revoca, salvo che l’altra parte provi l’inscientia degli atti estintivi “non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento”.

Dunque, esclusa dal giudice del fatto l’anomalia del pagamento, è addirittura inammissibile, in quanto non idonea ad attaccare tale ratio decidendi, la censura circa il dedotto mancato assolvimento dell’onere di provare l’assenza di scientia in capo alla banca.

8. – Sul nono motivo è cessata la materia del contendere, come informa la ricorrente nella memoria.

9. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori di legge.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

 

 

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