Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22660 del 08/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 08/11/2016, (ud. 14/07/2016, dep. 08/11/2016), n.22660

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5347-2014 proposto da:

HOTEL CROCE DI MALTA DI M.V., ditta individuale in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 25, presso lo studio

dell’avvocato MARCO BIGNARDI, che la rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE SALVAGO, che lo

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 999/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/09/2013, R.G. N. 7430/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/07/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato ALESSANDRA FASAN per delega MARCO BIGNARDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 4/9/2013 la Corte d’appello di Roma confermò la decisione del giudice di primo grado che, in accoglimento parziale delle domande proposte da P.A. nei confronti di M.V., titolare dell’Hotel Croce di Malta, aveva accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti dal (OMISSIS) invece che dalla data in cui era stato formalizzato ((OMISSIS)), condannando la società convenuta al pagamento delle relative differenze retributive, oltre al risarcimento dei danni correlati all’omissione contributiva relativa al periodo lavorativo giudizialmente riconosciuto.

2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la M. sulla base di tre motivi. Resiste il P. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, art. 360 c.p.c., n. 3. Evidenzia che sia il vizio di falsa applicazione di principi giuridici e norme di diritto, sia il vizio nell’applicazione/inversione del principio dell’onere probatorio sono palesi nella contraddittoria, infondata e lacunosa motivazione. Rileva che, poichè l’onere probatorio grava sul ricorrente, il mancato o incompleto riscontro probatorio avrebbe dovuto comportare il rigetto delle avverse deduzioni in base al principio di cui all’art. 2697 c.c. Osserva che il riconoscimento della natura subordinata del rapporto nel periodo anteriore al (OMISSIS) è privo di qualsiasi sostegno probatorio e basato su mere presunzioni astratte e che dalle deposizioni testimoniali prese in considerazione dai giudici del merito nulla emerge circa gli indici rivelatori della natura subordinata del rapporto.

2.Con il secondo motivo la ricorrente deduce omessa e contraddittoria motivazione circa più punti decisivi della controversia, art. 360 c.p.c., n. 5, errata applicazione di norma di legge, art. 360 c.p.c., n. 3, violazione della norma sulla ripartizione degli oneri probatori, violazione dell’art. 2697 c.c. Rileva che nessun indice caratterizzante la subordinazione è emerso dalle testimonianze raccolte ed è stato ignorato il principio dell’onere della prova.

3.1 motivi, da trattare congiuntamente in ragione della loro intima connessione, sono infondati. La ricorrente, infatti, evocando la violazione delle disposizioni in materia di onere della prova, si è limitata a proporre una valutazione delle risultanze istruttorie alternativa rispetto a quella offerta in sentenza, in tal modo sottoponendo alla Corte di legittimità questioni di mero fatto atte a indurre a un preteso nuovo giudizio di merito precluso in questa sede (v. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014, Rv. 633335,: Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti). Quanto ai profili di vizio motivazionale pure denunciati, in regime di nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, va richiamato l’arresto di questa Corte di legittimità che, a Sezioni Unite (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831), hanno enunciato che “il controllo previsto dall’art. 360 c.p.c., nuovo n. 5), concerne… l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti. La parte ricorrente dovrà, quindi, indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come e il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisività del fatto stesso”. I richiamati parametri non risultano rispettati nel caso in esame.

4. La ricorrente deduce, infine, violazione e falsa applicazione di norme di diritto in merito al riconoscimento del danno da omissione contributiva. Rileva che la domanda risarcitoria è infondata, sia perchè, per le ragioni già esposte, manca il presupposto fondamentale della pretesa, sia perchè, anche nella denegata ipotesi in cui il rapporto fosse ritenuto di natura subordinata, si sarebbe dovuto considerare che il diritto al risarcimento del danno si perfeziona per il lavoratore nel momento in cui, maturati i requisiti per ottenere la prestazione pensionistica, è attivato il trattamento di quiescenza in misura inferiore a quella spettante ove i contributi fossero stati integralmente versati.

5. Il motivo è privo di fondamento. Invero la Corte territoriale correttamente ha evidenziato che l’interesse ad agire sorge per il lavoratore ancor prima degli eventi condizionanti l’erogazione di prestazioni previdenziali, potendo Io stesso avvalersi di condanna generica in punto di accertamento dell’idoneità dell’omissione contributiva a provocare un danno. Le predette argomentazioni sono in linea con l’orientamento espresso da questa Corte di legittimità, al quale il collegio intende dare continuità, secondo il quale “l’omissione della contribuzione produce un duplice pregiudizio patrimoniale a carico del prestatore di lavoro, consistente, da un lato, dalla perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale pensionistica, che si verifica al momento in cui il lavoratore raggiunge l’età pensionabile, e, dall’altro, dalla necessità di costituire la provvista necessaria ad ottenere un beneficio economico corrispondente alla pensione, attraverso una previdenza sostitutiva, eventualmente pagando quanto occorre a costituire la rendita di cui alla L. 12 agosto 1962, n. 1338, art. 13. Ne consegue che le situazioni giuridiche soggettive di cui può essere titolare il lavoratore, nei confronti del datore di lavoro, consistono, una volta raggiunta l’età pensionabile, nella perdita totale o parziale della pensione che dà luogo al danno risarcibile ex art. 2116 c.c., mentre, prima del raggiungimento dell’età pensionabile e del compimento della prescrizione del diritto ai contributi, nel danno da irregolarità contributiva, a fronte del quale il lavoratore può esperire un’azione di condanna generica al risarcimento del danno ex art. 2116 c.c., ovvero di mero accertamento dell’omissione contributiva quale comportamento potenzialmente dannoso” (così Cass Sez. L, Sentenza n. 1179 del 22/01/2015, Rv. 634853).

5. In base alle esposte ragioni il ricorso va integralmente rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori si legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2016

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