Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2266 del 30/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 2266 Anno 2018
Presidente: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI
Relatore: TEDESCO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28378/2010 R.G. proposto da
MPM s.r.I., rappresentata e difesa dagli avv. Gerardo Boniello e
Giuliana Polacco, con domicilio eletto in Roma, via di Villa Massimo
57, presso lo studio dell’avv. Guido Brocchieri;
-ricorrente contro
Agenzia delle entrate;
-intimataavverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 122/34/2010, depositata il 5 luglio 2010.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre
2017 dal Consigliere Giuseppe Tedesco.
Rilevato che:
-la contribuente ha proposto ricorso per cassazione contro la
sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia
(Ctr), di conferma della sentenza di primo grado, sfavorevole per la
contribuente, relativamente a pretesa impositiva per l’anno 2004 e
riguardante, per quanto ancora rilevi in questa sede, l’omessa

Data pubblicazione: 30/01/2018

autofatturazione di prestazioni rese alla società da società consociate
estere per le quali sussisteva il relativo obbligo a carico del
committente nazionale;
-la Ctr ha ritenuto legittima l’imposizione sulla base del rilievo che
gli adempimenti imposti dalla normativa Iva erano stati curati dalla

– il ricorso è proposto sulla base di quattro motivi, illustrato con
memoria;
– l’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.
Considerato che:
– il primo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza per
violazione dell’art. 36 del d. Igs. n. 546 del 1992 (art. 360, comma
primo n. 4, c.p.c.);
– la ricorrente ritiene la sentenza inficiata da motivazione
apparente sul punto essenziale della lite riguardante la supposta
tardiva emissione delle autofatture e sulle conseguenze che la Ctr ne
ha fatto discendere in ordine al pagamento dell’imposta e delle
sanzioni;
-il motivo è infondato;
– le Sezioni unite di questa Suprema corte hanno chiarito, in
ordine al requisito della sentenza di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, che la
mancanza della motivazione si configura quando la motivazione
«manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del
decidere risultante dallo svolgimento del

processo segue

l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero
L.] essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue
argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non
permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione
del deciso (Cass., S.U., n. 8053/2014)»;
-è del tutto chiaro che nella specie la motivazione non solo esiste
come segno grafico, ma non è per niente apparente: il giudice ha

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società tardivamente;

ritenuto tardiva la emissione, compiendo una valutazione in fatto, e
ha ritenuto legittima la pretesa impositiva dell’Ufficio, compiendo una
valutazione in diritto;
– la valutazione in fatto è oggetto della censura di cui al secondo
motivo, il quale denuncia omessa e insufficiente motivazione circa un

emissione delle autofatture (art. 360, comma primo n. 5, c.p.c.);
– il motivo è inammissibile;
– la parte non si duole del giudizio di fatto sulla tardiva emissione
delle fatture, ma censura la sentenza per non avere tratto da tale
circostanza di fatto le conseguenze che ne derivavano sul piano
giuridico;
– la censura quindi non riguarda la motivazione in fatto, a cui è
esclusivamente riferita la censura ex art. 360, comma primo, n. 5,
c.p.c., ma la motivazione in diritto;
– secondo il costante pacifico insegnamento di questa Corte i
relativi vizi o costituiscono errori in iudicando censurabili ex art. 360,
comma primo, n. 3 c.p.c. oppure, se attengono propriamente e
soltanto alla motivazione, non danno luogo a cassazione della
sentenza, ma a correzione della motivazione in diritto ex art. 384,
ultimo corna c.p.c. (Cass. n. n. 19618/2003; n. 6328/2008; n.
7050/1997);
– il terzo motivo denuncia violazione degli art. 17 del d.P.R. n. 633
del 1972 e 46 del d.l. n. 331 del 1993 e degli art. 6 del d. Igs. n. 471
del 1997 e 6 del d. Igs. n. 472 del 1997 (art. 360, comma primo, n.
3, c.p.c.);
– il quarto motivo denuncia violazione degli art. 17 del d.P.R. n.
633 del 1972 e 46 del d.l. n. 331 del 1993 in relazione al pagamento
dell’imposta (art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.);
– il quinto denuncia violazione degli art. 6 del d. Igs. n. 471 del
1997 e 6 del d. Igs. n. 472 del 1997 in relazione all’irrogazione della

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fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla tardiva

sanzione pari al 100% dell’imposta (art. 360, comma primo, n. 3,
c.p.c.);
– i motivi censurano la sentenza per avere ritenuto la legittimità
tanto della ripresa dell’imposta sulle autofatture tardivamente
omesse, quanto l’applicazione delle sanzioni, in palese violazione del

meramente formale della operazione;
– i motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei limiti di
seguito indicati;
-secondo gli insegnamenti in materia della Corte di Giustizia (v.
fra le altre Corte di Giustizia 8 maggio 2008, in cause riunite C-95/07
e C-96/07), il diritto di detrazione è connesso alla effettività
dell’operazione (requisito sostanziale) e non può essere subordinato
al rispetto di adempimenti od obblighi meramente formali; con la
conseguenza che se l’Autorità fiscale dispone già delle informazioni
necessarie per dimostrare che il cessionario/committente, in quanto
destinatario delle operazioni soggette a reverse charge, è il debitore
d’imposta e che l’operazione è effettivamente stata realizzata, risulta
irrilevante la circostanza che il debitore d’imposta abbia ricevuto e
registrato la fattura emessa dal fornitore nella contabilità generale
senza aver proceduto agli adempimenti ai fini Iva (integrazione della
fattura o autofattura);
– in altre parole, se l’operazione non è stata occultata e se
l’Amministrazione fiscale non ha trovato ostacoli nella sua
ricostruzione, l’infrazione è formale e, dunque, la detrazione non può
essere negata al soggetto passivo, poiché il risultato fiscale finale
sarebbe stato comunque identico sul piano impositivo per effetto della
prevista neutralizzazione bilaterale dell’Iva (Cass. 7576/2015);
– d’altro canto il riconoscimento del diritto di detrazione, al di là
dell’eventuale inosservanza di fatturazioni e registrazioni, non
conduce a considerare nello stesso tempo la violazione del reverse

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principio di neutralità dell’imposizione e avuto riguardo al carattere

charge violazione meramente formale e come tale non punibile in
base all’art. 10 della I. n. 212 del 2000 (Cass. 7576/2015; Cass. n.
9505/2017);
– in materia di sanzioni, naturalmente, occorre tenere conto delle
modifiche apportate dalle disposizioni del d.l. n. 158 del 2015,

precedenza;
– ciò posto è evidente l’errore in cui è incorsa la Ctr, che ha
ritenuto legittima la pretesa impositiva, riferita all’imposta, in base al
puro rilievo del tardivo adempimento, laddove ciò non è ragione
sufficiente per negare il diritto di detrazione, secondo quanto
precisato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, fermo restando
che la omessa o tardiva autofatturazione non costituisce violazione
meramente formale, come erroneamente sostenuto dalla ricorrente;
– in conclusione si impone, in relazione ai motivi accolti, la
cassazione della sentenza, con rinvio alla Commissione tributaria
regionale della Lombardia in diversa composizione, che provvederà a
nuovo esame attenendosi al principio di cui sopra e provvederà
inoltre sulle spese del presente giudizio;
P.Q.M.
rigetta

il primo motivo di ricorso;

dichiara

inammissibile il

secondo; accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il terzo, il quarto e
il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti;
rinvia

alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in

diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Roma 23 ottobre 2017.
Il presidente
• *strati»

applicabili per il principio del favor rei anche a fatti commessi in

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