Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2266 del 01/02/2010

Cassazione civile sez. III, 01/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 01/02/2010), n.2266

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3398/2009 proposto da:

L.G.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

DELL’UNIVERSITA’1 27, presso lo studio dell’avvocato NOVELLI BARBARA,

rappresentata e difesa dall’avvocato PALERMITI Antonino, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Z.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MATTEO

BOIARDO 12, presso lo studio dell’avvocato MORABITO Giuseppe, che lo

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 260/2 008 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 2/10/08, depositata il 09/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/12/2 0 09 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato Marcello Pizzi (delega avvocato Antonino Palermiti),

difensore della ricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. – E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dalla Corte di Appello di Reggio Calabria – sezione specializzata agraria in data 2.10.2008 e depositata il 9.10.2008 in materia agraria.

Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati, una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Il ricorso contiene un motivo.

Il quesito è posto alla pag. 10 del ricorso.

2. – Il ricorso è manifestamente infondato.

Al quesito posto si ritiene di rispondere con l’enunciazione del seguente principio di diritto:

In tema di notificazioni, l’art. 139 c.p.c., prescrive che la notifica si esegue nel luogo di residenza del destinatario precisando che questi va ricercato nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio od esercita l’industria o il commercio, senza disporre un ordine tassativo di tali ricerche, potendosi scegliere di eseguire la notifica presso la casa di abitazione o presso la sede dell’impresa o presso l’ufficio, purchè si tratti, comunque, di luogo posto nel comune in cui il destinatario ha la sua residenza (v. anche Cass. 13.8.2004 n. 15755).

Agli effetti di tale disposizione,poi, il termine ufficio comprende il luogo in cui il destinatario svolga in modo continuativo attività lavorativa o presti, comunque, servizio (v. anche Cass. 31.7.2006 n. 17453; Cass. 20.10.1997 n. 10268).

Nella specie, la ricorrente assume l’erroneità della sentenza impugnata per avere la Corte di merito dichiarato l’inammissibilità dell’appello per tardività, essendo stato proposto oltre il termine lungo di un anno previsto dall’art. 327 c.p.c. dovendosi, nella specie, applicare la norma dell’art. 327 c.p.c., comma 2.

E ciò perchè la sentenza di primo grado sarebbe stata nulla per avere l’attore notificato, a mezzo posta, la domanda introduttiva del giudizio di primo grado, in luogo diverso da quello di residenza della convenuta.

Di qui la tempestività dell’impugnazione proposta oltre il termine annuale dalla pubblicazione della sentenza di primo grado.

Ma, nella specie, la notificazione dell’atto di citazione nel giudizio di primo grado è regolare, per essere stato l’atto notificato nel comune di residenza (Reggio Calabria), e nel luogo in cui la convenuta svolgeva abitualmente e quotidianamente la sua attività di (OMISSIS), ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 1 (v. anche Cass. 20.10.1997 n. 10268;

Cass. 21.3.1997 n. 2506; Cass. 5.7.1993 n. 7329).

Ne consegue che la sentenza di primo grado non era affetta da alcuna nullità che avrebbe potuto giustificare la tardiva proposizione dell’appello.

In ogni caso – pur essendo assorbenti le precedenti argomentazioni – deve rilevarsi che, al fine di evitare la decadenza dal diritto di proporre impugnazione per decorso del termine annuale, non sarebbe stata, comunque, sufficiente, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2, la sola nullità della notificazione – se ricorrente -, ma sarebbe stato necessario che il contumace avesse fornito anche la prova della mancata conoscenza del processo a causa di tale nullità; prova che avrebbe potuto essere data anche tramite il ricorso a presunzioni (v.

anche Cass. 5.2.2009 n, 2817; Cass. 3.7.2008 n. 18243; Cass. 14.9.2007 n. 19225)”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, ma la ricorrente è stata ascoltata in Camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,0 0 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2010

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