Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22659 del 31/10/2011

Cassazione civile sez. II, 31/10/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 31/10/2011), n.22659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECOMDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3419/2006 proposto da:

CURATELA FALL DI C.L., G.F., D. IN

PERSONA DEL CURATORE AVV. M.V. P.I. (OMISSIS),

domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MURANA Giuseppe;

– ricorrente –

contro

CU.LO. C.F. (OMISSIS), C.G.M.

G. C.F. (OMISSIS), P.V. C.F.

(OMISSIS), C.M.G. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUCULLO 3, presso lo studio

dell’avvocato ADRAGNA Nicola, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato COLBERTALDO ANNA FIORELLA;

– controricorrenti –

e contro

C.G., CU.FE., R.F.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 908/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 17/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/09/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato Raffaele Gargano con delega depositata in udienza

dell’Avv. Murana Giuseppe difensore del ricorrente che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Adragna Nicola difensore dei controricorrenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e

nel merito il rigetto dello stesso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione regolarmente notificato il Fallimento di C.L. (nato il (OMISSIS)), di C.G. F. e di C.D. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Trapani P.V. in proprio e quale esercente la potestà sulla figlia minore Cu.Lo., C.G.M.G., C.M.G., Cu.

F., C.G. ed il Fallimento di Cu.Le.

(nato il (OMISSIS)) esponendo:

– B.G., rispettivamente moglie di C.L. e madre di C.G.F. e di C.D., il 12/8/1982 aveva: a) trasferito a titolo oneroso alla nuora P.V. (moglie del fallito C.G. F.), riservando per sè ed il marito l’usufrutto, la nuda proprietà di un appartamento ai primo piano di un fabbricato sito in (OMISSIS), e della terza parte indivisa del sottostante garage; b) donato alle nipoti C.G.M. G., C.M.G. e Cu.Lo., figlie di C.G.F., con riserva di usufrutto per sè ed il marito, la nuda proprietà di un appartamento posto al secondo piano di un fabbricato sito in (OMISSIS), e della terza parte indivisa del sottostante garage; c) donato ai nipoti Cu.Fe., C.G. e C.L. (pure fallito), figli di C.D., con riserva di usufrutto per sè ed il marito, la auda proprietà di un appartamento posto al terzo piano di un fabbricato sito in (OMISSIS), e della terza parte indivisa del sottostante garage;

Il (OMISSIS) la B. era deceduta, e gli eredi legittimari C.L., C.G.F. e C.D. non avevano reclamato la porzione di legittima loro riservata per legge, pari ad 1/4 dell’asse ereditario per il coniuge ed alla metà per i figli;

– con sentenza dell’8-7-1986 il Tribunale di Trapani aveva dichiarato il fallimento di C.L., C.G.F. e C.D..

Tanto premesso, la suddetta Curatela dichiarava di avere interesse a surrogarsi nei diritti dei legittimari al fine di acquisire all’attivo fallimentare i beni immobili spettanti ai falliti e, conseguentemente, agiva ex artt. 557-558 e 809 c.c., per ottenere la riduzione delle donazioni compiute dalla “de cuius” in violazione della quota di riserva dei tre falliti.

Si costituivano in giudizio Cu.Fe., C.G. e P.V., in proprio e nella suddetta qualità, chiedendo il rigetto della domanda attrice.

Il Tribunale adito con sentenza n. 260/1998 dichiarava l’inammissibilità della domanda di riduzione, proposta nei confronti di soggetti che non erano coeredi dei legittimari, non avendo l’attore provato di aver preventivamente accettato con beneficio di inventario l’eredità cui erano stati chiamati i falliti C. L., C.G.F. e C.D..

Proposta impugnazione da parte del Fallimeno di C.L., di C.G.F. e di C.D. cui resistevano P.V., C.G.M.G., C.M. G. e Cu.Lo. mentre gli altri soggetti intimati restavano contumaci, la Corte di Appello di Palermo con sentenza del 17-7-2004 ha rigettato il gravame.

Avverso tale sentenza il Fallimento di C.L., di C. G.F. e di C.D. ha proposto un ricorso basato su tre motivi cui P.V., C.G. M.G., C.M.G. e Cu.Lo. hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione sollevata dai controricorrenti di inammissibilità del ricorso per essere stato notificato quest’ultimo ad essi il 16-12-2005 mentre la sentenza impugnata è stata pubblicata mediante deposito in cancelleria il 17- 7-2004, cosicchè, tenendo conto del periodo di sospensione feriale del termine annuale previsto dall’art. 327 c.p.c. (ovvero dal 1/8/2004 al 15-9-2004 e dal 1-8-2005 al 15-9-2005), detto termine era scaduto il 17-10-2005; i controricorrenti aggiungono che non può ritenersi che la decadenza non si sia verificata per il fatto che, secondo il ricorrente, l’avviso di deposito della sentenza sarebbe stato notificato al suo procuratore alle liti soltanto il 10-10-2005, posto che in base all’orientamento costante di questa Corte il termine lungo per l’impugnazione decorre dalla data di deposito in cancelleria della sentenza e non da quella di comunicazione dell’avvenuto deposito.

L’eccezione è fondata.

Premesso invero che dall’esame degli atti emerge che la sentenza impugnata è stata depositata in cancelleria il 17-7-2004 e che il ricorso è stato notificato agli intimati il 16-12-2005, ne consegue che non è stato rispettato il termine annuale previsto dall’art. 327 c.p.c., scaduto il 17-10-2005, tenuto conto della sospensione del periodo feriale come sopra indicata dai controricorrenti.

E’ poi ininfluente, ai fini della decorrenza del suddetto termine, la circostanza dedotta in ricorso secondo cui l’avviso di deposito della suddetta sentenza sarebbe stato comunicato dalla cancelleria il 10/10/2005, considerato che, in conformità dell’orientamento consolidato di questa Corte, il termine per l’impugnazione previsto dall’ari 327 c.p.c. decorre dal giorno della pubblicazione e non da quello della comunicazione dell’avvenuto deposito (Cass. S.U. 22/6/1979 n. 3501; Cass. 13-11-2000 n. 14698; Cass. 17-1-2003 n. 639;

Cass. 3-2-2006 n. 2390), atteso che la decorrenza del termine dalla data della comunicazione confliggerebbe con il principio secondo cui la cosa giudicata si forma dopo un certo lasso di tempo indipendentemente dalla notificazione della sentenza, e con la regola che prevede la comunicazione dell’avvenuto deposito della sentenza solo alle parti costituite; a sostegno di tale assunto giova rilevare che l’attività partecipativa del cancelliere prevista dall’art. 133 c.p.c., comma 2, resta estranea al procedimento di pubblicazione e non si configura nè come un elemento costitutivo nè come un elemento integrativo dell’efficacia di essa.

Deve quindi dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti di Euro 3000,00 per onorari di avvocato e di Euro 200,00 per spese.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2011

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