Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22659 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 27/09/2017, (ud. 04/05/2017, dep.27/09/2017),  n. 22659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27548/2013 proposto da:

D.L.A. (OMISSIS), E.A. (OMISSIS), domiciliati ex

lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato MARGHERITA DE LUCA;

– ricorrenti –

contro

E.F., E.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 537/2012 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 30/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/05/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la Corte d’appello di Messina, con sentenza del 30/7/2012, dichiarò cessata la materia del contendere in relazione all’impugnazione proposta da D.L.A.nei confronti di A.F. e di A.R., avverso la sentenza del Tribunale di Messina del 27/9/2006, con la quale era stata rigettata la domanda di simulazione di una vendita di quota proprietaria intervenuta tra A.R. (alienante) e A.F. (acquirente);

che la decisione d’appello, pur riconosciuto l’iniziale interesse del D.L., il quale lamentava che il cumularsi di una consistente quota di comproprietà in capo a A.F., ottenuto attraverso negozio simulato, lo avrebbe sfavorito nell’assegnazione del bene, preso atto che il bene in parola era stato poi conseguito dall’appellante, che lo ha avuto trasferito dalla assegnataria, sua dante causa;

che avverso quest’ultima statuizione propone ricorso il D.L. e A.A., sviluppando cinque motivi di censura, con i quali si deduce la violazione dell’art. 100 c.p.c., la nullità della sentenza “in relazione alla dichiarata cessazione della materia del contendere”, la violazione dell’art. 112 c.p.c., la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 156 c.p.c., comma 2, l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo;

considerato che le censure prospettate, peraltro in forma ridondante, ripetitiva ed elefantiaca, a parte ogni altra considerazione (che si omette nel rispetto della ragione più liquida del decidere) non superano il vaglio d’ammissibilità, in quanto non colgono, manifestamente, la ratio decidendi della sentenza impugnata: al momento della decisione, quale che fosse stato il fondamento in fatto della pretesa e la correttezza della sussunzione giuridica, il bene della vita agognato (evitare che assegnatario dell’immobile fosse persona diversa dal D.L.) era stato già conseguito dall’appellante;

considerato che in assenza di contraddittori non v’è luogo a statuizione sulle spese;

considerato che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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