Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22659 del 11/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 11/09/2019, (ud. 05/03/2019, dep. 11/09/2019), n.22659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. BILLI Stefania – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27655-2014 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

BERTOLONI 27, presso lo STUDIO SPW & ASSOCIATI, rappresentato e

difeso dagli avvocati FABRIZIO GARZUGLIA, GIOVANNI RANALLI giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NARNI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 327/2014 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA,

depositata il 16/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/03/2019 dal Consigliere Dott. STEFANIA BILLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato MELUCCO per delega dell’Avvocato

RANALLI che ha chiesto l’accoglimento.

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La parte contribuente propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza con cui la CTR per l’Umbria, riformando la pronuncia di primo grado, ha accolto l’appello del comune e ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento per l’omesso o parziale pagamento dell’ICI riguardanti le annualità dal 2005 al 2009.

2. La controversia verte sulla natura rurale o meno di un fabbricato utilizzato dalla parte contribuente, all’epoca coltivatore diretto e anche proprietario dell’immobile, classificato in catasto nel 2010 come A/4 l’abitazione e C/2 la relativa pertinenza.

3. La Commissione tributaria regionale ha escluso la natura rurale del predetto fabbricato per le seguenti ragioni: sono inammissibili le prove fornite dalla parte contribuente, consistenti in dichiarazioni di soggetti terzi; l’immobile non è destinato ad abitazione principale della parte contribuente, risultante residente altrove.

4. Il comune resta intimato, mentre la parte contribuente deposita memoria.

5. Con il primo motivo la parte contribuente lamenta la violazione e la falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione e per l’omesso esame di un punto decisivo della controversia; censura che la sentenza impugnata non abbia considerato la strumentalità del fabbricato, destinato alle attività agricole (allo stoccaggio dei prodotti agricoli, concimi e prodotti fitosanitari, pagina 8 del ricorso), invocando l’applicazione del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis.

6. Con il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 133 del 1994; contesta che la sentenza impugnata abbia ritenuto la sussistenza del carattere della ruralità, ai fini dell’esenzione Ici, per i soli fabbricati rurali in cui l’imprenditore agricolo risieda a titolo principale.

7. I primi due motivi sono fondati per le ragioni di seguito esposte e, stante la stretta connessione, possono essere trattati congiuntamente.

7.1. Occorre premettere che, in base al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, il presupposto dell’imposta comunale sugli immobili consiste nel possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli.

Il successivo art. 2, chiarisce che per fabbricato deve intendersi l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano. Le due norme, lette in combinato disposto, indicano che il legislatore ha voluto escludere l’assoggettamento all’imposta di quelle costruzioni rurali che venivano iscritte nel catasto terreni in quanto non produttive di reddito autonomo distinto da quello del fondo cui inerivano. I fabbricati rurali, dunque, non erano iscritti nel catasto edilizio urbano, ai sensi del R.D.L. n. 652 del 1939, art. 4, e del D.P.R. n. 1142 del 1949, artt. 38 e 39, e non erano soggetti all’Ici.

La materia ha subito una profonda modifica per effetto, del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, convertito in L. n. 133 del 1994. La finalità di tale disposizione era quella di realizzare un inventario completo ed uniforme del patrimonio edilizio e, a tal fine, è stato demandato al Ministero delle Finanze il compito di provvedere al censimento di tutti i fabbricati rurali ed alla loro iscrizione nel catasto edilizio urbano che per questo motivo ha, poi perduto l’originaria denominazione per assumere quella di catasto dei fabbricati (per una più approfondita ricostruzione storica dell’istituto v. Cass. n. 5276 del 2005).

Per quanto rileva ai fini della decisione secondo la normativa richiamata la ruralità dei fabbricati viene desunta dalla strumentalità degli immobili all’attività agricola. In particolare, ai sensi del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3, ai fini del riconoscimento della ruralità, il fabbricato deve essere usato come abitazione e, a tal fine, la norma pone determinate condizioni.

Il comma 3 bis, inoltre, prevede che: “deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 c.c., e in particolare destinate: a) alla protezione delle piante; b) alla conservazione dei prodotti agricoli; c) alla custodia delle macchine agricole, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione e l’allevamento.. omissis”.

Successivamente il D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, ha disposto che: “ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000 n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari anche iscritti o iscrivibili nel catasto per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, successive modificazioni”. Tale disposizione è espressamente di interpretazione autentica e, dunque, di applicazione retroattiva, stante il richiamo alla L. n. 212 del 2000, art. 1, comma 2.

In virtù della normativa introdotta, pertanto, è decisiva la classificazione catastale, che costituisce l’elemento determinante per escludere o per affermare l’assoggettabilità ad Ici di un fabbricato. In tal senso Cass. n. 5769 del 2018, in linea con quanto affermato da Cass. s.u. n. 18565 del 2009, ha affermato l’irrilevanza della strumentalità dell’immobile all’attività agricola. Il giudice di legittimità ha altresì affermato che in generale: “L’accertamento dei predetti requisiti in difformità dalla attribuita categoria catastale non può essere incidentalmente compiuto dal giudice tributario che sia stato investito della domanda di rimborso dell’ICI da parte del contribuente poichè compete all’organo che ha adottato il provvedimento di classamento la modifica di esso, eventualmente all’esito di azione giudiziale promossa dall’interessato”. Tale principio incontra, tuttavia, un preciso limite: “per i fabbricati non iscritti in catasto l’assoggettamento all’imposta è condizionato all’accertamento positivamente concluso della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dal D.L. n. 557 del 1993, e successive modificazioni che può essere condotto dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l’onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti”.

Sul versante della ripartizione degli oneri probatori, dunque, grava sulla parte che richiede il riconoscimento dell’esenzione l’onere di impugnare il diverso classamento oppure, in assenza di questo, di fornire la prova della sussistenza dei requisiti di cui al D.L. da ultimo citato, art. 9, commi 3 e 3 bis.

Questo collegio non intende discostarsi dai principi ora riportati condividendo, inoltre, le osservazioni, contenute nella pronuncia del 2018 sopra richiamata, relative alla tenuta di tale interpretazione normativa anche alla luce dei successivi interventi legislativi.

Nel caso di specie l’accatastamento è intervenuto nel 2010 con classamento degli immobili in A/4 per l’abitazione e C/2 per la relativa pertinenza, mentre gli avvisi di accertamento riguardano le annualità dal 2005 al 2009.

La Commissione tributaria provinciale, accogliendo il ricorso, ha accertato che la parte contribuente era coltivatore diretto, imprenditore agricolo a titolo principale e che l’immobile oggetto di accertamento era “un fabbricato rurale utilizzato per la rimessa degli attrezzi, prodotti agricoli, conservazione di scorte e non destinato ad abitazione”.

La CTR, viceversa, ha escluso l’esenzione dell’imposta, prendendo erroneamente in considerazione solamente il D.L. n. 557 del 1993, art. 9 comma 3. L’esenzione riconosciuta in primo grado, invece, avrebbe dovuto essere confermata, in quanto, in assenza di classamento ed alla luce dei principi sopra esposti, il giudice del merito aveva il potere-dovere di accertare il ricorrere dei requisiti richiesti a tale fine. La parte contribuente in primo grado ha dimostrato che il fabbricato per cui è causa è stato utilizzato fino al 2010 per “lo stoccaggio dei prodotti agricoli, concimi e prodotti fitosanitari in tutta la sua consistenza.. in guisa da potere parlare di immobile strumentale alla conservazione delle scorte occorrenti per la coltivazione”. Correttamente, pertanto, la Commissione tributaria principale ha accertato la sussistenza dei requisiti richiesti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis.

8. Con il terzo motivo lamenta la violazione e la falsa applicazione,

ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4, censurando che con la sentenza impugnata siano state ritenute inammissibili le dichiarazioni olografe sottoscritte da soggetti terzi.

8.1. Il motivo è fondato. Ritiene, infatti il collegio che nel processo tributario il divieto di prova testimoniale posto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, non osta alla produzione di dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale che assumono valenza indiziaria sul piano probatorio. Tale principio vale, sia per l’Amministrazione finanziaria, sia per il contribuente, in ragione dei principi del giusto processo ex art. 111 Cost., (Nello stesso senso Cass. n. 29757 del 2018, Cass. n. 6616 del 2018).

Nella specie la CTR, ritenendo inammissibili le dichiarazioni rese da terzi, non ha fatto buon governo del principio di legittimità ora richiamato, omettendo l’esame del complessivo materiale probatorio.

9. Ne consegue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale per l’Umbria, in diversa composizione, per il riesame della controversia.

10. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Umbria, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2019

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