Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22659 del 11/08/2021

Cassazione civile sez. I, 11/08/2021, (ud. 08/03/2021, dep. 11/08/2021), n.22659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14666/2018 proposto da:

PC&C S.r.l. in Liquidazione, in persona del liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Giuseppe Pisanelli

n. 40, presso lo studio dell’avvocato Biscotto Bruno, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Iannartino Cristina,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Cirio del Monte Italia S.p.a. in Amministrazione Straordinaria, in

persona dei commissari straordinari pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Michele Mercati n. 51, presso lo studio

dell’avvocato Briguglio Antonio, che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 252/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/03/2021 dal consigliere Dott. Paola Vella.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Roma, riformando la sentenza di primo grado, ha accolto la domanda proposta dalla Cirio del Monte Italia S.p.a. in Amministrazione Straordinaria per la revocatoria L.Fall., ex art. 67, comma 2 (nel testo vigente anteriormente alla L. n. 80 del 2005) di due pagamenti per complessivi Euro 134.969,85 eseguiti nel cd. periodo sospetto dalla società in bonis a favore di PC&C S.r.l. in Liquidazione.

1.1. Quest’ultima ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, corredato da memoria, cui l’Amministrazione straordinaria di Cirio del Monte Italia ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo motivo denuncia “omessa valutazione circa un fatto decisivo (…) riguardante la continuità dell’attività della Cirio del Monte Italia con conseguente vizio sotto il profilo logico-formale e della conformità a diritto delle valutazioni compiute dal giudice dell’appello in riferimento alla L.Fall., art. 67 ed agli artt. 2727 e 2729 c.c.”, per avere la Corte d’appello completamente tralasciato di considerare che, a differenza delle società finanziarie del gruppo, la Cirio del Monte Italia non aveva mai interrotto la propria attività produttiva, anche dopo l’ammissione alla procedura; anzi, dagli stessi documenti contabili prodotti dalla odierna controricorrente si evinceva come essa continuasse a pagare i propri fornitori, per cui la conoscenza del default non poteva fondarsi sulla sola scorta degli articoli di stampa, riguardando esso, a ben vedere, le sole società finanziarie del gruppo.

2.1. La censura è inammissibile per difetto di decisività del fatto di cui si lamenta la mancata valutazione. D’altro canto, ammettere un sindacato sulla sufficienza o razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones fatti significherebbe consentire un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (Cass. Sez. U, 28220/2018). Questa Corte è invero ferma nel ritenere inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge ovvero di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, miri in realtà a rinnovare la valutazione dei fatti storici e delle risultanze probatorie effettuata dai giudici di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019).

3. Con il secondo motivo si lamenta la violazione o erronea applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. “in ordine all’illegittima ed infondata decisione di condanna della società esponente alla rifusione delle spese di lite” senza alcuna motivazione, nonostante i giudici di primo e secondo grado avessero assunto decisioni opposte.

3.1. La censura è infondata poiché, in materia di spese giudiziali, il sindacato di legittimità trova ingresso nella sola ipotesi in cui il giudice di merito abbia violato il principio della soccombenza ponendo le spese a carico della parte risultata totalmente vittoriosa (Cass. 26912/2020, 18128/2020, 14023/2002) ed ai fini della condanna alle spese di giudizio la valutazione di soccombenza va sempre rapportata all’esito finale della lite, a prescindere dai singoli gradi in cui si è articolata (Cass. 17854/2020, 19345/2014, 18125/2017).

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.

5. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Sez. U, n. 23535/2019 e n. 4315/2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,0C) per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

 

 

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