Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22657 del 31/10/2011

Cassazione civile sez. II, 31/10/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 31/10/2011), n.22657

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2306/2006 proposto da:

CERAMICA ARTISTICA DUE SPA in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 12, presso

lo studio dell’avvocato PISANI MASSIMO, rappresentato e difeso

dall’avvocato PEZZALI Paolo;

– ricorrente –

contro

ORSINI FRANCO SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 8, presso lo

studio dell’avvocato CRISCI FRANCESCO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROSSI Giuliano;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. G89/20U5 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 17/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2011 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito l’Avvocato PISANI Massimo, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Paolo PEZZALI, difensore del ricorrente che ha chiesto

di riportarsi al ricorso e alla memoria;

udito l’Avvocato ROSSI Giuliano, difensore del resistente che chiede

il rigetto del ricorso per i motivi ullustrati nel controricorso;

udito il P.M., in persona de Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto dei

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 1-12-1999 la Orsini Franco s.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Modena, Sezione Distaccata di Sassuolo, con il quale le era stato intimato il pagamento della somma di L. 157.071.308 in favore della Ceramica Artistica Due s.p.a., quale prezzo di forniture di materiale ceramico non pagate.

Al presente giudizio veniva riunito altro promosso dalla Orsini Franco s.r.l. dinanzi al Tribunale di Pisa per ottenere la risoluzione dei contratti relativi alle medesime forniture.

Con sentenza n. 17/2003 il Tribunale adito revocava il decreto ingiuntivo opposto; condannava la Ceramica Artistica Due s.p.a. a pagare alla Orsini Franco s.r.l. la somma di Euro 67.139,39, in relazione al contratto concluso nel luglio 1997; condannava l’opponente a pagare alla opposta la somma di Euro 73.942,30, in relazione al contratto del maggio 1997 e, operata la compensazione tra i due debiti, dichiarava la Orsini Franco s.r.l. tenuta a versare alla Ceramica Artistica Due s.p.a. Euro 6.802,91, oltre interessi dalla decisione al saldo.

Con sentenza depositata il 17-6-2005 la Corte di Appello di Bologna rigettava l’appello proposto avverso la predetta decisione dalla Ceramica Artistica Due s.p.a..

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la società Ceramica Artistica Due, sulla base di sei motivi.

La Orsini Franco s.r.l. resiste con controricorso.

La ricorrente ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1325 c.c., e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla esistenza del contratto di cui alla proposta del 7/7/1997 ed alla (contestata) accettazione in data 31-7-1997.

Sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, l’unico contratto di compravendita di piastrelle intercorso tra le parti è quello concluso il 31-5-1997, laddove la proposta contenuta nella lettera del 7-7-1993 non ha dato vita ad un nuovo ed autonomo contratto, di cui in primo grado è stata dichiarata la risoluzione. Rileva, infatti, che tale proposta non costituiva un nuovo ordine, ma la mera richiesta di ricevere, ad integrazione del precedente ordine, un maggiore quantitativo di piastrelle giacenti in magazzino; e che la stessa non è mai stata accettata dalla Ceramica Artistica Due s.p.a., in quanto le scorte di magazzino da cedere a prezzi ribassati erano ormai esaurite. Aggiunge che la Ceramica Artistica Due s.p.a. si era resa disponibile solo a fornire alla società Orsini le tipologie di suo gradimento che avrebbe fatto produrre dalla Ceramica Serra, rimanendo comunque svincolata da qualsiasi obbligo contrattuale.

Il motivo non può trovare accoglimento, risolvendosi in mere censure di merito, attraverso le quali la ricorrente ripropone la propria ricostruzione della vicenda, già adeguatamente vagliata e disattesa dalla Corte di Appello, la quale, con argomentazioni esaustive e non contraddittorie e con apprezzamento in fatto non censurabile in sede di legittimità, ha ritenuto che l’ordine inviato dalla Orsini il 7/7/1997 è stato accettato nei suoi esatti termini dalla Ceramica Artistica Due s.p.a. con lettera fax inviata del 31-7-1993, e che in tal modo tra le parti si è concluso un secondo contratto, autonomo rispetto a quello stipulato nel maggio dello stesso anno.

Le critiche rivolte dalla ricorrente alla motivazione resa dai giudici di appello tendono, in realtà, a sollecitare una rivisitazione delle emergenze processuali, in contrasto con il principio secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado, nel quale possano sottoporsi all’esame dei giudici della Corte di Cassazione circostanze di fatto ed elementi probatori già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso e più favorevole apprezzamento degli stessi.

Secondo il costante orientamento di questa Corte, infatti, i vizi di motivazione denunciabili in cassazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perchè spetta solo a quel giudice individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra te risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (Cass. Sez. 2, 14-10-2010 n. 21224; 5-3-2007 n. 5066; Cass. 21 aprile 2006, n. 9368; Cass. 20 aprile 2006, n. 9234; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass., 20 ottobre 2005, n. 20322).

Nè sussiste la dedotta violazione dell’art. 1325 c.c., avendo la Corte di Appello correttamente ritenuto concluso il contratto in questione, una volta accertato, in punto di fatto, che vi è stato il pieno incontro delle volontà negoziali delle parti, in virtù della accettazione senza condizioni e riserve, da parte della Ceramica Artistica Due s.p.a., della proposta contrattuale avanzata dalla Orsini Franco s.r.l. il 7-7-1997.

2) Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 2721 e 2722 c.c., art. 244 c.p.c., nonchè vizi di motivazione, deduce in primo luogo che tutti i capitoli di prova testimoniale articolati dalla controparte erano inammissibili perchè non dedotti mediante indicazione specifica dei fatti, così come richiesto dall’art. 244 c.p.c.; che il secondo era inammissibile anche perchè generico e dedotto in violazione degli artt. 2721 e 2722 c.c., il sesto perchè inconferente, il settimo perchè dedotto in violazione dell’art. 2721 c.c., l’ottavo, il nono, il decimo e l’undicesimo perchè non aventi ad oggetto un fatto. In secondo luogo, la ricorrente si duole dell’erronea valutazione delle deposizioni rese dai testi escussi per conto della controparte, sostenendo che la Corte di Appello non ha tenuto conto delle evidenti contraddizioni ed ambiguità delle dichiarazioni rese dai testi O. (figlio) e P., che contrastano con la documentazione in atti.

Il motivo, nella prima parte, muove censure che non risultano dedotte tempestivamente in appello, avendo i giudici di appello dato atto della genericità dell’eccezione di inammissibilità dei capitoti della prova testimoniale, sollevata dall’appellante, tale da non consentire di identificare quale fosse in concreto il vizio dedotto.

La ricorrente tenta di sopperire, con argomentazioni più specifiche e puntuali, alle lacune evidenziate dalla Corte territoriale; ma è evidente che la rilevata genericità dell’eccezione sollevata in appello non può essere superata con deduzioni svolte per la prima volta nel presente giudizio di legittimità.

Le doglianze mosse in ordine alle dichiarazioni rese dai testi O. e G. sono formulate in termini del tutto generici e tali da non soddisfare il requisito dell’autosufficienza del ricorso per cassazione. La ricorrente, infatti, ha omesso di specificare in che cosa consistano le asserite contraddizioni e ambiguità delle deposizioni in questione, delle quali non ha nemmeno riportato il contenuto, nè ha indicato la documentazione che, a suo dire, contrasterebbero con tali testimonianze; sicchè questa Corte, alla quale è precluso l’accesso diretto agli atti del giudizio di merito, non è posta nelle condizioni di verificare la fondatezza delle censure in esame.

3) Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione dell’art. 1493 c.c., comma 2, e dell’omessa e contraddittoria motivazione, sostenendo che nella specie non poteva essere dichiarata la risoluzione del contratto per presunti ritardi e vizi, in quanto il materiale non era più presente presso la compratrice. Fa presente, inoltre, che la società Orsini, sulla quale incombeva il relativo onere probatorio, non ha dimostrato che le piastrelle di cui all’ordine del 7-7-1997 non si trovavano più presso di lei perchè del tutto inservibili.

Il primo ordine di censure è inammissibile, proponendo una questione, implicante anche accertamenti di fatto, che, secondo quanto si desume dalla lettura della sentenza impugnata, non è stata dedotta con i motivi di appello e che, pertanto, non può essere introdotta per la prima volta in questa sede.

Deve aggiungersi che, per giurisprudenza costante di questa Corte, gli obblighi restitutori correlati alla risoluzione di un contratto non possono essere sanzionati dal giudice in assenza di una formale richiesta della parte interessata (Cass. Sez. 2, 3-4-1999 n. 3287;

Sez. 2, 9-11-1996 n. 10632; sez. 2, 26-6-1995 n. 7234). Nella specie, non risulta che la Ceramica Artistica Due s.p.a. abbia formulato nel giudizio di merito una domanda di restituzione delle piastrelle vendute alla società Orsini nel luglio del 1997; sicchè in capo alla predetta società non è configurabile un concreto interesse alla proposizione della questione in esame.

Nella seconda parte, il motivo in esame si sostanzia in un’inammissibile censura di merito avverso l’accertamento in fatto compiuto dalla Corte di Appello, secondo cui le piastrelle consegnate in esecuzione della seconda fornitura presentavano difetti tali da renderle assolutamente inservibili.

4) Con il quarto motivo la ricorrente denuncia l’erronea valutazione delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio.

Deduce che la Corte di Appello ha condiviso apoditticamente la perizia d’ufficio, senza tener conto degli argomenti di segno contrario fatti valere dall’appellante, sostanziatisi nella totale censura del metodo utilizzato dal consulente tecnico d’ufficio.

Il motivo è infondato.

Secondo i principi affermati in materia da questa Corte, il giudice del merito non è tenuto a giustificare diffusamente le ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, ove manchino contrarie argomentazioni delle parti o esse non siano specifiche, potendo, in tal caso, limitarsi a riconoscere quelle conclusioni come giustificate dalle indagini svolte dall’esperto e dalle spiegazioni contenute nella relativa relazione. Esso, al contrario, non può esimersi da una più puntuale motivazione, allorquando le critiche mosse alla consulenza siano specifiche e tali, se fondate, da condurre ad una decisione diversa da quella adottata (Cass. Sez. 1, 13-12-2006 n. 26694; Sez. 3, 11-3-2002, n. 3492).

Nel caso in esame, il giudice del gravame, avendo dato atto che l’appellante non aveva indicato in modo specifico gli errori e le omissioni del consulente tecnico, decisivi per la definizione della causa, non era tenuto a motivare in modo diffuso le ragioni della propria adesione alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, dalle quali è emerso che l’intera fornitura di piastrelle oggetto del secondo contratto, in quanto frutto di un’unica partita di produzione industriale, presentava imperfezioni tali da renderla assolutamente inidonea all’uso, e che il suo valore era in pratica nullo. La Corte di Appello, pertanto, nel rilevare che la consulenza tecnica appariva esaustiva, convincente ed immune da vizi logici, ha assolto l’onere motivazionale su essa gravante in ragione del ridotto grado di specificità delle critiche rivolte dall’appellante all’operato del consulente.

5) Con il quinto motivo la ricorrente denuncia vizi di motivazione in ordine alla quantificazione del lucro cessante e del danno emergente, anche in relazione all’onere probatorio gravante sulla società Orsini. Sostiene di avere minuziosamente argomentato le ragioni per le quali la quantificazione relativa lucro cessante era da ritenersi errata. Aggiunge che la Corte di Appello ha errato nell’affermare che l’appellante non ha allegato i riscontri delle contestazioni, dal momento che è la parte che si ritiene danneggiata a dover fornire la prova specifica del pregiudizio patrimoniale subito. Rileva che nella specie l’appellata non ha offerto alcuna prova concreta del presunto danno, nè ha fornito gli elementi necessari per la sua liquidazione.

Il motivo non è meritevole di accoglimento, risolvendosi in sostanziali censure di merito avverso il giudizio espresso dalla Corte di Appello, secondo cui il danno da lucro cessante subito dalla società Orsini a causa dei vizi redibitori delle piastrelle di cui alla seconda fornitura è pari alla differenza tra il prezzo pattuito con la venditrice e quello che, in caso di esatto adempimento del contratto, sarebbe stato il prezzo effettivo di vendita a terzi. Tale valutazione, costituendo espressione di un tipico apprezzamento in fatto riservato ai giudici di merito, si sottrae al sindacato di legittimità, essendo sorretta da una motivazione congrua e non contraddittoria, che muove dal dato fattuale, inoppugnabile in questa sede, secondo cui le piastrelle in questione presentavano imperfezioni tali da renderle assolutamente inidonee all’uso, ed avevano quindi un valore pari a zero.

6) Con il sesto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c.. Sostiene che, anche a voler ritenere concluso un secondo contratto, la Corte di Appello avrebbe dovuto tener conto del fatto che l’acquirente, con il suo comportamento, non ha consentito alla venditrice di ottimizzare il prodotto della Ceramica Serra.

Anche tale motivo deve essere disatteso, proponendo censure che, oltre ad apparire generiche e poco comprensibili, sono dirette ancora una volta ad ottenere una rivisitazione degli atti ed una diversa ricostruzione della vicenda dedotta in giudizio, non consentite in questa sede.

7) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.600,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori di legge e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2011

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