Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22657 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 27/09/2017, (ud. 04/05/2017, dep.27/09/2017),  n. 22657

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22485-2013 proposto da:

PENTAGONO AMERICA S.r.l. in Liquidazione p.iva (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato MARIO

MONZINI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C. POMA

2, presso lo studio dell’avvocato GREGORIO TROILO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ULISSE MELEGA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1103/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 09/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/05/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO.

Fatto

RILEVATO

che:

– la vicenda oggetto del giudizio trae origine dal contratto preliminare col quale la società Pentagono America s.r.l. promise di vendere a T.M., che si impegnò ad acquistare, per il prezzo di Euro 151.800,00 (di cui Euro 85 mila versati a titolo di caparra confirmatoria), un’unità immobiliare facente parte della Residenza Turistica Alberghiera sita in (OMISSIS) denominata “(OMISSIS)” e dal successivo mancato trasferimento della proprietà del detto immobile, dipendente dal fatto che la Regione Emilia Romagna non consentì la vendita frazionata delle unità poste all’interno della struttura alberghiera; il T. intimò allora alla promittente venditrice di adempiere al preliminare e la società Pentagono provvide a restituirgli la somma di Euro 85 mila, pari all’importo della caparra versata, dichiarando che il preliminare doveva intendersi risolto per impossibilità sopravvenuta; la successiva richiesta del T. volta ad ottenere l’ulteriore somma di 85 mila Euro, quale doppio della caparra versata, rimase senza esito e per tale somma il T. ottenne l’emissione di decreto ingiuntivo dal Tribunale di Bologna;

– a conclusione dei giudizi di merito, la Corte di Appello di Bologna confermò la sentenza di primo grado, con la quale fu rigettata l’opposizione al detto decreto ingiuntivo proposta dalla Pentagono;

– avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la Pentagono America s.r.l. sulla base di due motivi;

– T.M. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il primo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte territoriale erroneamente interpretato il contratto preliminare, ritenendo che fosse stata pattuita la vendita di una singola unità immobiliare ad uso abitativo, piuttosto che di un’unità immobiliare con destinazione turistico-alberghiera) è inammissibile, sia perchè non autosufficiente (non riporta il contenuto delle clausole contrattuali che assume male interpretate), sia perchè non coglie la ratio decidendi (secondo la sentenza impugnata l’inadempimento della società Pentagono non è legato alla destinazione dell’unità immobiliare, ma dipende dal fatto che la detta società pretendeva di trasferire al T. non più la proprietà di una specifica unità immobiliare, come pattuito, ma la quota indivisa del 22,58% del complesso “(OMISSIS)”: p. 11 della sentenza impugnata), sia infine perchè si risolve in una censura di merito relativa alla interpretazione del contratto, la quale, per pacifica giurisprudenza di questa Corte, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità, quando – come nella specie – non risultano violati i canoni legali di ermeneutica contrattuale di cui all’art. 1362 e segg. cod. civ. e la motivazione della sentenza impugnata è esente da errori logici e giuridici (cfr., ex multis, Cass., Sez. L, n. 17168 del 2012; Sez. 2, n. 13242 del 2010);

– il secondo motivo (proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al ritenuto esercizio del diritto di recesso da parte del T.) è inammissibile, sia perchè si risolve in una critica all’interpretazione della domanda giudiziale in ordine alla quale la Corte territoriale ha adeguatamente motivato (pp. 13-16 della sentenza impugnata) senza incorrere in vizi logici e giuridici, sia perchè la decisione impugnata è conforme alla giurisprudenza di questa Corte e il ricorrente non offre argomenti per mutarla (art. 360 bis c.p.c., n. 1), dovendo ritenersi che, con riguardo alla caparra confirmatoria, regolata dall’art. 1385 cod. civ., una domanda di recesso, ancorchè non formalmente proposta, può ritenersi implicitamente avanzata dalla parte adempiente quando la stessa abbia richiesto la condanna della controparte, la cui inadempienza sia stata dedotta come ragione legittimante la pronunzia di risoluzione del contratto, alla restituzione del doppio della caparra a lei a suo tempo corrisposta quale unica ed esaustiva sanzione risarcitoria di siffatta inadempienza (Cass., Sez. 2, n. 2032 del 01/03/1994);

– il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

– ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato;

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 (quattromila) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 4 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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