Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22656 del 11/08/2021

Cassazione civile sez. I, 11/08/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 11/08/2021), n.22656

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo A. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11275/2015 proposto da:

D.S.V., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Pizzuto Francesco, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Sicilcassa s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, in persona

dei commissari liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, via Po n. 25-b, presso lo studio dell’avvocato Pessi Roberto,

che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 202/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 10/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2021 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- D.S.V. ha presentato domanda di insinuazione in via privilegiata nel passivo della s.p.a. Sicilcassa in liquidazione coatta amministrativa. A fondamento della propria pretesa ha posto, per quanto qui ancora in interesse, il proprio diritto alla ripetizione dei contributi versati al Fondo Integrativo Pensioni per il personale della Sicilcassa sulla retribuzione lorda percepita.

2.- Il credito è stato escluso dallo stato passivo depositato in data 18 dicembre 1998. D.S.V. ha presentato opposizione avanti al Tribunale di Palermo. Che la ha respinta con sentenza depositata in data 7 dicembre 2007.

3.- D.S.V. ha proposto appello avanti alla Corte di Palermo. L’impugnazione è stata respinta con sentenza depositata il 10 febbraio 2015.

4.- Constatato che l’appellante censurava la sentenza del Tribunale “per non avere ammesso i documenti, anche se tardivamente depositati, diretti a dimostrare l’an della pretesa” avanzata “così violando l’art. 421 c.p.c.”, la sentenza ha osservato che, in realtà, il “giudizio di opposizione allo stato passivo costituisce un’azione tipica del fallimento”. A questa, anche se si facciano valere diritti derivanti da un rapporto di lavoro subordinato con l’impresa assoggettata al fallimento, non si applica il rito del lavoro, ma il rito ordinario, con la conseguenza che non possono essere esercitati i poteri istruttori ufficiosi del giudice previsti dall’art. 421″.

Proseguendo nella disamina dei motivi di appello, la Corte siciliana ha poi preso in esame il rilievo con cui l’appellante dichiarava “non condivisibile la motivazione sulla cui base il Tribunale ha deciso di non disporre una CTU, pur sollecitata, per definire il quantum debeatur”. Per osservare che, in realtà, essa aveva ben “ritenuto l’opportunità” di una CTU, così per l’appunto disponendola.

Tuttavia – così si è soggiunto l'”accertamento del CTU è stato

condotto essenzialmente sulla base di documenti non ritualmente acquisiti al processo, e in particolare sulla base di cedolini paga e di un estratto conto contributivo relativo al periodo per il quale l’appellante chiede la restituzione della contribuzione FIP”. Con la conseguenza – si è detto allora – “che è stato violato il disposto dell’art. 198 c.p.c., secondo cui il consulente incaricato di un esame contabile può esaminare anche documenti e registri non prodotti in causa, previo consenso di tutte le parti”: nella specie, “questo consenso non è stato certamente dato dalla Sicilcassa, la quale eccepisce proprio tale mancanza nei suoi scritti conclusionali”.

5.- Avverso questo provvedimento, D.S.V. ha proposto ricorso per cassazione, legandolo a quattro motivi.

La s.p.a. Sicilcassa ha resistito, con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6.- I motivi di ricorso sono stati rubricati nei termini che qui di seguito vengono riportati.

Primo motivo: violazione degli artt. 87 e 88 TUB, degli artt. 421, 425 e 437 c.p.c.

Secondo motivo: violazione dell’art. 87 TUB e degli artt. 198, 421 e 437 c.p.c.

Terzo motivo: violazione dell’art. 87 TUB.

Quarto motivo: violazione dell’art. 112 c.p.c.

7.- I primi due motivi di ricorso concernono in via diretta la prova del credito restitutorio per cui l’attuale ricorrente ebbe a presentare domanda di insinuazione nel passivo della s.p.a. Sicilcassa.

Più in particolare, il primo motivo contesta la decisione dei giudici del merito di non ammettere i documenti “diretti a dimostrare l’an della pretesa”, perché “tardivamente depositati” (secondo quanto puntualizza la stessa pronuncia impugnata).

A tale proposito, il motivo richiama, in specie, la disposizione dell’art. 88, comma 4 TUB vigente all’epoca (“per quanto non espressamente previsto dalle norme dell’art. 87 e nel presente articolo, al giudizio di opposizione si applicano le disposizione dl codice di procedura civile sul processo di cognizione”; la norma è stata abrogata dal D.Lgs. n. 181 del 2015). Per dedurne che l’univoco tenore letterale di questa norma rinvia – per il peculiare settore della liquidazione coatta delle banche all’intera normativa contenuta nel libro II del codice di procedura: ivi compresa, dunque, anche la disciplina relativa alle “controversie in materia di lavoro” e, perciò, pure la norma dell’art. 421 c.p.c., comma 2, che abilita il giudice a “disporre d’ufficio in qualunque momento l’ammissione di ogni mezzo di prova”.

Il secondo motivo attiene, invece, al tema del quantum del credito vantato dal ricorrente e si sostanzia nel censurare la decisione della Corte siciliana laddove questa ha affermato che “dell’espletata CTU non può tenersi conto”, cosicché non è “possibile pervenire… all’accertamento del quantum del credito accampato”.

Per questo riguardo, il motivo evidenzia due diversi profili. Uno viene a segnalare un “consolidato orientamento giurisprudenziale, di legittimità e di merito, secondo il quale, a prescindere dal consenso delle parti, è perfettamente ammissibile e utilizzabile ai fini della decisione la documentazione acquisita dal CTU contabile in presenza di alcuni presupposti”. L’altro rileva che, ove ritenuta nulla la CTU per avere tenuto conto di documenti non ritualmente prodotti, si tratterebbe in ogni caso di nullità relativa ex art. 157 c.p.c.; questo per constatare che nella specie, “successivamente al deposito della consulenza… si sono tenute l’udienza in cui le parti hanno chiesto il rinvio per precisazione delle conclusioni e, a seguire, l’udienza di precisazione delle conclusioni e in nessuna delle due occasioni Sicilcassa s.p.a. ha eccepito alcunché in ordine alla possibile nullità relativa della espletata CTU”.

8.- In relazione ai motivi appena tratteggiati, si deve osservare che, in realtà, la questione della portata del richiamo che, in materia di liquidazione coatta delle imprese bancarie, la norma dell’art. 88, comma 4 TUB (vigente all’epoca) fa alla disciplina dettata nel codice di procedura per il “processo di cognizione” – se integrale oppure no risulta nella specie concreta priva di effettiva rilevanza.

In effetti, non risulta essere mai stato in contestazione, in quanto tale, il diritto alla ripetizione di D.S.V. (ovvero l'”an” di questo diritto): non venendo in discussione, in particolare, né la sua qualità di dipendente dell’ente in liquidazione coatta, né gli accordi istitutivi del Fondo integrativo Pensione; né, di conseguenza, la percezione da parte di quest’ultimo di somme tratte dalle retribuzioni spettanti allo stesso dipendente.

9.- Senz’altro rilevante si manifesta, invece, la questione su cui si è concentrato il secondo motivo di ricorso, per l’appunto inerente alla dimensione concreta del diritto vantato dal ricorrente (al quantum, dunque, per continuare a ricorrere alla terminologia specificamente utilizzata nei gradi del merito della controversia).

Ora, il primo dei profili di censura sollevati al riguardo dal ricorrente non può essere condiviso. Secondo l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, infatti, la norma dell’art. 198 c.p.c. concerne solo l’esame di documenti “accessori”, solo col consenso di tutte le parti poi “menzionabili” nella relazione peritale (cfr. Cass., 2 dicembre 2010, n. 24549; Cass., 27 aprile 2016, n. 8403; Cass., 3 agosto 2017, n. 129427).

Fondato risulta per contro l’altro profilo sollevata dal ricorrente. La nullità della consulenza tecnica d’ufficio, che venga a dipendere dall’avere il consulente utilizzato documenti non già entrati nel giudizio, risulta soggetta al regime di cui all’art. 157 c.p.c., “avendo carattere di nullità relativa e deve, pertanto, essere fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanata” (cfr., tra le altre pronunce, Cass., 15 giugno 2018, n. 15747. Cass., 31 gennaio 2013, n. 2251; Cass., 12 novembre 2007, n. 23504).

10.- Nei limiti appena sopra indicati, il secondo motivo di ricorso va dunque accolto.

L’accoglimento di questo motivo comporta assorbimento del terzo e del quarto motivo.

11.- In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; va cassata, di conseguenza, la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Palermo che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Palermo che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 agosto 2021

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