Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22653 del 31/10/2011

Cassazione civile sez. II, 31/10/2011, (ud. 21/09/2011, dep. 31/10/2011), n.22653

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2438/2006 proposto da:

B.C., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA A. CHINOTTO 1 SC C/14, presso io studio dell’avvocato PRASTARO

Ermanno, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MONAI

CARLO;

– ricorrente –

contro

C.S., M.M., elettivamente domiciliati,

in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 281/283, presso le studio dell’avvocato

ROSSI Guido c/o STUDIO PROIA & PATNERS, che li rappresenta e

difende

unitamente all’avvocato PITTORITTO AUGUSTO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 75/2004 del TRIBUNALE di UDINE sezione

distaccata CIVIDALE DEL FRIULI, depositata il 25/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/09/2011 dal Consigliere Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

adito l’Avvocato MONAI Carlo, difensore della ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ROSSI Guido, difensore dei resistenti che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. B.C. conveniva in giudizio davanti al Giudice di Pace di Cividale del Friuli C.S. per sentirlo condannare a eliminare le immissioni illecite di cui il medesimo sarebbe stato responsabile.

Al presente giudizio era riunito quello instaurato dall’attrice nei confronti di M.M., proprietaria dell’immobile da cui le predette immissioni provenivano.

Con sentenza n. 73/03 il Giudice di Pace rigettava la domanda.

Con sentenza dep. il 25 novembre 2004 il Tribunale di Udine sez. distaccata di Cividale del Friuli, rigettava l’impugnazione proposta dall’attrice.

Nel disattendere le doglianze formulate dall’appellante il Giudice di appello escludeva che la partecipazione alle operazioni di consulenza di un collaboratore dell’ausiliare non autorizzato dal giudice potesse comportare la denunciata nullità della consulenza tecnica d’ufficio, così come le modalità esecutive dell’accertamento, svolto senza l’ausilio di strumentazione, non ne potevano di per sè inficiare la validità.

2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi B.C.. Resistono con controricorso gli intimati che hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione degli artt. 61, 191 e 194 cod. proc. civ., censura la decisione gravata che aveva escluso la nullità della consulenza, nonostante che il consulente si fosse fatto sostituire nei sopralluoghi e nelle valutazioni da parte di un collega di pari grado, senza che l’ausiliare fosse stato a ciò autorizzato dal giudice. Sia il consulente che il suo collaboratore avevano proceduto alla verifica delle immissioni maleodoranti senza avvalersi di strumentazione tecnica ma attraverso rilevazioni olfattive soggettive, annusando l’aria.

1.2. Il secondo motivo (violazione dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, con riferimento agli artt. 196 e 345 cod. proc. civ.), censura la sentenza impugnata che acriticamente e immotivatamente aveva escluso la richiesta di rinnovo della consulenza, deducendo che gli accertamenti dovevano essere effettuati presso il laboratorio pubblico di olfattometria dinamica del Consorzio Friuli Innovazione.

1.3. I motivi – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

Occorre rilevare che: a) la nullità della consulenza tecnica, derivante da vizi procedurali, ha carattere relativo, e pertanto deve essere eccepita, a pena di decadenza, nella prima udienza, istanza o difesa successiva al deposito della relazione, del quale, ai sensi dell’art. 157 cod. proc. civ., comma 2, sia data comunicazione nelle forme di legge al difensore della parte interessata (Cass. 22483/2006): in virtù del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, la ricorrente avrebbe dovuto allegare e dimostrare di avere tempestivamente sollevato l’eccezione.

b) comunque eventuali irritualità dell’espletamento (nella specie la partecipazione a un sopralluogo, senza autorizzazione, in luogo del consulente d’ufficio, di un suo collaboratore, secondo quanto accertato dai Giudici) ne determinano la nullità solo ove procurino una violazione in concreto del diritto di difesa, con la conseguenza che è onere del ricorrente specificare quali lesioni di tale diritto siano conseguite alla denunciata irregolarità (Cass. 13428/2007;

15874/20101);

c) il consulente può avvalersi dell’opera di esperti specialisti, al fine di acquisire, mediante gli opportuni e necessari sussidi tecnici, tutti gli elementi di giudizio, senza che sia necessaria una preventiva autorizzazione del giudice, nè una nomina formale, purchè egli assuma con considerazioni autonome la responsabilità morale e scientifica dell’accertamento e delle conclusioni dell’elaborato (Cass. 21728/2006).

d) d’altra parte, le modalità con cui sono state svolte le indagini ovvero l’utilizzazione o meno di strumenti tecnici, non assumono rilievo sotto il profilo della nullità della consulenza, rientrando nei poteri discrezionali del giudice di merito la verifica circa la idoneità delle indagini così come l’opportunità di rinnovare la consulenza stessa (Cass. 8355/2007). In particolare, con riferimento al mancato accoglimento della richiesta di rinnovo della consulenza la sentenza impugnata, nel confermare quanto aveva affermato il giudice di primo grado, ha evidenziato, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, la insussistenza nella specie dei presupposti per la contestazione dei risultati dell’indagine peritale – contraddizioni con altre emergenze della consulenza o di altri dati di fatto comunque acquisiti – così implicitamente escludendo che vi fossero ragioni obiettive che rendessero necessario l’espletamento di una nuova indagine tecnica.

Il ricorso va rigettato.

Le spese della presente fase vanno poste a carico della ricorrente, risultata soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento in favore dei resistenti delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2011

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