Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2265 del 30/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 2265 Anno 2018
Presidente: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI
Relatore: TEDESCO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19574/2010 R.G. proposto da
Omar Impianti s.r.I., rappresentata e difesa dall’avv. Luca Bellini,
con domicilio eletto in Roma, via Quintino Sella 41, presso lo studio
dell’avv. Camilla Bolevacci;
-ricorrente contro
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
-controricorrenteavverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
dell’Emilia Romagna n. 28/12/2010, depositata il 21 aprile 2010.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre
2017 dal Consigliere Giuseppe Tedesco.
Rilevato che:
-la società ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza
della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, di
riforma della sentenza di quella provinciale, in relazione ad avviso di

Data pubblicazione: 30/01/2018

accertamento con il quale il Fisco aveva recuperato a tassazione per
l’anno 2004, ai fini Iva e ai fini delle imposte dirette e Irap, costi
derivanti dall’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti emesse
dalla ditta individuale “N.G.S. di Nicosia Giuseppe”, che aveva
operato fraudolentemente non solo in favore della attuale ricorrente,

operazioni inesistenti;
– in particolare l’Ufficio, nel contestare la contabilizzazione di tale
fatture, riqualificava i costi in esse documentati come costi di lavori
dipendente in quanto scaturenti da prestazioni poste in essere non da
soggetti riconducibili alla ditta emittente, bensì alla stessa società
utilizzatrice;
-la Ctr condivideva la tesi del Fisco secondo cui l’emittente le
fatture era un soggetto fittizio di cui la contribuente e altre società si
servivano per ottenere vantaggi nella gestione del personale;
-il ricorso è proposto sulla base di quattro motivi, cui l’Agenzia
delle entrate ha reagito con controricorso.
Considerato che:
– il primo motivo di ricorso denuncia contraddittorietà della
motivazione (art. 360, comma primo n. 5, c.p.c.), là dove la Ctr,
dopo avere affermato che la N.G.S. ha concretamente svolto l’attività
poi fatturata alla ricorrente, ha poi negato l’effettività delle operazioni
oggetto delle stesse fatture;
– il motivo è infondato: è del tutto evidente che la contraddizione è
apparente, se è vero che la lettura integrale della sentenza non lascia
margine di incertezza sull’avere la Ctr condiviso la tesi dell’Ufficio
sulla inesistenza delle operazioni;
– insomma

la

contraddizione

non

esprime

alcun

vizio

motivazionale, essendo agevolmente superabile attraverso
l’interpretazione della sentenza, che rende manifesto ciò che la Ctr
intendeva dire;

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ma anche a favore di altri soggetti, destinatari anch’essi di fatture per

- il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 7, comma 1,
della I. n. 212 del 2000 e dell’art. 3 della I. n. 241 del 1990, in
relazione all’art. 360, corna primo, n. 3, c.p.c., per avere la Ctr
ritenuto legittimo l’atto impositivo motivato

per relationem

in

riferimento all’avviso di accertamento emesso nei confronti della

contrariamente al vero, ritenuto che la contribuente non aveva
contestato i fatti riguardanti la diversa società;
– il motivo presenta più profili di inammissibilità, innanzitutto per
difetto di autosufficienza, non essendo stati trascritti i passi
dell’avviso di accertamento che si ritengono valutati non
correttamente dalla Ctr (Cass. n. 16147/2017);
– in secondo luogo perché, nel momento in cui la contribuente
imputa alla Ctr di avere ritenuto non contestato ciò che invece tale
non era, denuncia non una violazione di legge, ma semmai un errore
revocatorio;
– si deve aggiungere che la tesi che ispira il motivo è infondata;
– gli atti richiamati nella motivazione dell’avviso di accertamento
non debbono essere necessariamente allegati, essendo sufficiente che
sia riprodotto il loro contenuto essenziale, così come stabiliscono le
singole leggi di imposta (art. 42, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973,
art. 56, comma 5, d.P.R. n. 633 del 1972): sotto questo profilo nella
sentenza non ci sono affermazioni contra legem;
– il terzo motivo denuncia violazione degli art. 39 del d.P.R. n. 600
del 1973, 2727 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n.
3, c.p.c., per avere preso «in considerazione solo ed esclusivamente
le affermazioni dell’Agenzia delle entrate, senza un attento e
soppesato raffronto tra le opposte presunzioni»;
– il motivo è inammissibile;
-non si denuncia alcuna violazione di legge, ma oggetto della
censura è la valutazione di merito operata dalla Ctr, per cui la

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N.G.S., non allegato, ma soltanto richiamato, e per avere,

sentenza, andava semmai censurata per vizio di motivazione, nel
rispetto dei requisiti prescritti per la denuncia di un simile vizio, che
richiedono la deduzione di fatti, dedotti e non esaminati, che
avrebbero portato ragionevolmente a una decisione diversa;
– si ritiene di aggiungere, ad ogni modo, che la deduzione del vizio

decisorio, che è attività che non rientra nell’ambito del controllo
consentito alla Corte ai sensi del n. 5 del primo comma dell’art. 360
nel testo applicabile

ratione temporis,

«posto che una simile

revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si
risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione,
contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di
legittimità» (Cass. n. 11789/2005): la rivisitazione del ragionamento
decisorio è invece l’attività a cui mira la critica inammissibilmente
proposta dalla società ricorrente col motivo in esame;
– il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, comma
primo, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del
T.U.I.R., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., là dove
la Ctr ha negato la deducibilità dei costi documentati dalle fatture;
– il motivo è inammissibile, perché nella sentenza non si leggono
affermazioni riferite all’aspetto oggetto del motivo, per cui la
decisione andava censurata sotto profilo diverso;
-è ancora da aggiungere che nel controricorso si evidenzia che
l’Ufficio ha provveduto a riqualificare il costo sostenuto come costo
per prestazioni di lavoro dipendente in misura pari all’incidenza delle
fatture emesse dalla N.G.S. in rapporto ai ricavi complessivi della
società, limitando il recupero a tassazione per la differenza;
– il che introduce una circostanza incompatibile con la tesi
sostenuta nel motivo;
– in conclusione il ricorso va rigettato;
– le spese seguono la soccombenza;

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di motivazione non prelude a una revisione del ragionamento

P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore
della controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nell’importo
di C 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Roma 23 ottobre 2017.

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