Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22643 del 25/09/2018

Cassazione civile sez. II, 25/09/2018, (ud. 23/05/2018, dep. 25/09/2018), n.22643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25862/2014 proposto da:

CARILLON 88 SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALNERINA 40,

presso lo studio dell’avvocato GINO SCARTOZZI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

D.S.M., L.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA TARANTO 95, presso lo studio dell’avvocato DANIELA

COMPAGNO, rappresentati e difesi dall’avvocato GIOVANNI MOTOLESE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4658/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/05/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Carillon 88 s.r.l. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 4658/2013 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 10 settembre 2013.

Resistono con controricorso D.S.M. e L.C..

La ricorrente in data 12 maggio 2018 ha altresì prodotto memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, con allegata stampa di numerose precedenti pronunce della Corte di Cassazione, della Corte d’Appello di Roma e del Tribunale di Roma.

La Carillon 88 s.r.l. acquistò dalla Delia 85 s.r.l. in data 22 ottobre 1993 un’area di mq. 377,20 adibita a parcheggio, sita al piano interrato dello stabile di (OMISSIS). Con citazione del 22 ottobre 2003, la medesima Carillon 88 s.r.l. domandò la condanna di D.S.M. e L.C. (a loro volta acquirenti dalla Carillon 88 s.r.l. di un appartamento compreso nello stesso edificio in virtù di atto del 13 marzo 1989) al pagamento di un’indennità ex artt. 2041 e 2042 c.c. ed al risarcimento dei danni per l’occupazione, dall’ottobre 1993 al giugno 1999, del posto auto n. (OMISSIS) ricompreso nella area sovraindicata. L’adito Tribunale di Roma respinse la domanda. La Corte d’Appello di Roma rigettò poi il gravame della Carillon 88 s.r.l., osservando come la stessa avesse acquistato dalla Delia 85 s.r.l. l’area destinata a parcheggio (la cui proprietà quest’ultima si era riservata nelle vendite delle singole unità immobiliari dell’edificio di (OMISSIS)) con il vincolo del diritto di uso per posti auto L. n. 1150 del 1942, ex art. 41 sexies, di cui all’atto d’obbligo intercorso con il Comune di Roma il 2 novembre 1989. Aggiunsero i giudici di appello che tale vincolo di uso a parcheggio dell’area di mq. 377,20 era stato confermato da A.M., amministratore della Delia 85 s.r.l., nell’assemblea condominiale del 29 marzo 1993, il cui verbale era stato sottoscritto anche da tutti i condomini. Pertanto, la Carillon 88 s.r.l. non poteva vantare alcuna pretesa risarcitoria nè di ingiustificato arricchimento verso D.S.M. e L.C., avendo legittimamente utilizzato il posto auto n. 13 tra l’ottobre 1993 e il giugno 1999. Nè, secondo la Corte d’Appello di Roma, la Carillon 88 s.r.l. poteva giovarsi dell’integrazione del prezzo di acquisto dell’appartamento, in conseguenza del riconoscimento del diritto di uso a parcheggio, essendo essa avente causa dell’originario costruttore-venditore.

Il primo motivo di ricorso della Carillon 88 s.r.l. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., in relazione all’art. 1419 c.c., comma 2, ed alla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18. Si assume che, a fronte dell’uso da parte di D.S.M. e L.C. dell’area di parcheggio senza il pagamento di alcun corrispettivo in favore dell’alienante dell’appartamento Delia 85 s.r.l., sussistesse il diritto della ricorrente, avente causa della medesima Delia 85, ad ottenere quantomeno un’indennità ex art. 2042 c.c..

Il secondo motivo di ricorso allega la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la Corte di Roma pronunciato in ordine all’integrazione del prezzo di vendita, mai richiesta dalla società attrice ed appellante.

I due motivi di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono del tutto infondati.

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, la L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, nel testo introdotto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18, norma ratione temporis applicabile alla fattispecie di causa, istituisce tra costruzioni e spazio per parcheggio ad essi progettualmente annessi una relazione di rilievo pubblicistico, che, nell’ipotesi in cui la costruzione sia costituita da un edificio in condominio, comporta che detti spazi ricadano fra le parti comuni ex art. 1117 c.c., quando appartengano in comunione a tutti i condomini, ovvero vengano a costituire oggetto di un diritto reale d’uso spettante ai condomini medesimi, quando la relativa proprietà (come nella specie) competa a terzi estranei alla collettività condominiale o ad un solo dei componenti di questa. Questa disciplina, in sostanza, non vieta la negoziazione separata delle costruzioni e delle aree di parcheggio ad esse pertinenti, ma esclude che tale negoziazione possa incidere sulla permanenza del vincolo reale di destinazione gravante sulle aree indicate. Ne consegue che coloro che, come gli attuali controricorrenti, abbiano acquistato le singole unità immobiliari dall’originario costruttore-venditore, il quale abbia riservato a sè la proprietà degli spazi per parcheggio di cui alla L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, possono vantare un diritto reale d’uso anche nei confronti dei terzi ai quali (come, nella specie, la società ricorrente) l’originario costruttore abbia alienato le medesime aree destinate a parcheggio, in quanto il vincolo pubblicistico di destinazione si traduce in una limitazione legale della proprietà, che può essere fatta valere con l’assolutezza tipica dei diritti reali. Peraltro, l’integrazione del contratto concluso dall’originario costruttore-venditore con l’acquirente dell’unità immobiliare, nel senso di riconoscere a quest’ultimo il diritto d’uso sullo spazio vincolato a parcheggio, comporta per il primo l’insorgenza di un diritto personale a conseguire dal secondo l’integrazione del prezzo di acquisto, in quanto diritto al conguaglio derivante dal singolo contratto di acquisto stipulato inter partes, a meno che il prezzo pattuito per la compravendita non risultasse determinato pattiziamente in maniera già da ricomprendere anche il corrispettivo dell’utilizzo dell’area di pertinenza (fra le tante, Cass. Sez. 2, 26/09/2017, n. 22364; Cass. Sez. 6-2, 08/03/2017, n. 5831; Cass. Sez. 2, 27/12/2011, n. 28950; Cass. Sez. 2, 14/07/2011, n. 15509; Cass. Sez. 2, 14/11/2000, n. 14731; Cass. Sez. 2, 04/02/1999, n. 973; Cass. Sez. 2, 03/04/1998, n. 3422). Proprio perchè il diritto all’integrazione del prezzo correlato al riconoscimento del diritto d’uso del parcheggio ha la funzione di riequilibrare il sinallagma funzionale del contratto, esso spetta unicamente al venditore originario, e non al terzo eventuale successivo acquirente dell’area scoperta, che è estraneo al contratto intercorso fra venditore ed acquirente (cfr. Cass. Sez. 2, 09/09/2003, n. 13143; Cass. Sez. 3, 06/09/2007, n. 18691).

Ora, l’azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa, e non quale conseguenza di un contratto o di altro rapporto compiutamente regolato dalla legge, sicchè non è dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa qualora l’arricchimento in ipotesi sia effetto diretto, come nel caso in esame, dell’esercizio del diritto di uso degli spazi per parcheggio attribuito dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies.

Quanto in particolare alla seconda censura della ricorrente, relativa al punto in cui la Corte d’Appello ha negato alla Carillon 88 s.r.l. il diritto all’integrazione del prezzo di acquisto, in quanto spettante alla sola venditrice dell’appartamento Delia 85 s.r.l., tale motivazione va intesa come argomento ulteriormente speso per escludere che l’acquirente di aree destinate a parcheggio possa proporre azioni volte a conseguire dal titolare del diritto d’uso del parcheggio un corrispettivo per l’esercizio di esso. Va allora ribadito che il motivo di ricorso per cassazione con il quale si censuri per vizio di ultrapetizione un argomento in sè superfluo, che il giudice di appello, confermando la sentenza impugnata per ulteriori ragioni già autonomamente sufficienti al rigetto del gravame, abbia ritenuto di aggiungere, è inammissibile per difetto di interesse all’impugnazione, atteso che il giudicato nasce dalla sentenza di primo grado, confermata nei gradi successivi, e non, appunto, dalle sentenze meramente confermative dei gradi di impugnazione, sicchè nell’ipotesi suddetta il tema della decisione resta delimitato dalla sentenza di primo grado, senza che fosse ravvisabile alcuna decisione aggiuntiva o modificativa da parte del giudice del gravame (cfr. Cass. Sez. L, 07/06/1995, n. 6397).

Il ricorso della Carillon 88 s.r.l. va quindi rigettato, condannandosi la ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione nell’ammontare liquidato in dispositivo.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2018

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