Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22643 del 08/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 08/11/2016, (ud. 20/10/2016, dep. 08/11/2016), n.22643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26331-2008 proposto da:

COMUNE POZZUOLI in persona del legale rappresentante p.t. Ing.

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA M. DIONIGI 57,

presso lo studio dell’avvocato DE CURTIS CLAUDIA, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALDO STARACE giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.T. (OMISSIS), C.G., D.S.

(OMISSIS), D.A. (OMISSIS), D.G. (OMISSIS),

D’.GI., D.R. (OMISSIS), P.A.M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato ROBERTO BUONANNO

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2843/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/09/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2016 dal Consigliere Dott. SPIRITO ANGELO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS LUISA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 6 ottobre 1993, A.T., C.G., Bo.Co., D.A. e D.S., convennero in giudizio il Comune di Pozzuoli dinanzi al Tribunale di Napoli per ottenere il risarcimento dei danni arrecati al loro immobile da infiltrazioni di acqua provenienti dalla limitrofa conduttura comunale verificatesi nel (OMISSIS), con vittoria di spese del giudizio.

Il Comune convenuto, costituitisi in giudizio, eccepì inizialmente l’infondatezza della domanda e, successivamente, il proprio difetto di legittimazione passiva.

Il Tribunale di Napoli, disposta ed esperita la consulenza tecnica d’ufficio, accolse per quanto di ragione la domanda, condannò il Comune convenuto al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 48.085,44, oltre interessi e alle spese.

La Corte di appello di Napoli dichiarò inammissibile l’appello e compensò le spese.

Avverso questa sentenza, il Comune di Pozzuoli ha proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo.

Hanno resistito con controricorso gli originari ricorrenti e D.G., D’.Gi., D.R. e P.A., quali eredi di Bo.Co..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il Comune ricorrente ha dedotto, a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 133 e 327 c.p.c. e art. 119 disp. att. c.p.c. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

In particolare il Comune ricorrente ha lamentato che la declaratoria di inammissibilità dell’appello per decorso del termine di impugnazione dal deposito della sentenza, fosse errata con riferimento alla data del 20 marzo 2003 “che nulla ha a che vedere con la fattispecie che ci occupa” e che la sentenza di primo grado dovesse ritenersi pubblicata in data 18 aprile 2003, come attestato dal secondo timbro apposto sulla medesima dalla cancelleria.

2. Il motivo di ricorso è fondato.

La questione dell’apposizione di una doppia data alle sentenze civili, con le conseguenti problematiche giuridiche sul piano processuale e costituzionale ha costituito oggetto di contrasto in cassazione risolto, dapprima, dalle Sezioni Unite con la sentenza 1 agosto 2012, n. 13794 che affermò come, a norma dell’art. 133 c.p.c., la consegna dell’originale completo del documento – sentenza al cancelliere, nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata, avvii il procedimento di pubblicazione, il quale si compie, senza soluzione di continuità, con la certificazione del deposito mediante l’apposizione, in calce al documento, della firma e della data del cancelliere, che devono essere contemporanee alla data della consegna ufficiale della sentenza, in tal modo resa pubblica per effetto di legge. Le Sezioni Unite esclusero, pertanto, che il cancelliere, preposto, nell’espletamento di tale attività, alla tutela della fede pubblica (art. 2699 c.c.), potesse attestare che la sentenza, già pubblicata, ai sensi dell’art. 133 c.c., alla data del suo deposito, venisse pubblicata in data successiva, con la conseguenza che, ove sulla sentenza fossero state apposte due date, una di deposito, senza espressa specificazione che il documento contiene soltanto la minuta del provvedimento, e l’altra di pubblicazione, tutti gli effetti giuridici derivanti dalla pubblicazione della sentenza dovessero decorrere già dalla data del suo deposito.

Successivamente, la Seconda Sezione civile, con ordinanza interlocutoria n. 26251 del 2013, ritenne di non investire nuovamente della questione le Sezioni unite e, assumendo l’interpretazione fornita dalle Sezioni Unite come “diritto vivente”, ne invocò il vaglio sul piano costituzionale chiedendo al giudice delle leggi in particolare di verificare la compatibilità dell’approccio ermeneutico sotteso alla citata pronuncia a Sezioni unite con i principi costituzionali in concreto involti dalla questione risolta, in particolare: gli artt. 3 e 24 Cost..

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 3 del 2015 dichiarò manifestamente infondata la questione di costituzionalità.

Di recente e nuovamente, le Sezioni Unite sono tornate ad affrontare la questione e con la sentenza 22 settembre 2016, n. 18569, hanno pronunziato il seguente principio: “Il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo e conseguente possibilità per gli interessati di venirne a conoscenza e richiederne copia autentica: da tale momento la sentenza “esiste” a tutti gli effetti e comincia a decorrere il cosiddetto termine lungo per la sua impugnazione. Nel caso in cui risulti realizzata una impropria scissione tra i momenti di deposito e pubblicazione attraverso l’apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, il giudice tenuto a verificare la tempestività dell’impugnazione proposta deve accertare attraverso un’istruttoria documentale o, in mancanza, il ricorso, se del caso, alla presunzione semplice ovvero, in ultima analisi, alla regola di giudizio di cui all’art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la tempestività della propria impugnazione- il momento di decorrenza del termine d’impugnazione, perciò il momento in cui la sentenza è divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria comportante l’inserimento di essa nell’elenco cronologico delle sentenze e l’attribuzione del relativo numero identificativo”.

Dalla soluzione del contrasto e alla luce del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, discende l’accoglimento del ricorso; pertanto, la Corte di appello di Napoli, cui si rinvia, deciderà la controversia verificando la tempestività dell’impugnazione accertando il momento in cui la sentenza è divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria comportante l’inserimento di essa nell’elenco cronologico delle sentenze e l’attribuzione del relativo numero identificativo.

3. La sentenza impugnata deve, dunque, essere cassata, con conseguente rinvio della causa, ex art. 383 c.p.c., u.c., ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese, comprese quelle della presente fase del giudizio.

PQM

La CORTE accoglie l’unico motivo di ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 20 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2016

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