Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22640 del 08/11/2016
Cassazione civile sez. III, 08/11/2016, (ud. 13/10/2016, dep. 08/11/2016), n.22640
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 8734-2014 proposto da:
S.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE
44, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO CARLUCCIO,
rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO FANTINATO giusta
procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
GESTIONE LIQUIDATORIA SUCCEDUTA ALL’EX USL N. (OMISSIS) VERSILIA in
persona del Commissario Liquidatore Dr. B.B.,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL VIMINALE 43, presso lo
studio dell’avvocato FABIO LORENZONI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ERMINIO VENTURA giusta procura speciale in
calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1162/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 23/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/10/2016 dal Consigliere Dott. GRAZIOSI CHIARA;
udito l’Avvocato RAFFAELLA CHIUMMIENTO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’inammissibilità in
subordine rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto notificato il 24 aprile 1989 P.A. e S.M.L., in proprio e quali genitori di P.E., citavano la Gestione Liquidatoria Usl n. (OMISSIS) Versilia e T.G. per il risarcimento dei danni, della figlia e propri, derivati da gravissime lesioni subite durante il parto da P.E.. I convenuti si costituivano resistendo; con sentenza del 15 febbraio 2000, il Tribunale di Lucca li condannava al risarcimento. A seguito di gravame, con sentenza del 10 febbraio 2003 la Corte d’appello di Firenze riformava la sentenza di primo grado, respingendo tutte le domande risarcitorie. P.A., P.E. – frattanto divenuta maggiorenne – e S.M.L. ricorrevano per cassazione contro la sentenza di secondo grado, che questa Suprema Corte cassava limitatamente al motivo riguardante la responsabilità della Gestione Liquidatoria. I P. e la S. riassumevano davanti alla la Corte d’appello di Firenze, la quale, nel giudizio di rinvio, ammetteva prove testimoniali e disponeva c.t.u.. Con sentenza del 28 maggio – 23 luglio 2013 la corte territoriale, quale giudice di rinvio, in totale riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda attorea, condannando solidalmente gli attori a restituire alla Gestione Liquidatoria Euro 418.600,21 oltre interessi legali e a rifonderle le spese di tutti i gradi.
2. Ha presentato ricorso S.M.L., sulla base di tre motivi.
2.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione delle norme sull’ammissione dei mezzi istruttori nel giudizio di rinvio e difetto di motivazione sul punto. La corte territoriale ha ritenuto che nel giudizio di rinvio siano “chiusi” solo i poteri delle parti ma non quelli del giudice. Peraltro il giudice di legittimità non ha cassato per vizio motivazionale, bensì per avere il giudice d’appello escluso erroneamente la responsabilità diretta dell’ente ospedaliero per inadempienza al contratto sociale o a fini sociali, perchè non ha tenuto conto del devolutum dei genitori della neonata sulla valutazione della posizione di garanzia dell’ente a seguito di contatto sociale, che pare gravemente carente. Pertanto il giudice del rinvio doveva tenere conto delle risultanze istruttorie delle fasi precedenti, “non avendo il principio determinato alcuna necessità del loro rinnovo”. E il giudice del rinvio non può compiere una nuova attività istruttoria a meno che la sentenza di cassazione non ne abbia fatta sorgere la necessità, trattandosi di eccezione alla chiusura ex art. 394 c.p.c..
La Cassazione avrebbe poi potuto esaminare le lamentele della Gestione Liquidatoria sulla prova e implicitamente le avrebbe ritenute infondate; contro tale implicita decisione, il giudice del rinvio ha però ammesso le prove da essa dedotte, rendendo in concreto irrilevante il principio enunciato.
2.2 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione delle norme sulla valutazione delle prove e della c.t.u., nonchè difetto di motivazione e motivazione illogica e contraddittoria sul punto riguardante la valutazione delle risultanze della rinnovata istruttoria. La nuova c.t.u. non sarebbe stata ben valutata nei suoi esiti, in quanto avrebbe evidenziato la mala gestione del parto, non giustificabile, come ritiene invece giudice del rinvio, con la concitazione del momento; e ciò in conformità – non considerata dalla corte territoriale – rispetto alla c.t.u. svolta in primo grado.
2.3 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nullità di sentenza per difetto motivazionale sulla c.t.u. in ordine alla valutazione delle risultanze della c.t.u. e della preferenza per la decisione della sola c.t.u. disposta nel giudizio di rinvio. Anche se il giudice del rinvio ha il potere di disporre nuova c.t.u., rimane l’obbligo di motivazione sul perchè della scelta, qui totalmente mancante. La motivazione difetta anche in ordine alla scelta degli esiti della c.t.u. disposta in giudizio di rinvio anzichè di quelli della c.t.u. espletata in primo grado e della perizia penale.
Si difende con controricorso la Gestione Liquidatoria ex Usl n. (OMISSIS) Versilia.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso è fondato.
Il primo motivo trova infatti un esatto riscontro nelle indicazioni che, cassando, il giudice di legittimità aveva dato al giudice del rinvio. Questa Suprema Corte aveva esplicitato nella sua motivazione che il giudice d’appello non aveva tenuto conto del devolutum “circa la valutazione della prestazione di garanzia dell’ente sanitario, a seguito di contatto sociale (o di contratto con contenuto di garanzia sociale) che appare gravemente carente, e che esige una congrua valutazione iuxta alligata et probata, incluse le valutazioni e le descrizioni delle modalità del parto e dello staff medico intervenuto in emergenza”, da ciò deducendo il seguente principio di diritto: “accerti la Corte, iuxta alligata et probata, e tenendo conto del devolutum delle parti c.d. lese…, se la gestione del parto podalico in condizioni di emergenza, ma in struttura pubblica, sia avvenuta in modo da adempiere agli standard di efficienza e sicurezza, esigibili all’epoca del fatto, tenendo conto che in tema di inadempimento contrattuale è l’ente che ha l’onere della prova di dimostrare di aver adempiuto esattamente secondo gli standards di professionalità, o di aver operato in condizioni di emergenza tali da procurare un danno iatrogeno, giustificato dall’intento di salvare la vita alla neonata ed alla gestante”, ai sensi dell’art. 1218 e 2236 c.c., richiamandosi altresì la giurisprudenza relativa alla responsabilità per contatto sociale.
E’ dunque evidente che questa Suprema Corte non ha cassato in parte qua la sentenza impugnata per insufficiente o erronea acquisizione delle prove, bensì per violazione del principio giuridico di valutazione della responsabilità dell’ente ospedaliero in base al materiale istruttorio già acquisito. Infatti indicava al giudice di rinvio di operare la valutazione iuxta alligata et probata – e non “probanda” rimarcando apertis verbis che la prestazione di garanzia dell’ente “appare gravemente carente” (cosa, d’altronde, si rileva meramente incidenter, che era del tutto agevole percepire, se non altro perchè in una situazione di assoluta emergenza come quella in cui si trovava la gestante intervennero soltanto un ginecologo ed una ostetrica, pur trattandosi di una struttura pubblica).
Quel che, allora, il giudice di legittimità ha disposto, ex art. 384 c.p.c., comma 2, che effettuasse il giudice di rinvio era la valutazione di un compendio probatorio già del tutto completo e chiaro, non emergendo dalla sentenza che aveva cassato la pronuncia d’appello la necessità di alcuna attività integrativa sul piano istruttorio, nè d’altronde risultando neppure dalla sentenza impugnata l’esistenza di rilevanti fatti sopravvenuti (cfr. tra gli arresti più recenti Cass. sez. 5, 30 settembre 2015 n. 19424 e Cass. sez. 2, 12 ottobre 2009 n. 21587).
Il motivo in esame deve, in conclusione, essere accolto, logicamente assorbendo i susseguenti motivi; ne consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte territoriale, affinchè adempia le indicazioni che già erano state elargite dalla precedente pronuncia di questa Suprema Corte, provvedimento anche sulle spese di questa fase.
PQM
Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, anche per le spese del giudizio di esecuzione.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2016