Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22639 del 08/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 08/11/2016, (ud. 13/10/2016, dep. 08/11/2016), n.22639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6301-2014 proposto da:

S.E., B.A., elettivamente domiciliati in ROMA,

L.GO DEI LOMBARDI 4, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

TURCO, rappresentati e difesi dagli avvocati FABRIZIO LUCCHESI,

ALBERTO DEL CARLO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ALLIANZ SPA in persona dei procuratori Dr. C.A. e Dr.ssa

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che la rappresenta

e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

J.P., J.G., M.A., D.F.F.,

D.F.S., A.A., GESTIONE LIQUIDATORIA EX USL 40,

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA, REALE MUTUA ASSICURAZIONI SPA, REGIONE

CAMPANIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 285/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato FABRIZIO LUCCHESI;

udito l’Avvocato ANTONIO MANGANIELLO per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 1 luglio 2004 il Tribunale di Napoli ha respinto la domanda, proposta da B.A. e S.E., nei confronti di I.E. e A.A. per il risarcimento dei danni che avrebbero cagionato per errore professionale rispettivamente in due interventi chirurgici alla B. effettuati – il primo dallo I. il (OMISSIS) e il secondo dall’ A. il (OMISSIS) – presso l’Azienda Ospedaliera Cardarelli di Napoli, nonchè le correlate domande risarcitorie avverso la Gestione Liquidatoria della ex Usl 40 e le relative compagnie assicuratrici. Avendo B. e S. proposto appello principale e la Gestione Liquidatoria proposto appello incidentale, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 30 novembre 2012-29 gennaio 2013, ha rigettato l’appello principale e dichiarato inammissibile l’appello incidentale.

2. Hanno presentato ricorso B. e S. sulla base di sei motivi, sviluppandoli anche con memoria ex art. 378 c.p.c.; si difende con controricorso e con memoria ex art. 378 c.p.c. Allianz S.p.A..

2.1 Il primo motivo del ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 2697e 1218 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza.

In primo luogo si osserva che il giudice d’appello ha rigettato ìl gravame per mancato adempimento dell’onere della prova da parte degli attuali ricorrenti in ordine al nesso causale tra gli interventi e il danno, ritenendo che, anche se il rapporto è contrattuale (e non extracontrattuale come aveva ritenuto il giudice di primo grado), su di essi grava tale onere probatorio.

Adducono pertanto i ricorrenti che il paziente ha l’onere di provare il contratto o contatto sociale, l’aggravamento o l’insorgenza della patologia, e allegare l’inadempimento del debitore, che dovrà dimostrare l’assenza del nesso causale, cioè che l’evento è derivato da un fatto a sè non imputabile. In questo caso dalla consulenza di parte del Dott. M.P. e dalla relazione di una c.t.u. espletata in un giudizio contro l’Inps avviato da B. che era stata prodotta in questo giudizio emergerebbe l’adempimento dell’onere probatorio attoreo. Inoltre i ricorrenti sostengono che il giudice d’appello non avrebbe valorizzato adeguatamente ai fini probatori le modalità di tenuta della cartella clinica che, in quanto incompleta, avrebbe dovuto essere appunto valorizzata in senso opposto a quello seguito nella sentenza.

2.2 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 115-116 c.p.c., per essersi la corte territoriale fondata solo su alcuni brani decontestualizzati della relazione M., senza considerarla integralmente; inoltre la corte non avrebbe tenuto conto degli ulteriori elementi di prova acquisiti. Dalla suddetta relazione di parte sarebbe invero emerso che l’errore iatrogeno sussisteva nel primo intervento, pur non essendo individuabile per incompletezza della cartella, e che nel secondo intervento l’errore era consistito nella scelta di una operazione eccessivamente demolitoria.

2.3 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione, degli artt. 61 e 191 c.p.c., nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto decisivo e discusso: il tutto sarebbe integrato dal diniego di disporre la richiesta c.t.u..

2.4 Il quarto motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 232 c.p.c., per non avere il giudice d’appello correlato la mancata comparizione dello I. all’interrogatorio formale con gli elementi di prova acquisiti.

2.5 Il quinto motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per vizio di omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c.: la corte territoriale ha ritenuto nuova la doglianza, presentata in appello, di assenza di consenso informato, mentre in realtà in primo grado sarebbe stato addotto il complesso dei fatti per cui non vi sarebbe stata novità alcuna, anche se l’espresso riferimento al consenso era comparso solo nelle conclusioni d’appello.

2.6 Il sesto motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per vizio di omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa autonoma valutazione della domanda risarcitoria dello S. “a causa della patologia derivata alla moglie dei due interventi”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è fondato.

Devono essere congiuntamente vagliati i primi due motivi, in quanto, a ben guardare, attengono ad un’unica questione: la significatività probatoria della cartella clinica.

Invero, la corte territoriale ha ritenuto che non fosse stata fornita la prova del nesso causale relativamente al primo intervento – il che, poi, logicamente è ricaduto anche sull’intervento successivo – in quanto dalla consulenza tecnica di parte del Dott. M.P. emerge che la complicanza subita da B.A. deriverebbe da un evento iatrogeno non precisabile vista l’incompletezza della cartella clinica. La corte ha infatti riportato (motivazione, pagine 14-15) un passo di tale relazione nel quale il consulente M. afferma: “E’ pur vero che la complicanza discitica è prevista dalla neuro-chirurgia e per la quale è difficile obiettivare compiutamente l’etiogenesi, ma il fatto che si sia determinata è certamente da attribuire ad un evento iatrogeno, non meglio precisabile considerata la scarsa, superficiale e non completa compilazione della cartella clinica…”.

A tacer d’altro, allora, la corte territoriale – come si è visto che rilevano i ricorrenti nei due motivi in esame – ha fatto gravare la incompletezza della cartella clinica sul paziente, deducendone l’assenza della prova del nesso causale. La sua impostazione, però, non corrisponde al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Suprema Corte, che nella incompletezza della cartella clinica – che è obbligo del sanitario tenere invece in modo adeguato – rinviene proprio, in considerazione anche del principio della prossimità della prova, il presupposto perchè scatti la prova presuntiva del nesso causale a sfavore del medico, qualora la condotta dello stesso sia astrattamente idonea a cagionare quanto lamentato (tra gli arresti più recenti v. Cass. sez. 3, 27 aprile 2010 n. 10060 – per cui riguardo la responsabilità professionale del medico “il nesso causale sussiste anche quando, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, si possa ritenere che l’opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto fondate possibilità di evitare il danno; a tal fine, la difettosa tenuta della cartella clinica non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la colposa condotta del medico e le conseguenze dannose sofferte dal paziente, ove risulti provata la idoneità di tale condotta a provocare il danno, ma consente anzi il ricorso alle presunzioni, assumendo rilievo, al riguardo, il criterio della “vicinanza alla prova”, cioè della effettiva possibilità per l’una o per l’altra parte di offrirla” – e Cass. sez. 3, 26 gennaio 2010 n. 1538 – che, sempre a proposito della responsabilità professionale del medico, puntualizza che “le omissioni nella tenuta della cartella clinica al medesimo imputabili rilevano sia ai fini della figura sintomatica dell’inesatto adempimento, per difetto di diligenza, in relazione alla previsione generale dell’art. 1176 c.c., comma 2, sia come possibilità di fare ricorso alla prova presuntiva, poichè l’imperfetta compilazione della cartella non può, in linea di principio, tradursi in un danno nei confronti di colui il quale abbia diritto alla prestazione sanitaria” -; sulla stessa linea v. pure Cass. sez. 3, 5 luglio 2004 n. 12273 – che sottolinea che “il medico ha l’obbligo di controllare la completezza e l’esattezza del contenuto della cartella, la cui violazione configura difetto di diligenza ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2 ed inesatto adempimento della corrispondente prestazione medica”, Cass. sez. 3, 21 luglio 2003 n. 11316 – per cui “la difettosa tenuta della cartella clinica naturalmente non vale ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra la colposa condotta dei medici in relazione alla patologia accertata e la morte, ove risulti provata la idoneità di tale condotta a provocarla, ma consente anzi il ricorso alle presunzioni, come avviene in ogni caso in cui la prova non possa essere data per un comportamento ascrivibile alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato, nel quadro dei principi in ordine alla distribuzione dell’onere della prova ed al rilievo che assume a tal fine la “vicinanza alla prova”, e cioè la effettiva possibilità per l’una o per l’altra parte di offrirla” -; e cfr. altresì Cass. sez. 3, 9 giugno 2011 n. 12686, Cass. sez. L, 13 marzo 2009 n. 6218, Cass. sez. 3, 19 aprile 2006 n. 9085 e Cass. sez. 3, 13 settembre 2000 n. 12103).

La corte territoriale, quindi, ha pienamente invertito il contenuto dell’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, e ciò comporta – assorbendo ogni altra questione – la cassazione della sua impugnata pronuncia.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto quanto al primo e al secondo motivo, assorbiti gli altri, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio ad altra sezione della corte territoriale.

PQM

Accoglie il primo e il secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia a diversa sezione della Corte d’appello di Napoli.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2016

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