Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22638 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/09/2017, (ud. 19/07/2017, dep.27/09/2017),  n. 22638

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10411/2016 proposto da:

ROBINTUR S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. DENZA n. 20, presso lo

studio dell’avvocato LAURA ROSA, rappresentata e difesa

dall’avvocato CHRISTIAN CALIFANO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2054/11/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, depositata il 20/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/07/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI

CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La Robintur spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro la sentenza resa dalla CTR dell’Emilia Romagna indicata in epigrafe che, riformando la decisione di primo grado, ha rigettato il ricorso proposto dalla contribuente contro la cartella notificatale, relativa ad IVA per l’anno 2006.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso. La parte ricorrente ha depositato memoria.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione di cui all’art. 112 c.p.c., in relazione all’ultrapetizione nella quale sarebbe incorso il giudice di appello, ritenendo che la compensazione del credito di imposta vantato non era mai stata eccepita nel corso del giudizio.

La censura è priva di fondamento, poichè il giudice di merito non ha travalicato i limiti del ricorso proposto dalla parte contribuente, provvedendo semmai a verificarne la fondatezza sulla base del materiale documentale prodotto. E proprio in tale attività il giudicante ha verificato che il contribuente aveva “…oggettivamente portato a compensazione il credito non indicato nell’anno precedente”, facendone derivare delle conseguenze in diritto – impossibilità di chiedere detto credito con la dichiarazione integrativa. Tanto è sufficiente per escludere il vizio così come prospettato dalla ricorrente.

Con il secondo motivo si deduce vizio ricorso, correlato alla prospettata violazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 bis. La censura è manifestamente fondata.

Giova ricordare che Cass. S.U. n. 13378/2016 ha di recente fissato, per quel che qui interessa, i seguenti principi di diritto:

1. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all’art. 2, comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante.

2. La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43. Il rimborso dei versamenti diretti di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis. Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2e dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria.

A tali principi non si è attenuta la CTR che sì correttamente riconosciuto che la dichiarazione integrativa che produce effetti in melius per il contribuente non può essere eseguita oltre il termine perentorio di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8, ma non ha considerato che alla parte contribuente è data comunque la possibilità di prospettare giudizialmente gli elementi tardivamente dedotti nella dichiarazione integrativa per eventualmente paralizzare la richiesta indebita del fisco.

Il ricorso, in accoglimento del secondo motivo, rigettato il primo, va quindi accolto e la sentenza deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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