Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22636 del 03/10/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 22636 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 25377/07) proposto da:
SOCIETA’ IDROTECNA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, e
SERVIZI TECNICI S.P.A., in persona del liquidatore pro-tempore, entrambe rappresentate
e difese, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’ Avv. Roberto Volpi ed
elettivamente domiciliate presso il suo studio, in Roma, Via dei Gracchi, n. 19;
– ricorrenti-

contro
PETER COX INTERVENTI SPECIALI S.R.L., in persona del legale rappresentante,
rappresentata e difesa, giusta procura specialea margine del controricorso, dall’Avv.
Marco Merlini ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, Via Pasubio, n. 2;
-controricorrente-

nonché contro

o tilll

1

Data pubblicazione: 03/10/2013

GROUPAMA ASS.NI S.P.A., già Gan Italia S.p.a., in persona del suo legale
rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine
del controricorso, dall’Avv. Aldo Piras ed elettivamente domiciliata nel suo studio in Roma,
Via Granito di Belmonte, n. 19; – altra controricorrente e nei confronti di

rappresentante;
_

– intimato –

Avverso la sentenza n. 1297/07 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 15 marzo
2007 e notificata il 25 giugno 2007;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 4 luglio 2013 dal
Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
uditi gli Avv. ti Roberto Volpi, per le ricorrenti, Marco Merlini, per la controricorrente
Peter Cox Interventi Speciali, e Aldo Piras, per l’altra controricorrente Groupama Ass.ni
s.p.a. (già Gan Italia s.p.a.);
..
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Sergio Del Core, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo del ricorso e per il
rigetto degli altri motivi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, notificato il 28 novembre 1996, la ldrotecna S.p.a. conveniva in
giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la Peter Cox Interventi Speciali S.r.l. e la Gan Italia
S.p.a. per far dichiarare, la prima, responsabile delle carenze, vizi e difetti presenti nelle
opere d’impermeabilizzazione di una vasca di accumulo in cemento armato dell’impianto
di potabilizzazione di cui l’attrice doveva curare la realizzazione, e, conseguentemente,
per farla condannare a risarcire, garantire, manlevare e rimborsare la società attrice da

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CONSORZIO PER L’ACQUEDOTTO SUL RIO GOVOSSAI, in persona del legale

ogni onere, costo, spesa e danni provocati dai suddetti inadempimenti, quantificati dalla
stessa in lire 450.000.000.
Chiedeva, inoltre, che la Gan Italia S.p.a., in qualità di assicuratrice per la responsabilità
civile della Peter Cox S.r.l., fosse condannata al pagamento, in favore dell’attrice
medesima, dell’importo di cui al massimale assicurato, previo accertamento e dietro

prestate, oppure che fosse condannata a corrispondere il citato importo massimo alla
Peter Cox S.r.l..
Si costituiva in giudizio la Peter Cox S.r.l., la quale deduceva l’insussistenza di ogni sua
responsabilità e, in ogni caso, chiedeva, ottenendela, l’autorizzazione a chiamare in causa
“il Consorzio per l’ acquedotto sul Rio Govossai”, al fine di sentirlo dichiarare responsabile
di quanto lamentato dalla società attrice; formulava, altresì, domanda riconvenzionale,
volta al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della richiesta di escussione di
polizza formulata dalla ldrotecna nei confronti della Gan Italia S.p.a., dalla quale,
comunque, in caso di condanna, chiedeva di essere sollevata in ordine alle formulate
domande attoree, nei limiti dell’importo assicurato.
Si costituiva in giudizio la Gan Italia S.p.a., eccependo la propria carenza di legittimazione
passiva ed aderendo alle difese della Peter Cox.
Si costituiva, infine, anche il chiamato in causa Consorzio per l’ acquedotto sul Rio
Govossai, contestando ogni addebito di responsabilità in ordine ai fatti di causa.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 12839/01, in accoglimento, per quanto di ragione, della
domanda, condannava in solido la Peter Cox e la Gan Italia S.p.a., quest’ultima entro i
limiti del massimale di lire 100.000.000, a corrispondere alla ldrotecna S.p.a. la somma di
lire 375.000.000, oltre interessi; rigettava ogni domanda nei confronti del Consorzio
chiamato in causa; condannava la Peter Cox e la Gan Italia S.p.a. alla rifusione delle
spese giudiziali, che compensava, invece, tra l’Idrotecna s.p.a. ed il suddetto Consorzio.
3

preventiva declaratoria che i danni rientravano tra le garanzie assicurative da questa

Con atto di citazione, notificato 1’8 maggio 2002, la Peter Cox Interventi Speciali S.r.l.
impugnava la suddetta sentenza, invocando il rigetto di tutte le domande proposte nei suoi
riguardi e raccoglimento della domanda riconvenzionale diretta all’ottenimento del
risarcimento del danno, in suo favore, nella misura di euro 129.114,00 (o in quella,
comunque, ritenuta di giustizia); in via subordinata, chiedeva la dichiarazione della

difetti lamentati dalla ldrotecna, con condanna dello stesso al pagamento della somma
ritenuta dovuta. Si costituivano in sede di gravame gli appellati ldrotecna s.p.a. e il
predetto Consorzio, instando per il rigetto del gravame, mentre la Gan Italia S.p.a.
formulava anche appello incidentale, per quanto concerneva la condanna pronunziata nei
propri confronti.
Veniva, infine, esteso il contraddittorio anche nei riguardi della Servizi Tecnici S.p.a., quale
cessionaria del credito in contestazione.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 1279/07, depositata il 15 marzo 2007 e
notificata il 25 giugno 2007, definitivamente pronunciando, dichiarava inammissibile la
domanda della ldrotecna S.p.a. e, quindi, della terza chiamata Servizi Tecnici S.p.a. nei
confronti del Consorzio per l’ acquedotto sul Rio Govossai (sul presupposto della sua
ravvisata novità); in riforma della sentenza appellata, respingeva la domanda della
Idrotecna S.p.a., condannando quest’ultima al rimborso delle spese di lite anticipate nel
primo grado di giudizio dalla Peter Cox Interventi Speciali e dalla Gan Italia S.p.a.;
condannava, altresì, la Idrotecna S.p.a. e la Servizi Tecnici S.p.a. al rimborso delle spese
di lite anticipate nel presente grado di giudizio dalle Peter Cox Interventi Speciali e Gan
Italia S.p.a.; compensava interamente le spese di lite di entrambi e gradi del giudizio tra il
Consorzio e le restanti parti.
La Corte territoriale, a sostegno della sua decisione, rilevava che entrambi i difetti
lamentati non fossero ascrivibili all’appellante Peter Cox, bensì rispettivamente ai criteri
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responsabilità esclusiva del Consorzio per l’ acquedotto sul Rio Govossai in relazione ai

adottati dalla ldrotecna per la realizzazione degli invasi ed alle modalità di utilizzazione
dell’impianto da parte del committente Consorzio, nei cui confronti, peraltro, la domanda di
rimborso delle spese sopportate per effetto della condanna, come formulata nell’interesse
della ldrotecna s.p.a., era da dichiararsi inammissibile, in quanto nuova.
Avverso la sentenza di secondo grado l’Idrotecna S.p.a. e la Servizi Tecnici S.p.a. hanno

Gan Italia S.p.a. e Peter Cox Interventi Speciali S.r.l. hanno resistito con autonomi
controricorsi, mentre il Consorzio per l’Acquedotto sul Rio Govossai non ha svolto attività
difensiva in questa sede. Il difensore delle ricorrenti ha anche depositato memoria
illustrativa ex art. 378 c.p.c. .

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Occorre, in via pregiudiziale, evidenziare che il proposto ricorso è soggetto
all’osservanza del requisito di ammissibilità previsto dall’ad. 366 bis c.p.c. (introdotto dal d.
Igs. n. 40 del 2006), “ratione temporis” applicabile nella fattispecie ai sensi dell’ad. 58,
comma 5, della legge n. 69 del 2009, vedendosi nell’ipotesi di ricorso avverso sentenza
ricadente nell’ambito di applicabilità dell’indicato d. Igs., siccome pubblicata il 15 marzo
2007 (cfr. Cass. n. 26364/2009 e Cass. n. 6212/2010).
A tal proposito, sul piano generale si rileva (cfr., ad es., Cass. n. 4556/2009) che l’art. 366bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione,
comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso medesimo, una diversa
valutazione da parte del giudice di legittimità a seconda che si sia in presenza dei motivi
previsti dai numeri 1, 2, 3 e 4 dell’ad. 360, comma 1, c.p.c., ovvero del motivo previsto dal
numero 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della
sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità
espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’ad. 384 c.p.c., all’enunciazione del
principio di diritto ovvero a “dicta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare
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proposto un unico ricorso per cassazione, articolato in sei motivi.

importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (il cui
oggetto riguarda il solo “iter” argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una
illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione
chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende

1. Ciò posto, con il primo motivo le ricorrenti hanno denunciato la supposta violazione e
falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., nonché il vizio di omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione
all’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. formulando, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (ratione temporis
applicabile alla fattispecie, risultando la sentenza impugnata pubblicata il 15 marzo 2007),
il seguente quesito di diritto: “dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se sia legittimo dichiarare
inammissibile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., una domanda non proposta per la prima volta in
grado di appello, bensì in primo grado”.

In particolare, le predetti ricorrenti, con tale doglianza, hanno inteso dedurre l’illegittimità
della dichiarata inammissibilità della domanda di manleva svolta in via subordinata dalla
stessa Idrotecna s.p.a. nei confronti del Consorzio per l’Acquedotto del Rio Govossai (e
fatta propria dalla s.p.a. Servizi Tecnici), siccome basata sull’erroneo presupposto che
essa fosse stata proposta per la prima volta in grado di appello, nel mentre la medesima
era stata avanzata fin dal giudizio di primo grado, per quanto rilevabile dal contenuto delle
conclusioni in esso precisate (e riportate nella relativa sentenza, oltre che trascritte in
fondo allo stesso motivo di ricorso).
1.1. Rileva il collegio che il motivo è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Infatti, alla stregua dell’esame degli atti (consentito anche in questa sede sulla scorta della
natura processuale del vizio denunciato), emerge che la ldrotecna s.p.a., già nell’ambito
del giudizio di primo grado ed a seguito della chiamata in causa del predetto Consorzio,
6

inidonea la motivazione a giustificare la decisione.

aveva richiesto (per come desumibile inequivocabilmente anche dal contenuto delle
conclusioni precisate all’esito di tale grado processuale, riportate nella stessa sentenza del
Tribunale di Roma n. 12839 del 2001) — ancorché in via subordinata – che lo stesso
Consorzio venisse dichiarato tenuto a rimborsarla di tutti i costi, oneri e spese assunti per i
lavori ed interventi di riparazione, con la conseguente sua condanna al pagamento, in suo

avrebbe determinato come di giustizia.
Di conseguenza, la Corte di appello capitolina è incorsa nella denunciata violazione
avendo affermato che la richiamata domanda si sarebbe dovuta considerare inammissibile
ai sensi dell’art. 345 c.p.c., ritenendo, erroneamente, che la stessa fosse stata avanzata
per la prima volta in appello, connotandosi — perciò – come domanda nuova.
Rimane, peraltro, impregiudicata la valutazione sulla tempestiva proposizione o meno
della domanda stessa nel corso del giudizio di prime cure, in relazione al regime
preclusivo “ratione temporis” applicabile con riferimento ai processi instaurati
successivamente al 30 aprile 1995 (cfr., ad es., Cass. n. 947 del 2012), nonché sulla
eventuale configurabilità di altre possibili ragioni di inammissibilità riconducibili alla sua
correlazione con il “petitum” e la “causa petendi” caratterizzanti la domanda
originariamente formulata, oltre che sulla individuazione della correlata attività processuale
che la ldrotecna avrebbe dovuto espletare in grado di appello, in dipendenza delle
statuizione adottate con la sentenza di primo grado.
2. Con il secondo motivo le ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione degli
artt. 1362, 1363, 1366 c.c., ed in generale del libro quarto, titolo primo, capo quarto
“Dell’interpretazione del contratto”, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., formulando il
seguente quesito di diritto: “dica l’ Ecc. Corte di Cassazione se, a norma degli artt. 1362 e
segg. c.c., il giudice chiamato a decidere sugli obblighi scaturenti dal contratto dedotto in
giudizio debba o meno osservare i canoni legali di ermeneutica contrattuale tenendo in
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favore, della somma di £ 450.000.000 o di quella maggiore o minore che il Tribunale

considerazione il tenore letterale, la comune intenzione delle parti e, in definitiva, quali
siano le reciproche volontà e finalità mediante interpretazione secondo buona fede”.
.i.,
2.1. Questo motivo si prospetta, all’evidenza, inammissibile perche – al di là dei profili di
inammissibilità del formulato quesito (da considerarsi generico, in quanto ricondotto
all’applicazione dei criteri ermeneutici in generale, senza alcuna specifica correlazione con

sollecitazione, nella presente sede di legittimità, di una nuova e diversa interpretazione del
contratto stipulato tra la stesa ldrotecna s.p.a. e la Peter Cox Interventi Speciali s.r.l. .
Al riguardo si evidenzia che — per costante giurisprudenza di questa Corte (v., ad es.,
Cass. n. 4187 del 2007 e Cass. n. 19044 del 2010) – l’interpretazione del contratto e degli
atti di autonomia privata costituisce un’attività riservata al giudice di merito, ed è
censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica
contrattuale ovvero per vizi di motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o
incongrua, cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per
giungere alla decisione (circostanza insussistente nel caso di specie, alla luce della
sufficienza e della logicità del percorso argomentativo adottato dalla Corte territoriale). In
ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal
giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una
clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva
proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che
ne sia stata privilegiata un’altra.
3. Con il terzo motivo le ricorrenti hanno prospettato la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1663, 1667, ed in generale, della normativa in materia di appalto, in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c., formulando, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., il seguente quesito di diritto:
“dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se, a norma degli artt. 1663 e 1667 c.c. ed in generale
delle disposizioni in materia di appalto, se l’appaltatore, chiamato ad eseguire lavori su
8

il caso di specie e con le concrete clausole oggetto di interpretazione) — si risolve nella

opera già esistente, sia tenuto o meno a rendere noto al committente la presenza di
eventuali vizi o circostanze che possano compromettere l’esecuzione dei lavori stessi a
regola d’arte”.

3.1. Il motivo, ancorché ammissibile in ordine all’osservanza del citato art. 366 bis c.p.c., è,
tuttavia, infondato.

argomentando nel senso che, pur prescindendo dagli obblighi assunti contrattualmente, la
Peter Cox, quale impresa subappaltatrice e specializzata in materia di
impermeabilizzazione, si sarebbe dovuta considerare tenuta a verificare l’attuabilità
dell’impermeabilizzazione stessa e, ove avesse ritenuto irrealizzabile o rischioso
l’intervento, avrebbe dovuto comunicarlo ad essa Idrotecna s.p.a. al fine di consentirle di
eseguire sulla struttura le necessarie opere propedeutiche.
Diversamente dalla riportata prospettazione, la Corte di appello capitolina, con
accertamento di fatto incensurabile nella presente sede di legittimità siccome
adeguatamente e logicamente motivato, ha legittimamente escluso che, in virtù della
stessa specificità dell’oggetto del contratto di appalto (limitato alle opere di
impermeabilizzazione), la Peter Cox fosse tenuta anche ad una preventiva verifica delle
condizioni statiche dell’impianto. In ogni caso, lo stesso giudice di secondo grado ha
accertato che l’Idrotecna s.p.a. non aveva assolto all’onere di provare l’effettiva
sussistenza dei denunciati vizi e, soprattutto, la loro riconducibilità, sul piano eziologico,
all’opera appaltata.
Invero, considerato che la Peter Cox non era tenuta, per le sue competenze specifiche, a
valutare l’impianto realizzato dall’Idrotecna sotto il profilo della sua solidità statica, né
avrebbe potuto constatare, in concreto, il progressivo cedimento della struttura stessa (che
aveva avuto inizio a causa della pressione provocata dal riempimento delle vasche e,
quindi, successivamente alla realizzazione e consegna delle opere di
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Con tale censura le ricorrenti hanno dedotto la supposta violazione delle predette norme,

impermeabilizzazione), non si poteva che escludere la sussistenza della pretesa
violazione degli obblighi sulla stessa ricadenti ai sensi degli artt. 1663 e 1667 c.c. ,
Oltretutto, deve notarsi che il riferimento all’art. 1663 c.c. si prospetta del tutto inconferente
perché riguarda la “denuncia dei difetti della materia fornita dal committente”, mentre l’art.
1667 c.c. investe la difformità ed i vizi dell’opera costituente effettivamente oggetto del

fossero ascrivibili ai criteri adottati dalla stessa ldrotecna s.p.a. per l’esecuzione degli
invasi e alla modalità di utilizzazione dell’impianto da parte del committente principale
Consorzio per l’Acquedotto sul Rio Govossai.
4. Con il quarto motivo le ricorrenti hanno dedotto l’omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 n. 5
c.p.c., ritenendo che il giudice di secondo grado fosse pervenuto a conclusioni aberranti,
dal momento che il suo convincimento era basato su circostanze non suffragate da alcuna
risultanza documentale, né desumibili da accertamenti peritali.
4.1. Questa doglianza è da ritenersi inammissibile per inottemperanza al requisito
prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., non risultando riportata l’esposizione chiara ed autonoma
del fatto controverso – in relazione al quale si è assunta l’omissione e contraddittorietà
della motivazione — né emergendo l’enucleazione — in un quadro sintetico e
sufficientemente specifico – delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza del percorso
logico si sarebbe dovuta ritenere inidonea a giustificare la decisione.
5. Con il quinto motivo le ricorrenti hanno denunciato la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1667, 1668 e 2697 c.c.„ in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., formulando, ai sensi
dell’art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito di diritto: “dica l’Ecc.ma Corte di Cassazione se,
a norma degli artt. 1667 e 1668 e 2697 c.c., spetti o meno all’appaltatore di provare che
l’inesatta esecuzione della prestazione sia stata determinata da impossibilità derivante da
causa, all’appaltatore stesso, non imputabile”.
10

contratto di appalto: nella fattispecie, invece, la Corte di appello ha accertato che i difetti

5.1. Anche questa censura non è meritevole di accoglimento.
Al di là della genericità del riportato quesito di diritto, il motivo è infondato, perché, a fronte
della dedotta e riscontrata circostanza che il degrado del manto impermeabilizzante era da
imputarsi a cause (quali il cedimento statico della struttura e l’introduzione nell’acqua di
dosi eccessive di acido) non imputabili alla subappaltatrice, era la ldrotecna s.p.a. che

giudice di appello) — la prova che il degrado si sarebbe comunque prodotto per un
inadempimento della subappaltatrice Peter Cox nell’esecuzione delle opere alla stessa
commissionate dalla medesima appaltatrice principale.
6 Con il sesto ed ultimo motivo le ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., sostenendo che la Corte di merito aveva
posto a base del proprio iter decisionale un’affermazione inattendibile, apodittica e non
basata su dati scientifici, invece di tener conto delle relazioni tecniche effettuate nel corso
del giudizio.
6.1. Anche quest’ultima censura è affetta da inammissibilità per manifesta violazione
dell’art. 366 bis c.p.c., dal momento che manca sia l’allegazione della chiara ed autonoma
prospettazione del fatto controverso – in relazione al quale si è intesa assumere
l’omissione e contraddittorietà della motivazione — che l’enucleazione — in un apposito
quadro sintetico – delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione si
sarebbe dovuta ritenere inidonea a giustificare la decisione.
7. In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, deve concludersi per l’accoglimento del
primo motivo del ricorso e per il rigetto di tutti gli altri.
A questa decisione consegue la cassazione della sentenza impugnata limitatamente al
motivo accolto ed il rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, che
si pronuncerà sulla domanda indicata nella prima censura (impregiudicate le altre
11

avrebbe dovuto fornire — senza, però, assolvere al relativo onere (come constatato dal

valutazioni precedentemente evidenziate), qualificata erroneamente come nuova, e
regolerà le spese processuali (riferite anche alla presente fase di legittimità) con riguardo
al solo rapporto processuale instauratosi tra le attuali ricorrenti e il Consorzio per
l’Acquedotto sul Rio Govossai.
Risultando, invece, il giudizio interamente definito in ordine agli altri rapporti processuali

vanno condannate, in solido fra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio, in
favore di ciascuna delle due controricorrenti, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo
sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M. Giustizia 20
luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr.
Cass., S.U., n. 17405 del 2012).

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta tutti gli altri.
Cassa la sentenza impugnata in ordine al solo motivo accolto e rinvia, anche per le spese
del presente giudizio relative al rapporto processuale instauratosi tra le due ricorrenti e il
Consorzio per l’Acquedotto sul Rio Govossai, ad altra Sezione della Corte di appello di
Roma.
Condanna le stesse ricorrenti, in via fra loro solidale, al pagamento, in favore delle due
controricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate, per ognuna delle stesse, in
complessivi euro 6.500,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e
sulle voci come per legge.

Così deciso nella camera di consiglio della 2″ Sezione civile in data 16 luglio 2013.

Il Consigljere estensore

Il Presidente

per effetto del rigetto di tutte le altre censure formulate, le soccombenti società ricorrenti

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