Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22635 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 10/09/2019, (ud. 13/06/2019, dep. 10/09/2019), n.22635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5595-2015 proposto da:

ASSOCIAZIONE ITALIANA ASSISTENZA SPASTICI AIAS ONLUS POTENZA, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 6, presso lo studio

dell’avvocato ELIO VITALE, rappresentata e difesa dall’avvocato

EMILIANO POTENZA;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL GESU’

57, presso lo studio dell’avvocato FILOMENA MOSSUCCA, rappresentata

e difesa dall’avvocato VINCENZO SANTANGELO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 660/2014 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 15/01/2015, R. G. N. 627/2013.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte di appello di Potenza ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che in accoglimento del ricorso proposto da B.G., assistente ex vigilatrice, dipendente dell’Associazione Italiana Assistenti Spastici (AIAS Onlus di Potenza), aveva condannato la datrice di lavoro a corrisponderle la somma richiesta a titolo di arretrati dal 2002 al 2005 in relazione agli aumenti contrattuali previsti dal C.C.N.L. 2002/2003 – 2004/2005 erogati solo dal febbraio 2007 oltre che all’incremento economico previsto dal contratto collettivo 2006/2009 anche per il periodo successivo al 30 ottobre 2009.

2. La Corte territoriale ha confermato che nessuna condizione era stata apposta nei contratti collettivi con riguardo agli incrementi retributivi e che, per sospenderne l’erogazione, era stata prevista l’attivazione di una complessa procedura di valutazione congiunta che non era stata attivata dalla datrice di lavoro che ne era onerata. Ha sottolineato che non vi era prova che l’accordo del 25 settembre 2009 fosse stato ratificato dalle parti sociali nel termine di trenta giorni e dunque lo stesso era privo di effetti. Ha evidenziavato che dal verbale del 5.2.2010 si evinceva che gli arretrati maturati e non corrisposti erano stati dati in quella sede come riconosciuti e dovuti e che la delibera della Giunta della Regione Basilicata del 12.10.2010 n. 1706 non conteneva alcun riferimento ad adeguamenti tariffari con effetto retroattivo.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre l’A.I.A.S. Onlus di Potenza ed articola due motivi cui resiste con controricorso B.G.. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative insistendo nelle rispettive conclusioni.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza in relazione ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene la ricorrente che la Corte di merito avrebbe trascurato di esaminare esaminato il contenuto della nota a verbale n. 1 del c.c.n.l. degli aderenti all’A.I.A.S. del 29.7.2005 ed avrebbe fondato la sua decisione solo sul testo del c.c.n.l. 2006 – 2009 richiamando un verbale del 5.10.2010 mai prodotto dall’appellante in giudizio.

5. Con il secondo motivo è denunciata ancora una volta la violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della citata nota a verbale n. 1 del c.c.n.l. AIAS del 2005 e dell’accordo del 14.12.2006 di rinnovo del biennio economico 20042005 in connessione agli artt. 1362 e ss. c.c., nonchè all’art. 1353 c.c., oltre che il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia.

6. Le censure possono essere congiuntamente esaminate e devono essere dichiarate inammissibili. Va qui ribadito che l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso per cassazione, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel relativo fascicolo, mediante la sua produzione, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che esso è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in cassazione o lo faccia senza fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso oppure attinente alla sua fondatezza e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso (cfr. recentemente Cass. 20/11/2017. n. 27475 e già Cass. Sez. U. 25/03/2010 n. 7161).

7. Tanto premesso va rilevato che l’odierna ricorrente pur invocando l’errata interpretazione da parte della Corte di merito di una serie di disposizioni collettive trascura di allegare al ricorso i contratti invocati nè specifica se ed in quale sede processuale gli stessi siano stati depositati e possano essere reperiti dal Collegio nel testo integrale necessario al fine di procedere ad una verifica della interpretazione data e ad una corretta ricostruzione del contenuto e significato.

8. L’esito del giudizio impone la condanna della ricorrente al pagamento delle spese, che sono liquidate in dispositivo a favore dell’intimata costituitasi e vanno distratte in favore dell’avvocato che se ne è dichiarato antistatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto poi della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato D.P.R. art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 4.000,00 per compensi professionale, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge. Spese da distrarsi in favore dell’avvocato che se ne dichiara antistatario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato D.P.R. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 13 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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