Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22632 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 10/09/2019, (ud. 22/05/2019, dep. 10/09/2019), n.22632

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12647-2015 proposto da:

D.R.L., D.S.R., A.F., P.M.,

L.D., D.L.S.) C.A.M., CE.CH.,

DI.GI., F.P., PU.AN.,

L.C.G., T.F., CA.AN., AN.MI.,

R.S., M.E., G.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA POMPEO MAGNO 23/A presso lo studio

dell’Avvocato CARLO COMANDE’ che li rappresenta e difende unitamente

all’Avvocato DOMENICO PITRUZZELLA;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, MINISTERO ECONOMIA FINANZE C.F. (OMISSIS),

MINISTERO DELLA SALUTE C.F. (OMISSIS), MINISTERO ISTRUZIONE

UNIVERSITA’ RICERCA C.F. (OMISSIS), in persona dei rispettivi

Ministri pro tempore, REGIONE SICILIA, in persona del Presidente

della Giunta pro tempore, UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO, in

persona del Rettore pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 2047/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 19/11/2014 R.G.N. 2358/2012.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. la Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 19.11.2014, rigettava il gravame proposto dagli attuali ricorrenti e da altri litisconsorti avverso la decisione del Tribunale palermitano che aveva respinto il ricorso dei predetti, inteso ad ottenere la condanna delle amministrazioni convenute al pagamento di differenze retributive computate secondo il D.P.C.M. del 7.3.2007, anche a titolo di risarcimento del danno per mancato recepimento della Direttiva comunitaria n. 93/16;

2. la Corte rilevava che la direttiva 16/93 non aveva apportato significative modificazioni alla Direttiva 76/82 e che lo Stato Italiano aveva dato attuazione a quest’ultima con il D.Lgs. n. 257 del 1991, con attribuzione, in favore degli ammessi alle scuole di specializzazione, della borsa di studio determinata per l’anno 1991 in Lire 21.500.000;

3. osservava che il successivo D.Lgs. n. 368 del 1999, aveva introdotto l’obbligo della stipulazione, all’atto dell’iscrizione alla scuola di specializzazione in medicina e chirurgia, del contratto annuale di formazione – lavoro e che l’art. 39 dello stesso aveva previsto il trattamento economico annuo determinato ogni 3 anni, pur essendone stata la entrata in vigore della prevista rideterminazione postergata dallo stesso D.Lgs. art. 346. Infine, era intervenuto L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, ed era stata inserita la previsione secondo cui le nuove disposizioni sull’assetto economico relativo alla “formazione specialistica” si applicassero da decorrere dall’anno accademico 2006/2007;

4. richiamate anche le decisioni della CGUE intervenute su questioni analoghe a quelle proposte dagli appellanti, la Corte di Palermo evidenziava l’inapplicabilità dell’art. 36 Cost. e la esclusione della efficacia retroattiva del D.P.C.M. del 2007, dato che fino all’anno accademico 2006/2007 la remunerazione degli specializzandi era quella regolata dal D.Lgs. n. 257 del 1991, con il quale era stata recepita la normativa comunitaria, mentre il regime introdotto dal D.Lgs. n. 268 del 1999, artt. 37 a 39, era stato differito dall’anno 2007 e su tale differimento era intervenuta la C. Cost. a fugare i dubbi di legittimità costituzionale avanzati;

5. riteneva, poi, la legittimità della mancata indicizzazione e rideterminazione della borsa di studio alla stregua delle varie leggi finanziarie che ne avevano sancito il blocco fino al 31.12.2005;

6. di tale decisione domandano la cassazione i ricorrenti epigrafati, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resistono, con controricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Ministeri dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, della Salute e dell’Economia e delle Finanze, l’Università degli Studi di Palermo e la Regione Siciliana, che propongono ricorso incidentale condizionato.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo del ricorso principale sono denunziate violazione e falsa applicazione dell’allegato alla Direttiva 93/16, in relazione all’art. 360 c.p.p., nn. 3 e 5, assumendosi l’errata qualificazione dell’attività prestata dai medici specializzandi a favore dell’Università e rilevandosi che la sussistenza dell’indubbio fine di apprendimento della specializzazione non renda le prestazioni degli specializzandi di nessun giovamento per la struttura in cui operano, eliminando ogni corrispettività, e che le caratteristiche delle prestazioni lavorative dagli stessi rese siano tali da evidenziarne il carattere di continuità, l’equiparazione all’impegno del personale medico, la predeterminazione dell’orario lavorativo come confortato dalla direttiva 2000/34 CEEE del 22.6.2000 recepita dallo Stato Italiano con il D.Lgs. n. 66 del 2003;

2. con il secondo motivo, si contesta l’omessa disapplicazione del D.Lgs. n. 368 del 1999, art. 46 e del D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 8, con conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 249, comma 3, Trattato CEE, del principio comunitario di leale cooperazione tra gli stati membri ed istituzioni comunitarie e del principio comunitario di certezza del diritto; si lamentano l’erronea e falsa applicazione di norme di diritto sulla diretta efficacia dell’Allegato 1 (adeguata remunerazione) della direttiva 93/16 nell’Ordinamento italiano, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sostenendosi che lo Stato italiano abbia posto in essere una condotta limitativa della piena efficacia delle direttive comunitarie, con conseguente illegittima riduzione della tutela dei diritti da essa riconosciuti; si osserva che il limite cronologico stabilito dal D.Lgs. n. 517 del 1999, art. 8, al quale ha fatto seguito la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 300, – secondo cui le disposizioni del D.Lgs. n. 368 del 1999, artt. da 37 a 42 si applicano soltanto a decorrere dall’anno accademico 2006/2007 – possa essere agevolmente rimosso disapplicando tali norme;

3. con il terzo motivo, sono dedotte violazione e falsa applicazione delle Direttive CEE 82/76 e 92/16, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sostenendosi che, a fronte di una previsione chiara della Direttiva 93/16, affermativa del principio dell’adeguata remunerazione, non possa il giudice italiano limitarsi a prendere atto che le fonti comunitarie abbiano rimesso al legislatore nazionale la concreta determinazione dell’entità del compenso agli specializzandi e trarne il corollario che gli organi giurisdizionali non potrebbero sindacare l’adeguatezza della remunerazione corrisposta sino all’anno 2005/2006;

4. i motivi, che vanno esaminati unitariamente, per la loro stretta connessione logico-giuridica, prospettano questioni giuridiche già affrontate e risolte da questa Corte con le sentenze nn. 16137, 15520, 15293, 15294, 4449 pronunciate all’udienza del 7.2.2018 in fattispecie sostanzialmente sovrapponibili a quella in esame;

5. in particolare, nelle sentenze innanzi citate – alle cui motivazioni, che sono integralmente e pienamente condivise, si pone rinvio – è stato affermato che: la disciplina recata dalla Direttiva 93/16/CEE, al pari della Direttiva 82/76/CE, non contiene alcuna definizione comunitaria della remunerazione da considerarsi adeguata, nè dei criteri di determinazione di tale remunerazione; con il D.Lgs. n. 17 agosto 1999, n. 368, il legislatore ha dato attuazione alla direttiva 93/16/CEE e, nel disporre il differimento dell’applicazione delle disposizioni contenute negli artt. da 37 a 42 e la sostanziale conferma del contenuto del D.Lgs. n. 257 del 1991, ha esercitato legittimamente la sua potestà discrezionale; non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione, la quale costituisce una particolare ipotesi di “contratto di formazione-lavoro”, oggetto di specifica disciplina, rispetto alla quale non può essere ravvisata una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività suddetta e la remunerazione prevista dalla legge a favore degli specializzandi; la inconfigurabilità dei rapporti di formazione specialistica in termini di subordinazione esclude la applicabilità dell’art. 36 Cost.; l’importo della borsa di studio prevista dal D.Lgs. n. 8 agosto 1991, n. 257, art. 6, comma 1, non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni dal 1993 al 2005; ai sensi della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 32, comma 12, e della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 36, comma 1, l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto all’adeguamento triennale previsto dal D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, comma 1; non sussiste irragionevole disparità di trattamento tra gli specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione a decorrere dall’anno 2006/2007 e quelli frequentanti i corsi nei precedenti periodi accademici, ben potendo il legislatore differire nel tempo gli effetti di una riforma, senza che, per ciò solo, ne possa derivare una disparità di trattamento tra soggetti che, in ragione dell’applicazione differente nel tempo della normativa in questione, ricevano trattamenti diversi; non sussiste disparità di trattamento tra i medici specializzandi iscritti presso le Università Italiane e quelli iscritti nelle Scuole degli altri Paesi Europei, atteso che le situazioni non sono comparabili, perchè la Direttiva 93/16/CE non ha previsto nè imposto uniformità di disciplina e di trattamento economico; la situazione dei medici neoassunti che lavorano nell’ambito del S.S.N. non è comparabile con quella dei medici specializzandi in ragione della peculiarità del rapporto che si svolge nell’ambito della formazione specialistica;

6. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate, ribaditi anche nelle successive decisioni nn. 31923, 31922, 17052, 17051, 16805, 16137, 15963 del 2018, condividendone le ragioni, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che il ricorrente nel ricorso non apporta argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato;

7. sulla scorta dei principi innanzi richiamati, i motivi del ricorso principale vanno rigettati, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato riferito alla nullità della sentenza o del procedimento per essersi la Corte d’appello pronunciato sulla domanda, nuova, relativa all’indicizzazione annuale e rideterminazione triennale della borsa di studio ed al rigetto implicito dell’eccezione di prescrizione dei diritti vantati;

8. le spese del giudizio di legittimità vanno compensate, avuto riguardo alla complessa stratificazione del quadro normativo delineatosi in ordine alle borse di studio dei medici iscritti alle scuole di specializzazione;

9. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale condizionato. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato D.P.R. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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