Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22632 del 08/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 08/11/2016, (ud. 12/10/2016, dep. 08/11/2016), n.22632

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26934-2012 proposto da:

R.M. (OMISSIS), considerato domiciliato ex lege in ROMA,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ALBERTO BREGOLI unitamente all’avvocato STEFANO

SIMONAZZI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.F., C.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1156/2011 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 29/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/10/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato GIORGIO STELLA RICHTER per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza dell’11 marzo-29 settembre 2011 la Corte d’appello di Bologna, a seguito di appello presentato da R.M. avverso sentenza del 12 ottobre 1995 del Tribunale di Modena – che in una causa tra il R. da un lato e M.F. ed C.E. dall’altro aveva accolto la domanda riconvenzionale di M.F. ed C.E. dichiarando risolto per inadempimento dell’attore R. un contratto di transazione del 18 ottobre 1993 e condannato quest’ultimo a risarcire danni a controparte per Euro 672,97, oltre a interessi e spese processuali -, appello cui resisteva il M. essendo rimasta contumace l’altra appellata, rigettava l’appello con condanna del R. a rifondere le spese al M..

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il R., sulla base di tre motivi.

2.1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. perchè non vi sarebbe stata da parte dell’attuale ricorrente, come aveva invece ritenuto il giudice d’appello, una mutatio libelli in secondo grado, ciò emergendo dal confronto tra le sue conclusioni d’appello e quelle di primo grado.

Nell’atto d’appello si era chiesto di accertare il diritto di credito di Euro 2840,51 “quale saldo del prezzo della compravendita dell’appartamento in (OMISSIS) acquistato dai sigg.ri M.F. e C.E. e da questi dovuto a seguito della risoluzione dell’atto di transazione” del 18 ottobre 1993, e di condannare i suddetti al pagamento di tale somma “quale saldo del prezzo di compravendita” dell’appartamento, nonchè di compensare con il credito dei convenuti di Euro 672,97.

Nell’atto di citazione e nelle precisate conclusioni del primo grado si era chiesto di dichiarare la risoluzione della transazione per mancato rispetto di un termine essenziale e di condannare i convenuti a pagare all’attore il “saldo prezzo dell’immobile compravenduto in data 25.11.1993, previo accertamento della simulazione del saldo del prezzo nell’atto di rogito, nella misura di Lire 5.500.000”; si era chiesto altresì di disporre la compensazione tra il credito attoreo e il credito di controparte per il rifacimento di pavimentazione di balcone nell’immobile venduto “nella misura che risulterà in corso di causa”.

Ad avviso del ricorrente tutto questo è giuridicamente uguale, per cui non sarebbe stato violato l’art. 345 c.p.c..

2.2 Il secondo motivo denuncia contraddittorietà motivazionale su fatto decisivo e controverso “costituito dalla presunta mutatio libelli”. Ad avviso del ricorrente “la sussistenza del titolo costituito dalla vendita è stata riconosciuta, per iscritto, da Controparte… in un contratto sottoscritto dalle stesse parti… che è stato risolto” quanto ai suoi effetti obbligatori, permane come documento probatorio”. Quindi il giudice d’appello non solo avrebbe violato l’art. 345 c.p.c., ma avrebbe anche commesso un “errore interpretativo di fatto”. Non sarebbe vero quello che sostiene il giudice d’appello quando afferma che l’attuale ricorrente avrebbe posto come titolo il contratto di transazione: titolo sarebbe sempre stata la compravendita, e anzi, proprio per evitare confusione, il ricorrente “si è preoccupato, e in questo ha trovato la convergenza delle conclusioni dei convenuti, di spazzare il campo dal contratto di transazione, risolto di diritto ex art. 1457 c.c.”. Ciò sarebbe confermato dall’essere la transazione priva di efficacia novativa.

2.3 Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. perchè si sarebbe comunque costituito il contraddittorio. Alla causa, radicatasi il 19-20 maggio 1994, non è applicabile la L. n. 353 del 1990, entrata in vigore il 30 aprile 1995, per cui la domanda nuova è sanabile con l’accettazione del contraddittorio, che qui sarebbe avvenuta perchè l’appellato non ha mai eccepito: e solo nella conclusionale d’appello si sarebbe posto “il problema”, travisando il motivo dell’abbandono attoreo della preliminare e accessoria domanda di accertamento di simulazione relativa. Quindi, anche se vi fosse stata mutatio libelli, vi sarebbe stata accettazione del contraddittorio ad opera di controparte “con la sua costituzione” (effettuata solo dal M., l’altra parte restando contumace; e secondo il ricorrente – questo non è esposto nel motivo ma nella premessa ai motivi – nella comparsa di costituzione in appello l’appellato non ha “sollevato alcuna obiezione” e ha concluso in questo modo: “Nel merito: rigettarsi l’appello proposto perchè infondato in fatto e in diritto e conseguentemente confermarsi la sentenza impugnata. In via istruttoria e subordinata: ammettersi le prove per testi dedotte all’udienza del 27.01.98”); in sede di precisazione delle sue conclusioni in appello controparte le ha semplicemente formulate “come in comparsa di costituzione e risposta”.

Gli intimati non si sono costituiti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è infondato.

3.1 Motivo logicamente preliminare è il terzo, relativo, come si è visto, alla pretesa accettazione del contraddittorio sulla domanda nuova. Questa censura, però, non è dotata di adeguata autosufficienza, in quanto si limita ad affermare genericamente che non sarebbe mai stata eccepita la novità e che soltanto nella conclusionale la controparte costituita si sarebbe “riscossa”, peraltro travisando la questione della simulazione. La carenza di autosufficienza conduce, ovviamente, alla inammissibilità del motivo.

3.2 E’ a questo punto logico il vaglio congiunto del primo e del secondo motivo.

Al riguardo, è agevole rilevare che, una volta risolta la transazione per inadempimento dell’attuale ricorrente – e non, come quest’ultimo asserisce, per risoluzione di diritto ex art. 1457 c.c. -, si è effettivamente verificata nella prospettazione del R. una mutatio libelli. Invero, il rogito includeva una integrale quietanza quanto al corrispettivo della compravendita, per cui, mentre a transazione non ancora “caduta” il R. aveva potuto fondare su essa un credito ulteriore rispetto a quello che il rogito attestava essere stato estinto, quando lo stesso R. aveva chiesto la risoluzione della transazione (seppure per motivo diverso da quello per cui è stata effettivamente poi “tolta di mezzo” dal giudice di prime cure) egli aveva altresì chiesto – per ottenere quell’ulteriore pagamento che perseguiva – di accertare la simulazione relativa della compravendita. In sede d’appello, poi, il R. – come correttamente nota la corte territoriale – ha abbandonato la domanda di simulazione, e ha addotto come causa petendi la risoluzione della transazione, così creando una evidente mutatio libelli. Per schermare ciò (appigliandosi anche ad argomentazioni del giudice d’appello nel senso che la transazione era stata per la prima volta utilizzata in secondo grado come ricognizione di debito) il motivo adduce poi che la transazione valeva meramente come documento probatorio e che al riguardo la corte territoriale avrebbe commesso un errore di fatto. A parte che quest’ultimo rilievo è chiaramente di merito, e dunque inammissibile in questa sede, rimane intatto quanto sopra evidenziato, cioè la sostituzione della risoluzione della transazione alla simulazione relativa quale causa petendi del credito di cui il R. ha perseguito la condanna di controparte al pagamento anche nel grado d’appello. I due motivi in esame, pertanto, non meritano accoglimento.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato; non vi è luogo a pronunciare sulle spese, non essendosi costituiti gli intimati.

PQM

Rigetta il ricorso e dichiara non luogo a provvedere sulle spese.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2016

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