Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22629 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 10/09/2019, (ud. 10/04/2019, dep. 10/09/2019), n.22629

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12247-2014 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliata in ROMA, V.CARLO MIRABELLO

11, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PIO TORCICOLLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO PARATO;

– ricorrente –

contro

COMUNE SAN PIETRO VERNOTICO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA APOLLODORO 26,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO VITTORIO LELLI, rappresentato e

difeso dall’avvocato GUIDO MASSARI;

– controricorrente –

nonchè contro

COMITATO DI VERIFICA PER LE CAUSE DI SERVIZIO,in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 1421/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 03/04/2013 R.G.N. 524/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/04/2019 dal Consigliere Dott. MARCHESE GABRIELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine rigetto;

udito l’Avvocato VINCENZO PARATO;

udito l’Avvocato GUIDO MASSARI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Brindisi, con sentenza del 2 dicembre 2011, rigettava la domanda proposta da B.R., in qualità di erede di G.O., volta ad ottenere il riconoscimento del diritto del dante causa all’equo indennizzo per la patologia cancerogena (mesotelioma pleurico) contratta per effetto dell’attività lavorativa.

2. La Corte di appello di Lecce, con la sentenza n. 1421 del 2013, ha respinto il gravame proposto dalla B..

2.1. In estrema sintesi, la Corte territoriale ha giudicato indimostrati i fatti costitutivi del diritto; nello specifico, ha ritenuto non provato il rapporto causale tra la patologia e l’attività del de cuius, di addetto alla disciplina del traffico urbano, non risultando accertata nè la concreta dispersione di fibre di amianto a causa della circolazione veicolare nè, tanto meno, una concentrazione, all’aperto, di esse in quantità tale da rappresentare “un fattore codeterminante” nell’insorgenza del mesiotelioma pleurico.

3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, B.R. affidato ad un unico ed articolato motivo, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

4. Ha resistito con controricorso il Comune di San Pietro Vernotico.

5. Il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio di Roma si è costituito al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con un unico ed articolato motivo è dedotta -ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine all’esame ed alla valutazione delle risultanze istruttorie, con riferimento alla prova testimoniale ed alla consulenza tecnica d’ufficio nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., omessa valutazione della documentazione prodotta, violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..

1.1. La ricorrente assume l’erronea valutazione del materiale probatorio; in particolare, imputa alla sentenza di essersi posta in contrasto con le emergenze della consulenza tecnica d’ufficio, senza una specifica motivazione al riguardo;

la Corte territoriale neppure avrebbe valutato adeguatamente gli esiti della prova per testi e tutti gli elementi forniti a corredo della domanda.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. Sotto il profilo del vizio di motivazione, è sufficiente rammentare che, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. un., n. 19881 del 2014; Cass., sez.un., n. 8053 del 2014), la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, (applicabile ratione temporis alla fattispecie per essere stata la sentenza impugnata pubblicata nel 2013), deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; è pertanto denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un “error in procedendo” che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, non essendo invece più consentita la formulazione di censure per il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione (Cass., sez. un., n. 14477 del 2015; ex multis, tra le sezioni semplici, Cass. n. 31543 del 2018).

2.2. E’ stato, peraltro, precisato che di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile” può parlarsi laddove essa non renda “percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016).

2.3. Nella fattispecie di causa, la motivazione relativa alla carenza di prova di una dispersione di fibre di amianto a causa della circolazione veicolare in misura tale da porsi, quale concausa, nel determinismo della malattia contratta dal dante causa è argomentazione comprensibile sicchè può solo discutersi della sua plausibilità e condivisibilità ma non della sua sussistenza.

2.4. Per altro verso, il giudizio espresso dalla Corte di appello circa l’assenza di un collegamento eziologico, anche solo come concausa, tra occasione di lavoro e patologia, reso sulla base delle risultanze di causa, è stato censurato senza tenere in alcun conto gli enunciati di Cass., sez.un. nn. 8053 e 8054 del 2014 (principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite v. n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici), non illustrando cioè il “fatto storico”, non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo, ma lamentando un’erronea valutazione della consulenza tecnica d’ufficio e prospettando della stessa una diversa lettura che non può avere accesso in questa sede di legittimità.

Senza considerare, poi, che la relazione peritale non risulta nè adeguatamente trascritta (ne sono riportati meri passaggi, non salienti), nè depositata unitamente al ricorso, nè di essa è indicata la sede processuale di rinvenimento; omissioni che si pongono in violazione degli oneri di deduzione e specificazione imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4.

3. Quanto, invece, alla deduzione di violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., la ricorrente incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, una questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c., può porsi, rispettivamente, solo allorchè il ricorrente alleghi che il giudice di merito: 1) abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge; 2) abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione (Cass. 27.12.2016, n. 27000).

3.1. Nessuna di tali evenienze è illustrata nel ricorso della B..

4. Solo enunciata in rubrica e non specificamente sviluppata nel motivo è, infine, la violazione dell’art. 2697 c.c..

5. E’, tuttavia, il caso di osservare che, correttamente, la sentenza impugnata ha posto a carico della parte ricorrente la prova del nesso di causalità materiale tra l’attività lavorativa del dante causa (di addetto alla disciplina del traffico urbano) e la contratta malattia (mesotelioma pleurico); grava, infatti, sul lavoratore “l’onere di provare, con precisione, i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell’infermità alle modalità di svolgimento delle mansioni inerenti alla qualifica rivestita, non configurando, le mansioni inerenti alle qualifiche, un fatto notorio che non necessita di prova, atteso che esse sono variabili in dipendenza del concreto posto di lavoro, della sua localizzazione geografica, dei turni di servizio, dell’ambiente in generale (…)” (Cass. n. 61 del 2019, in motivazione).

6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, in favore del Comune controricorrente, come in dispositivo. Nulla si provvede nei riguardi del Comitato di Verifica di cui in epigrafe che non ha svolto alcuna attività difensiva.

7. L’ammissione della ricorrente al beneficio del gratuito patrocinio la esonera, allo stato, dal versamento dell’ulteriore somma dovuta ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, a titolo di contributo unificato (cfr. Cass. n. 25005 del 2014; Cass. n. 18523 del 2014).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore del Comune controricorrente, in Euro 4.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza, allo stato, dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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