Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22628 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 10/09/2019, (ud. 05/03/2019, dep. 10/09/2019), n.22628

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6063-2016 proposto da:

POSTEL S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCESCA BONFRATE;

– ricorrente –

contro

M.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALLUSTIANA

26, presso lo studio dell’avvocato GIULIO RAFFAELE IPPOLITO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO MOLTENI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 687/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 07/09/2015 R.G.N. 1686/2012.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accertato e dichiarato la nullità del contratto intercorso tra M.E. e la Obiettivo Lavoro Agenzia per il Lavoro s.p.a. per la somministrazione di lavoro a tempo determinato in favore di Postel s.p.a.. La Corte territoriale ha ritenuto, al pari del primo giudice, che la causale giustificativa del termine, apposto per ragioni di carattere organizzativo “relative a lav. Telecom”, era generica ed ha perciò confermato la costituzione con Postel del rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal (OMISSIS) nonchè l’ordine di riammissione della lavoratrice. Viceversa il giudice di appello ha riformato la statuizione sulle conseguenze economiche dell’accertata illegittimità e, in applicazione della L. n. 183 del 2010, ‘art. 32 comma 5, ha condannato la società al pagamento di una indennità risarcitoria che ha quantificato in dieci mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita oltre agli interessi ed alla rivalutazione monetaria dalla data della sentenza che ha costituito il rapporto (14.11.2011) al saldo effettivo rigettando però la domanda di restituzione di quanto asseritamente pagato in esecuzione della sentenza di primo grado stante la mancanza di prova dell’effettiva avvenuta corresponsione delle somme.

2. Il giudice di appello merito ha ritenuto generiche le causali, pressochè identiche, apposte al contratto intercorso tra la Obiettivo Lavoro e la Postel e quello tra la società di somministrazione e la lavoratrice (ragioni di carattere organizzativo relative a lav. telecom) e, per conseguenza, ha ritenuto inammissibile la prova articolata non essendovi elementi, anche minimi, nel contratto per l’identificazione ex ante delle ragioni che ne costituiscono il presupposto. Inoltre ha ritenuto che, anche a voler identificare la causale con le ragioni organizzative “legate alla lavorazione del cliente Telecom” di cui all’accordo del 20.10.2008, comunque la documentazione prodotta (fogli di lavorazione) nulla provavano circa le esigenze per le quali il contratto era stato stipulato e perchè presso l’unità di (OMISSIS) non potevano essere soddisfatte con le normali risorse. Ugualmente, poi, ha ritenuto inammissibili le prove testimoniali, che già il primo giudice non aveva ammesso, che avrebbero dovuto confermare proprio il contenuto dei fogli di lavorazione. Con riguardo alle conseguenze dell’accertata illegittimità del termine, poi, la Corte, in adesione all’insegnamento della Cassazione, ha ritenuto applicabile Il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 27, sanzione applicabile anche per il caso di genericità della causale.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre Postel s.p.a. con quattro motivi. Resiste con controricorso M.E..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

4. Il primo motivo di ricorso, con il quale è censurata la sentenza per avere violato e falsamente applicato il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20, comma 4 e art. 21, comma 1 è infondato.

Ritiene infatti il Collegio di dover dare continuità ai principi di recente ribaditi da questa Corte in base ai quali ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20 e ss. la sanzione di nullità del contratto di somministrazione di lavoro, prevista espressamente dall’art. 21, u.c., per il caso di difetto di forma scritta, si estende anche all’indicazione omessa o generica della causale della somministrazione, con conseguente trasformazione del rapporto da contratto a tempo determinato alle dipendenze del somministratore a contratto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell’utilizzatore (cfr. Cass. 08/01/2019 n. 197 relativa ad una fattispecie in cui è stata ritenuta generica la causale “gestione delle attività di call center in relazione alle esigenze di carattere organizzativo connesse al riassetto societario”, in quanto non esplicativa delle ragioni di ricorso al lavoro somministrato nè del contenuto del riassetto societario ovvero del periodo temporale di riferimento. Cfr. Cass. 01/08/2014 n. 17450).

In un’altra sentenza, poi, la n. 22381 del 2018, riferita a contratto di somministrazione a tempo determinato con causale ben più “specifica” rispetto a quella utilizzata nel contratto con la sig.ra M. (“gestione delle attività di call center in relazione alle esigenze di carattere organizzativo connesse al riassetto societario del gruppo Telecom”), questa Corte ha ritenuto non censurabile la statuizione del giudice di merito secondo cui detta causale “non soddisfacesse quel minimo necessario di specificità che, sia pure non più legata a situazioni tipizzate dal legislatore o dal contratto collettivo, deve sempre essere chiaramente espressa con riferimento al contesto della peculiare situazione dell’impresa utilizzatrice e delle sue esigenze produttive… non risultando, in particolare, esplicitato per quali ragioni per la gestione del call center occorresse il ricorso al lavoro somministrato nè in cosa consistesse il riassetto societario indicato ovvero il periodo temporale di riferimento”.

5. Anche il secondo motivo di ricorso, con il quale è denunciata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 20,21 e 27, in relazione al D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, dell’art. 12 preleggi e degli artt. 1362 e ss. c.c., va rigettato.

5.1. Ai sensi del D.Lgs. n. 9 ottobre 2003, n. 276, artt. 20 e ss., la mera astratta legittimità della causale indicata nel contratto di somministrazione non basta a rendere legittima l’apposizione di un termine al rapporto, dovendo anche sussistere, in concreto, una rispondenza tra la causale enunciata e la concreta assegnazione del lavoratore a mansioni ad essa confacenti, con la conseguenza che la sanzione di nullità del contratto, prevista espressamente dall’art. 21, u.c., per il caso di difetto di forma scritta, si estende anche all’indicazione omessa o generica della causale della somministrazione, con conseguente trasformazione del rapporto da contratto a tempo determinato alle dipendenze del somministratore a contratto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell’utilizzatore.

L’impugnazione del contratto presupposto, intercorso tra la società utilizzatrice e la società di somministrazione e la deduzione della genericità delle causali delle singole somministrazioni è sufficiente a far ritenere devoluta tutta la materia e correttamente la Corte ha ritenuto applicabile la sanzione della conversione.

6. Il terzo motivo con il quale è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,421,434 e 437 c.p.c., anche in relazione all’art. 2697 c.c. è del pari infondato.

6.1. E’ ben vero che nel rito del lavoro, il giudice, ove si verta in situazione di “semiplena probatio”, ha il potere-dovere di provvedere d’ ufficio agli atti istruttori idonei a superare l’incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, indipendentemente dal verificarsi di preclusioni o di decadenze in danno delle parti, dovendo, quindi, motivare sulla mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi là dove sollecitato dalla parte ad integrare la lacuna istruttoria e tuttavia nel caso in esame la Corte non ha ammesso le prove perchè le ha ritenute, con un giudizio di opportunità rimesso ad un apprezzamento meramente discrezionale a lei riservato, generiche e inidonee a superare le incertezze probatorie esistenti. Peraltro la parte ricorrente deve riportare in ricorso gli atti processuali dai quali emergeva l’esistenza di una “pista probatoria”, ossia l’esistenza di fatti o mezzi di prova idonei a sorreggere le sue ragioni con carattere di decisività (rispetto ai quali avrebbe potuto e dovuto esplicarsi l’officiosa attività di integrazione istruttoria demandata al giudice di merito), e deve altresì allegare di avere nel giudizio di merito espressamente e specificamente richiesto l’intervento officioso e nella specie non risulta averlo specificatamente richiesto tale non potendosi considerare la richiesta, formulata ai sensi dell’art. 346 c.p.c., con la quale si è insistito nelle richieste istruttorie ed eccezioni articolate in primo grado. La parte ricorrente, nell’illustrazione della censura, non ha dunque specificato, con riferimento agli elementi ricostruttivi desumibili dagli atti, quali di questi erano idonei ad integrare, con carattere di decisività, la esistenza di una ” pista probatoria” qualificata rispetto alla quale appariva doverosa un’integrazione istruttoria mediante l’esercizio dei poteri officiosi. Per non sovrapporre la volontà del giudicante a quella delle parti in conflitto di interessi e non valicare il limite obbligato della terzietà, è necessario invece che l’esplicazione dei poteri istruttori del giudice venga specificamente sollecitata dalla parte con riguardo alla richiesta di una integrazione probatoria qualificata. (cfr. Cass. 29/09/2015 n. 19358,10/12/2008 n. 29006, 18/06/2008n. 16507, e già Cass. 07/05/2002 n. 7119).

7. Deve invece essere accolto l’ultimo motivo di ricorso con il quale la società si duole della violazione e falsa applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 e dell’art. 429 c.p.c., per avere trascurato di considerare, nel liquidare 10 mensilità, che era stato stipulato in data 26.11.2010 un accordo sindacale per la definizione di una graduatoria nazionale al fine di stabilizzare i rapporti precari cui potevano accedere i contratti di somministrazione del 12 mesi precedenti e la M. vi era inserita al n. 48 quindi l’indennità doveva essere ridotta alla metà.

7.1. La Corte territoriale, infatti, è incorsa nella violazione denunciata laddove ha trascurato di considerare, con ciò violando la norma invocata (L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 6) che dispone che “in presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà.”.

7.2. Pertanto la sentenza sul punto deve essere cassata e rinviata alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che procederà ad una nuova quantificazione dell’indennità di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, prendendo in esame l’accordo richiamato nella memoria di costituzione di primo grado (a pag. 6) e ricordato anche in appello.

8. Alla Corte del rinvio è demandata poi anche la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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