Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22628 del 08/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 08/11/2016, (ud. 07/10/2016, dep. 08/11/2016), n.22628

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7010-2014 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OVIDIO 32,

presso lo studio dell’avvocato MICHELE ALLIEGRO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIER FRANCESCO LOTITO giusta procura in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

L.F., elettivamente domiciliata in ROMA, V.GIULIA DI

COLLOREDO 46-48, presso lo studio dell’avvocato GABRIELE DE PAOLA,

che la rappresenta e difende giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1427/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 09/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2016 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito l’Avvocato MICHELE ALLIEGRO;

udito l’Avvocato FRANCESCO RENZI per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS PIERFELICE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale della stessa città, in accoglimento della corrispondente domanda di L.F., ha condannato S.M. al rilascio di un immobile di proprietà della ricorrente, dallo stesso detenuto in locazione, per l’intervenuta scadenza del rapporto contrattuale, oltre al risarcimento dei danni.

2. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione S.M. sulla base di tre motivi di impugnazione, illustrati da successiva memoria.

3. Resiste con controricorso L.F., che ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità, ovvero per il rigetto del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1597 c.c., avendo la corte territoriale erroneamente ritenuto insussistenti i presupposti per l’accertamento della rinnovazione tacita del contratto di locazione originariamente stipulato tra le parti, non avendo la locatrice assunto alcuna ulteriore iniziativa a seguito della comunicazione della disdetta del contratto di locazione inviata al conduttore circa due anni prima della relativa scadenza, ed avendo la stessa locatrice regolarmente percepito i canoni di locazione fino all’instaurazione dell’odierno giudizio, senza contestazioni di sorta.

5. Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 1591 c.c. e della L. n. 431 del 1998, art. 6, comma 6, in cui sarebbe incorsa la corte territoriale, per aver illegittimamente riconosciuto il maggior danno asseritamente subito dalla locatrice per effetto dell’inadempimento del conduttore, in assenza di alcuna valida prova sul punto.

6. Con la prima parte del terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del combinato disposto dell’art. 416 c.p.c., comma 3 e art. 437 c.p.c., comma 2, in merito all’asserita inammissibilità dei documenti prodotti dall’appellante.

Al riguardo, il ricorrente si duole del rigetto, opposto dalla corte territoriale, dell’istanza del S. diretta all’acquisizione di prove documentali in sede di appello, trattandosi di prove pre-costituite la cui produzione si era resa indispensabile a seguito dell’emissione della sentenza di primo grado in relazione alla determinazione del risarcimento del maggior danno in favore della locatrice.

7. Con la seconda parte del terzo motivo, il S. censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5).

Sul punto, il ricorrente sottolinea la decisività dell’omissione in cui sarebbe incorsa la corte territoriale nel non considerare la circostanza dell’avvenuta concessione in locazione a un terzo soggetto del 50% dell’immobile de quo, con la conseguente erronea determinazione del maggior danno subito dalla L. per effetto dell’inadempimento del conduttore.

8. Con l’ultima parte del terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118disp. att. c.p.c., in cui sarebbe incorsa la corte territoriale, a causa della carente indicazione delle ragioni giuridiche poste a fondamento della decisione di conferma della consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado.

9. Il primo motivo è infondato.

Osserva il collegio come la corte territoriale, nel decidere circa l’insussistenza dei presupposti per l’accertamento della rinnovazione tacita del contratto di locazione oggetto di lite, si sia correttamente allineata al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la rinnovazione tacita del contratto di locazione non può desumersi dal fatto della permanenza del conduttore nella detenzione della cosa locata oltre la scadenza del termine, nè dal pagamento e dall’accettazione dei canoni e neppure dal ritardo con il quale sia stata promossa l’azione di rilascio, occorrendo che questi fatti siano qualificati da altri elementi idonei a far ritenere in modo non equivoco la volontà delle parti di mantenere in vita il rapporto locativo con rinuncia tacita, da parte del locatore, agli effetti prodotti dalla scadenza del contratto (v., ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 22234 del 20/10/2014, Rv. 632843).

Nella specie, la corte territoriale, con motivazione giuridicamente corretta e logicamente lineare, ha evidenziato la mancata acquisizione di elementi istruttori inequivocamente idonei a giustificare la conclusione dell’effettiva volontà della locatrice di mantenere in vita il rapporto (con la rinuncia tacita agli effetti prodotti dalla scadenza del contratto), con la conseguente conferma dell’inidoneità, a tal fine, delle sole circostanze della permanenza del conduttore nell’immobile locato e dell’accettazione dei canoni da parte della locatrice.

Ciò posto, non essendo la decisione impugnata incorsa in alcuna violazione di legge, e ritenendo il collegio di dover dare continuità al principio di diritto come sopra richiamato (nè alcun diverso argomento risulta offerto dagli scritti depositati dal ricorrente), il motivo in esame dev’essere rigettato.

10. Il secondo motivo e l’ultima parte del terzo motivo sono inammissibili. Con il motivo in esame, il ricorrente – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge – allega un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171).

Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe dei motivi d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierno ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale in relazione alle fonti istruttorie relative al danno subito dalla locatrice e alla c.t.u. disposta nel corso del giudizio di primo grado.

Si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato.

Ciò posto, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892).

11. Le censure contenute nella prima e nella seconda parte del terzo motivo – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono infondate.

Osserva preliminarmente il collegio come, secondo un consistente orientamento interpretativo seguito da questa corte di legittimità (al quale si ritiene di dover dare continuità), nel rito del lavoro (applicabile ratione materiae all’ambito dei rapporti di locazione di immobili urbani), in deroga al generale divieto di nuove prove in appello, è possibile l’ammissione di nuovi documenti, su richiesta di parte o anche d’ufficio, solo nel caso in cui essi abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa, facendosi riferimento per “indispensabilità” delle nuove prove ad una loro “influenza causale più incisiva” rispetto alle prove in genere ammissibili in quanto “rilevanti”, ovvero a prove che sono idonee a fornire un contributo decisivo all’accertamento della verità materiale per essere dotate di un grado di decisività e certezza tale che da sole considerate, e quindi a prescindere dal loro collegamento con altri elementi e da altre indagini, conducano ad un esito “necessario” della controversia (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 13353 del 26/07/2012, Rv. 624050).

Tale carattere di decisività delle prove offerte in appello deve ritenersi indispensabile, ai fini del superamento delle preclusioni proprie del rito, tanto in relazione alle prove costituende che a quelle precostituite (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 6188 del 13/03/2009, Rv. 607281).

Nella specie, a fronte del rigetto, da parte della corte fiorentina, della corrispondente istanza istruttoria avanzata in sede d’appello dal S. (per l’irriducibile tardività della produzione), vale evidenziare come l’odierno ricorrente abbia del tutto trascurato di evidenziare gli estremi dell’asserita decisività della prova documentale così come dedotta (asseritamente destinata a comprovare la circostanza dell’avvenuta concessione in locazione a un terzo soggetto del 50% dell’immobile de quo), non affrontando il punto concernente la palese irrilevanza dell’entità percentuale dell’immobile occupato, ai fini della produzione del maggior danno della locatrice, tenuto conto del contenuto delle offerte provenienti alla L. da terzi, nella specie riferite – secondo quanto indicato dallo stesso S. nel ricorso proposto in questa sede – alla proposta locazione dell’intero immobile: locazione dell’intero, la cui conclusione sarebbe stata in ogni caso impedita dal solo fatto dell’inadempimento del S. all’obbligo di restituzione della sua parte.

Si tratta di un difetto di allegazione argomentativa che vale a escludere, tanto l’avvenuta violazione delle regole di ammissione dei mezzi di prova in appello, quanto il rilievo della denunciata omessa considerazione del fatto dedotto (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), di cui è rimasta priva di effettiva consistenza l’affermazione della relativa concreta decisività (nel senso sopra specificato) ai fini del giudizio.

12. Le argomentazioni che precedono, nel confermare l’insussistenza dei vizi denunciati dal ricorrente a carico della sentenza impugnata, impongono la pronuncia del rigetto del ricorso e la conseguente condanna del ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, nella misura di cui al dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidate in Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2016

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