Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22627 del 31/10/2011

Cassazione civile sez. I, 31/10/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 31/10/2011), n.22627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23932/2005 proposto da:

P.D.F. (c.f. (OMISSIS)), in proprio e

nella qualità di procuratore speciale, P.T. (C.F.

(OMISSIS)), P.B. (C.F. (OMISSIS)),

P.N. (C.F. (OMISSIS)), tutti nella qualità di

eredi di P.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

F.E. SAVASTANO 11, presso l’avvocato SANVITALE CARLO, rappresentati e

difesi dagli avvocati BRANCACCIO Carlo, MANDARA ALFONSO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CASTELLAMMARE DI STABIA (P.I. (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G. GENTILE 8, presso l’avvocato MARTORIELLO MASSIMO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LORINI Riccardo, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE

CIVILE;

– intimata –

sul ricorso 31526/2005 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – DIPARTIMENTO PER LA

PROTEZIONE CIVILE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

P.D.F., in proprio e nella qualità di

procuratore speciale, P.T., P.B.,

P.N., tutti nella qualità di eredi di P.

G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA F.E. SAVASTANO 11,

presso l’avvocato SANVITALE CARLO, rappresentati e difesi dagli

avvocati BRANCACCIO CARLO, MANDARA ALFONSO, giusta procura a margine

del ricorso principale; COMUNE DI CASTELLAMMARE DI STABIA, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA G. GENTILE 8, presso l’avvocato MARTORIELLO MASSIMO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LORINI RICCARDO, giusta procura

a margine del controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 2228/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 01/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

DANIELA GIACOBBE (Avvocatura Gen. dello Stato) che ha chiesto il

rigetto del ricorso principale, accoglimento dell’incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso, in via principale, per

l’inammissibilità sia del ricorso principale che dell’incidentale;

in subordine per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Comune di Castellammare di Stabia proponeva opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da P.G. per la somma di L. 68.771.255, oltre interessi legali dal 2/12/1982, quale residuo importo dovuto per lavori di sistemazione del terreno, delle fognature e degli impianti idrici, appaltati dal Comune per alloggiare in containers i numerosi senzatetto, a causa del sisma del 23/11/1980.

Il Comune opponente eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del credito, e chiedeva la condanna dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile, al rimborso della somma già versata o comunque, di essere tenuto indenne in caso di condanna a favore del P..

L’opposto avanzava domanda riconvenzionale per il pagamento della rivalutazione e degli interessi; la Presidenza del Consiglio eccepiva l’ incompetenza territoriale del Giudice adito, competente essendo il Tribunale di Napoli.

A seguito di declaratoria di incompetenza del Tribunale di Castellammare di Stabia, il giudizio veniva riassunto avanti al Tribunale di Napoli.

Il Tribunale dichiarava la sopravvenuta inefficacia del decreto ingiuntivo opposto, e, in parziale accoglimento della domanda del P., condannava il Comune al pagamento di Euro 12.893,91, oltre interessi legali dal 17/2/92, rigettava le domande avanzate nei confronti della Presidenza del Consiglio, e condannava il Comune a rifondere per intero le spese di lite alla Presidenza del Consiglio e nella misura dei 2/3 a favore del P., compensando nel resto ed integralmente le spese tra il P. e la Presidenza del Consiglio.

Appellavano il P. e il Comune con separati atti; i due giudizi venivano riuniti.

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza depositata il 31/7/2002, in parziale riforma della sentenza appellata, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Comune, ed ha rigettato la domanda del P. verso il Comune e verso la Presidenza del Consiglio, compensando tra tutte le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

La Corte del merito, quanto alla legittimazione, ha ritenuto che il Sindaco, nella conclusione del contratto d’appalto, aveva agito quale Ufficiale di Governo, in virtù della delega del Commissario Straordinario di Governo di cui al provvedimento del 21/9/1981, in applicazione della L. n. 874 del 1980, da cui l’imputabilità all’organo straordinario degli atti posti in essere dal Comune danneggiato dal sisma del 1980, in esecuzione delle disposizioni del Commissario Straordinario in materia di somma urgenza, come ritenuto da numerose pronunce della S.C.; i Sindaci, dunque, erano per legge, localmente, organi della Protezione civile ed agivano in forza di delegazione interorganica in nome e per conto dell’Amministrazione statale delegante, posto che il D.L. n. 776 del 1980, convertito nella L. n. 874 del 1980 ed il D.P.R. n. 66 del 1981 avevano attribuito tali compiti al Commissario Straordinario (a cui era subentrato successivamente il Ministero della Protezione civile, ai sensi della L. n. 187 del 1982, di conversione, con modificazioni, del D.L. n. 57 del 1982).

Il credito del P. verso la Presidenza del Consiglio era peraltro prescritto, essendo stata inviata il 17/2/1997 la lettera di richiesta, a prescrizione decennale compiuta; nè potevano valere quale riconoscimento di debito la deliberazione del 2/12/1982, costituente atto interno della P.A., nè la Delib. G.M. 26 febbraio 1992, non costituente atto ricognitivo, nè posto in essere dal Sindaco come Ufficiale di Governo.

Secondo la Corte del merito, infine, era da ritenersi prescritta anche la pretesa del Comune di rimborso da parte della Presidenza del Consiglio di quanto versato a titolo di anticipo nel 1982.

Avverso detta pronuncia propongono ricorso per cassazione gli eredi di P.G., sulla base di due motivi.

Si difendono con controricorso il Comune e la Presidenza del Consiglio, Dipartimento della Protezione civile, che ha proposto ricorso incidentale, affidato ad un motivo; i P. ed il Comune hanno depositato controricorso a ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo del ricorso principale, i P. denunciano contraddittorietà di motivazione su un punto decisivo della sentenza, per avere la Corte del merito ritenuto la prescrizione del credito, incorrendo in palese contraddittorietà, riferendo gli atti posti in essere dal Sindaco (il contratto d’appalto) agli organi di Governo,e ritenendo i successivi atti della Giunta quali interni alla P.A., come tali inidonei ad interrompere la prescrizione, mentre, dalla paritetica valenza di tali atti, consegue l’effetto interruttivo sia della Delib. 2 dicembre 1982, che di quella del 26/2/1992.

1.2.- Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c.: l’importo dei lavori, e quindi il credito fatto valere dal P., è stato deliberato dalla Giunta il 26/2/1992, ed allora sono interruttive della prescrizione la lettera inoltrata al Sindaco il 14/2/97 e l’ingiunzione di cui al d.i. del Tribunale di Napoli del 1/4/97, così come la Delib. 2 dicembre 1982 e Delib. 26 febbraio 1992;

inoltre, non risulta correttamente sollevata dalla Protezione civile l’eccezione in oggetto, per mancata “tipizzazione” della stessa.

2.1.- Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Protezione civile, denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 75 e 112 c.p.c., L. n. 219 del 1981, art. 80, e segg., del D.L. n. 244 del 1995, art. 22, convertito nella L. n. 341 del 1995; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

Secondo la ricorrente incidentale, la gestione del fondo di cui si tratta è stata assegnata direttamente al Comune su delibera del CIPE, ed era riferibile solo al Comune, come comprovato dal fatto che il contratto del 29/7/1982 è stato stipulato dal Sindaco in proprio, e non quale Ufficiale di Governo.

3.1.- I due ricorsi, principale ed incidentale, vanno riuniti, ex art. 335 c.p.c..

3.2.- L’eccezione di inammissibilità del ricorso principale, per difetto di jus postulandi, sollevata dalla difesa del Comune, e comunque rilevabile d’ufficio, è fondata.

Ai sensi dell’art. 365 c.p.c., il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto ” a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo, munito di procura speciale”.

Le Sezioni unite, nella pronuncia n. 22119 del 2004, hanno affermato, seguendo la precedente più recente giurisprudenza, che la procura apposta a margine od in calce al ricorso per cassazione deve considerarsi, alvo diversa manifestazione di volontà, conferita per il giudizio di cassazione, in quanto, costituendo un corpo unico con l’atto cui inerisce, “esprime necessariamente il suo riferimento a questo, e garantisce così il requisito della specialità del mandato al difensore, restando ininfluente la mancanza nel testo della procura di uno specifico riferimento al giudizio di legittimità” (e vedi in senso conforme, tra tante, le successive pronunce 26048/05, 26233/05, 5481/06, 9493/07 e 10539/07).

In forza di detto orientamento, aderente al principio interpretativo di conservazione dell’atto, va pertanto ritenuta la specialità della procura, nel caso in cui nella stessa siano presenti mere espressioni generiche o sia omesso ogni riferimento al provvedimento impugnato ed al giudizio di legittimità; a diversa conclusione si deve invece pervenire nel caso in cui siano riscontrabili nella procura alle liti espressioni incompatibili con la specialità richiesta, ed anzi univocamente riferibili ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali, che, pertanto, inducono in modo inequivoco ad escludere la volontà di proporre ricorso per cassazione (sul principio,vedi le pronunce 22381/04, 15607/06, 11741/07).

Nel caso di specie, nella procura apposta a margine del ricorso principale, è fatto riferimento agli atti conseguenti e successivi “al presente procedimento…compreso il grado di appello nonchè la fase esecutiva e l’eventuale giudizio di opposizione…”, vengono conferiti al difensore poteri propri dei giudizi di merito (deferimento del giuramento, di transigere e conciliare la lite, chiamare terzi in causa), v’è riferimento alla proposizione del ricorso per fallimento ed alla desistenza dallo stesso, e viene eletto domicilio presso lo studio dell’avvocato, neppure indicato nel mandato come sito in Roma.

Il contenuto della procura, come sopra riportato, si appalesa contrario alla specialità richiesta dall’art. 365 c.p.c., alla stregua del chiaro collegamento tra il “presente procedimento” e gli atti successivi, con esplicita indicazione del grado d’appello, del tutto incompatibile con la volontà di conferire il mandato per il giudizio di legittimità, oltre che nel riferimento ai poteri propri del difensore nei gradi di merito, e nella carenza dell’elezione di domicilio in Roma, considerata come elemento favorevole alla specialità della procura(in tal senso, le pronunce 16594/05 e 1954/09, in relazione peraltro a mandato conferito limitatamente al “presente giudizio in ogni fase e grado”).

3.2.- Dall’inammissibilità del ricorso principale consegue, ex art. 334 c.p.c., comma 2, l’inefficacia dell’impugnazione incidentale, da ritenersi tardiva, siccome proposta decorso il termine lungo per l’impugnazione della sentenza della Corte d’appello, depositata il 1/7/2004.

La natura della presente pronuncia giustifica la compensazione delle spese di lite tra tutte le parti.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso principale, inefficace il ricorso incidentale; compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2011

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