Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22627 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. III, 16/10/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 16/10/2020), n.22627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 05512/2019 proposto da:

EDILIZIA BRASILIA di D.T.I. & C. S.R.L., in persona del

legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in ROMA,

alla via TACITO n. 41, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DI

CIOMMO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FLAVIO

MUSTO;

– ricorrente –

contro

PAM PANORAMA S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica,

elettivamente domiciliato in ROMA, alla via A. VESALIO, n. 22,

presso lo studio dell’avvocato NATALE IRTI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PAOLA CARAMELLA;

– controricorrente –

e contro

D.T.B.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 01388/2018 della CORTE d’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 11/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. Cristiano Valle, osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1) La Edilizia Brasilia S.n.c. di (oggi Edilizia Brasilia di D.T.I. & C. S.r.l.) con scrittura privata del 24/06/1986, registrata il successivo 26/06/1986, concesse in locazione alla CO. VE. AL. S.r.l., alla quale successivamente subentrarono Prima Superal T S.r.l. e quindi PAM Panorama S.p.a., dei locali, in (OMISSIS), per uso commerciale.

A seguito di lavori non autorizzati da parte della conduttrice, la locatrice si avvalse della clausola risolutiva espressa, di cui al contratto suddetto, ed ottenne nei confronti della stessa, statuizione di risarcimento dei danni in forza della clausola compromissoria, di cui pure al contratto di locazione.

1.1) Instaurata azione in giudizio, nel febbraio 2002, della conduttrice Supermercati PAM davanti al Tribunale di l’Aquila per le trattative per la cessione d’azienda, Edilizia Brasilia S.r.l. fece valere in via riconvenzionale un’ulteriore pretesa risarcitoria in forza di clausola penale di cui alla scrittura privata del 18/12/1986, integrativa dell’originario contratto di locazione.

La domanda venne accolta dal Tribunale di L’Aquila, con sentenza non definitiva e successivamente con quella definitiva.

1.2) La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza n. 00798 del 26/08/2013, resa su impugnazione della PAM S.p.a., ribaltò la decisione ritenendo che nulla ancora fosse dovuto all’Edilizia Brasilia S.r.l. ritenendo che il Lodo arbitrale comprendesse entrambe le voci di cui all’art. 1591 c.c.

La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Edilizia S.r.l. e il ricorso è stato rigettato da questa Corte (Cass. n. 14360 del 14/07/2016).

1.3) La stessa sentenza d’appello n. 00798 del 2013 venne impugnata per revocazione, rigettata dalla Corte di L’Aquila con la sentenza n. 01388 del 11/07/2018, qui impugnata.

Il ricorso dell’Edilizia Brasilia s.r.l. è affidato a sei motivi.

Resiste con controricorso PAM S.p.a.

D.T.B. è rimasto intimato.

1.4) Il P.G. non ha depositato conclusioni.

1.5) Edilizia Brasilia S.r.l. e PAM S.p.a. hanno presentato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) Il primo motivo di ricorso deduce: nullità della sentenza e (o) del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c..

2.1) Il secondo motivo afferma nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c..

2.2) Il terzo mezzo prospetta violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 n relazione all’art. 395 c.p.c., n. 4 nonchè violazione o falsa applicazione da considerarsi subordinatamente anche per la nullità della sentenza e (o) del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

2.3) Il quarto motivo deduce nullità della sentenza per art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, art. 118 disp. att. c.p.c.

2.4) Il quinto motivo afferma nullità della sentenza e (o) del procedimento ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c.

2.5) Infine, il sesto ed ultimo motivo deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in relazione alla qualificazione, data dalle Parti, della liquidazione delle voci di danno previste nel Lodo quale indennizzo per l’occupazione sine titulo dei locali nonchè quale maggior danno ex art. 1591 c.c., prima e seconda parte.

3) Ai fini dello scrutinio dei mezzi di ricorso, che, sebbene separatamente proposti attengono tutti al risarcimento del danno accordato dal Lodo arbitrale del 1996 all’Edilizia Brasilia S.r.l., occorre rilevare che è incontroverso tra le parti, e la stessa Corte di Appello di l’Aquila, nella sentenza qui impugnata, più volte lo mette in evidenza e lo ribadisce, che il Lodo sottoscritto il 20/05/1996, in esecuzione della clausola compromissoria contenuta nel contratto di locazione del 24/06/1986 in forza dell’integrazione di esso disposta nel dicembre dello stesso anno 1986, e che venne azionato ai sensi dell’art. 20 del detto contratto da Edilizia Brasilia S.r.l., non venne impugnato da alcuna delle parti, neppure con riferimento alla pronuncia degli arbitri al di fuori della competenza loro attribuita dalla clausola compromissoria.

Sul punto è agevole riscontrare che Edilizia Brasilia S.r.l. intese avvalersi della clausola risolutiva e chiese la condanna della Co. VE. AL. S.r.l., allora conduttrice, al risarcimento dei danni subiti per l’occupazione senza titolo dei locali.

Il collegio arbitrale dichiarò risolto di diritto il contratto di locazione per inadempimento della conduttrice, divenuta Superai T s.r.l., e la condannò al risarcimento del danno che la Corte territoriale ha ritenuto scindersi in due distinte voci di danno, per il ritardo nella riconsegna dell’immobile pari a lire trecento milioni per ogni anno di detenzione, quale canone massimo desumibile dal valore dell’immobile e l’indennità mensile di lire venticinque milioni per ogni mese di ritardo nella riconsegna.

Il collegio arbitrale ha, quindi, pronunciato senza che vi fosse stata una specifica domanda della Edilizia Brasilia S.r.l. ma ha comunque riconosciuto alla stessa il maggior danno di cui all’art. 1591 c.c. Ciò sarebbe di per sè solo bastevole a ritenere inammissibili, ancor prima che infondate, le violazioni contestate in questa sede, in quanto la statuizione del collegio arbitrale è oramai passata in giudicato e non risulta più suscettibile di essere rimessa in discussione, nè con riferimento ai titoli risarcitori riconosciuti nè avuto riguardo al loro ammontare.

Le questioni sollevate nei sei motivi di ricorso sono, per la maggior parte, attinenti all’interpretazione del lodo arbitrale – ovvero concernono il comportamento delle parti ad esso successivo (al fine di trarne argomento nel senso della sussistenza del prospettato errore revocatorio) -, che, tuttavia, come già prospettato, non è stato mai impugnato da alcuna delle parti come risulta chiaramente dalle sentenze della Corte di L’Aquila qui in scrutinio.

3.1) Esaminandoli, per quanto possibile, partitamente il Collegio ritiene che: il primo ed il secondo motivo di ricorso per cassazione possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi.

I mezzi non confutano adeguatamente l’affermazione della Corte territoriale, sull’insussistenza nel ragionamento compiuto dalla sentenza dinanzi ad essa impugnata per revocazione, dell’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4.

La sentenza in scrutinio afferma che errore revocatorio è quello, di tutta evidenza, riconoscibile immediatamente dal confronto tra gli atti e il provvedimento giudiziale. La sentenza impugnata ne afferma l’insussistenza in quanto quel che Edilizia Brasilia S.r.l. censurava con la domanda in revocazione era l’interpretazione della Corte di L’Aquila sul Lodo, passato in giudicato, reso nel 1996 e giunge alla conclusione che quel che l’azione censurava era la risoluzione di una questione di diritto e non di fatto, rimanendo, quindi, esclusa dall’ambito della revocazione di cui al n. 4 dell’art. 395 c.p.c. La sentenza in esame ha, inoltre, richiamato, nella motivazione, la giurisprudenza nomofilattica in tema di vizio revocatorio di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4 (Sez. U n. 23306 del 16/11/2016, non massimata sul punto ma rilevante per le affermazioni contenute in motivazione: “l’errore revocatorio consiste allora in una falsa percezione della realtà, in un errore, cioè, obbiettivamente ed immediatamente rilevabile, che attiene all’accertamento o alla ricostruzione della verità o non verità di specifici dati empirici, idonei a dar conto di un accadimento esterno al processo, al quale un soggetto dell’ordinamento intende ricollegare effetti giuridici a sè favorevoli, all’esito della sua sussunzione entro una fattispecie generale ed astratta determinata: l’errore deve, allora, apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o – meno che mai – di indagini o procedimenti ermeneutici (fin da Cass. Sez. Un., 10 agosto 2000, n. 561; tra le molte altre, per tutte: Cass. 1 marzo 2005, n. 4295; Cass., 18 settembre 2008, n. 23856; Cass. Sez. Un., 7 marzo 2016, n. 4413). Pertanto, l’errore revocatorio non può articolarsi nella deduzione di un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali (integrando tale inesatto apprezzamento, semmai, il detto vizio logico deducibile secondo il previgente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5: Cass., 20 febbraio 2006, n. 3652; Cass., ord. 11 febbraio 2009, n. 3365; Cass., ord. 29 aprile 2016, n. 8472)”.

4) Il terzo mezzo è inammissibile. Esso tende nuovamente ad evidenziare, cumulando censure di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 (quest’ultima proposta in subordine), discrasie relative all’interpretazione data dalla sentenza impugnata al dispositivo del Lodo del 1996, che, come già scritto, non è stato impugnato nella sede competente ed è passato in giudicato. L’interpretazione offertane dalla Corte d’appello non rientra nell’ambito del motivo revocatorio di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4. La risalente dottrina esclude che l’errore revocatorio di cui al n. 4 possa aversi ogni qualvolta il giudice abbia risolto una questione in un senso o nell’altro, ossia vi sia stata valutazione, seppur minima, di fatti, e non semplice disamina di essi.

Con riferimento alla censura relativa all’interpretazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4 si ribadisce, inoltre, quando appena scritto avuto riguardo ai primi due motivi di ricorso, ove richiamata la giurisprudenza nomofilattica di questa Corte.

5) Il quarto ed il quinto mezzo possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi, poichè entrambi concernono la data di decorrenza dell’obbligo risarcitorio relativo ai venticinque milioni di Lire. Essi sono entrambi inammissibili.

5.1) I motivi censurano la sentenza d’appello per avere essa rigettato la domanda di revocazione affermando che l’obbligo risarcitorio relativo alla seconda voce di danno, quella relativa ai venticinque milioni al mese, doveva essere adempiuto dalla data di un’ulteriore emananda sentenza, che in realtà non vi era stata. Anche in questo caso non sussisterebbe, come correttamente rilevato dalla difesa della controricorrente, errore revocatorio, sebbene, e semmai, diversa imputazione della posta risarcitoria, che comunque ricomprenderebbe, ai sensi dell’art. 1591 c.c., sia il danno da ritardo nella riconsegna che il maggior danno e, quindi in ogni caso la sentenza in esame non sarebbe affetta da alcun vizio revocatorio. Il refuso, o comunque inesatto riferimento ad un’ulteriore (emananda) sentenza deriva, in realtà, dalla trascrizione delle difese della Edilizia Brasilia s.r.l. nelle fasi di merito e, in ogni caso, l’erronea individuazione della data di decorrenza dell’obbligo di corresponsione di venticinque milioni di Lire al mese (sulla quale il Lodo arbitrale nulla afferma) concreterebbe un errore di interpretazione e non di fatto, esulando, pertanto, dal perimetro di rilevanza dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

E’ opportuno chiarire che il riferimento al vizio revocatorio in discorso, operato dalla sentenza di questa Corte tra le stesse parti (Cass. n. 14360 del 2016) non affermava che detto vizio fosse fondato, ma prospettava che se del caso, la pronuncia della Corte di appello potesse (e, quindi, si era nel campo delle possibilità) essere censurata in revocazione ed anzi, rilevava, conformemente alla prospettazione di Edilizia Brasilia S.r.l., che la domanda di revocazione era stata proposta alla Corte di Appello di L’Aquila, ma non ne affermava (anche perchè non poteva farlo) la fondatezza, tracciando in ogni caso una netta distinzione (alle pagg. 7 e 8) tra motivo di ricorso per cassazione ed errore revocatorio.

E’, peraltro, incontroverso che anche la richiamata sentenza di questa Corte parte dal presupposto che il Lodo arbitrale del 1996 non è stato mai impugnato da alcuna delle parti ed ha, pertanto, acquisito forza di giudicato, potendosi, quindi, se del caso discorrerete di interpretazione del giudicato (esterno).

6) Il sesto motivo è inammissibile in quanto portato per la prima volta alla cognizione giudiziale, o, quantomeno, non supportato dal riferimento di dove e quando la questione che in esso si prospetta sarebbe stata portata alla cognizione del giudice di merito, quantomeno con riferimento alla sua attinenza al dedotto motivo di revocazione. Esso, inoltre, deduce questioni attinenti all’esecuzione del lodo, ossia le modalità con cui esso è stato eseguito e, ancora una volta, come i precedenti mezzi, chiede che mediante un ragionamento inferenziale sia colto un errore di fatto che, per ciò solo tale non può essere.

Il motivo, inoltre, non individua un fatto specifico determinato, come richiede l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, secondo l’interpretazione corrente (Sez. U n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830-01 e 629831-01), ma una serie di atti e fatti quali precetti, pagamenti ed imputazioni di essi.

7) Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

8) Le spese seguono la soccombenza dell’Edilizia Brasilia S.r.l. e sono liquidate, tenuto conto del valore della controversia, come da dispositivo. Nulla spese nei confronti di D.T.B., che non ha svolto attività difensiva.

9) Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in Euro venticinquemila, oltre Euro duecento per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge;

compensa tra le parti le spese di questo giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione sezione Terza civile, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

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