Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22627 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 10/09/2019, (ud. 05/03/2019, dep. 10/09/2019), n.22627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 21003-2015 proposto da:

FINDOMESTIC BANCA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 332, presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DE MAJO, rappresentata e difesa

dall’avvocato VITTORIO BECHI;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato ENRICO LUBERTO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA CONTE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 154/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 12/03/2015 R.G.N. 213/2014.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. La Corte di appello di Firenze, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, ha dichiarato ammissibile ai sensi della L. n. 183 del 2010, art. 32, e ss.mm. la domanda giudiziaria con la quale M.A. ha chiesto che si accertasse l’illegittimità dei contratti di somministrazione intercorsi con la Adecco s.p.a. per l’attività di call center in favore della Findomestic Banca s.p.a. e, in accoglimento della stessa, ha accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della Banca che ha condannato al pagamento di un’ indennità risarcitoria quantificata in dodici mensilità di retribuzione.

2. La Corte territoriale, per quanto qui interessa, in adesione a quanto affermato dalla Cassazione con la sentenza n. 9203 del 23 aprile 2014, ha ritenuto che il differimento al 31.12.2011 della decadenza prevista dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32 comma 1 bis introdotto dal D.L. 29 dicembre 2010, n. 225 e convertito con L. 26 febbraio 2011 n. 10 riguardasse tutti gli ambiti di novità previsti dalla norma e dunque anche il termine di 270 giorni previsto per la proposizione dell’azione giudiziaria. Conseguentemente ha accertato che il ricorrente non era decaduto dalla facoltà di impugnare ed ha esaminato la sua domanda accogliendola nei termini sopra indicati.

3. Per la Cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Findomestic Banca s.p.a. affidato ad un unico motivo cui ha resistito con controricorso M.A. che ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

4. Con l’unico motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 delle preleggi, L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Per effetto dell’entrata in vigore della disposizione si doveva impugnare il contratto entro sessanta giorni e poi proporre l’azione giudiziaria nei successivi 270 giorni invece l’impugnazione è antecedente alla L. n. 183 del 2010 e l’azione è successiva ai 270 gg. Sostiene che la proroga non si applica ai contratti di somministrazione a tempo determinato ma solo ai licenziamenti.

5. Il ricorso è infondato.

5. La L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 1 bis, introdotto dal D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, convertito dalla L. 26 febbraio 2011, n. 10, nel prevedere “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell’entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato la L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 6 e dunque non solo l’estensione dell’onere di impugnativa stragiudiziale ad ipotesi in precedenza non contemplate, ma anche l’inefficacia di tale impugnativa, prevista dal comma 2 del medesimo art. 6 anche per le ipotesi già in precedenza soggette al relativo onere, per l’omesso deposito, nel termine di decadenza stabilito. del ricorso giudiziale o della richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato (cfr. Cass. 27/03/2017 n. 7788). Ne consegue che perciò la decadenza e la conseguente proroga trovano applicazione ai contratti a termine in somministrazione cessati o stipulati prima della data di entrata in vigore della legge stessa (24 novembre 2010), senza la necessità di una specifica previsione di deroga all’art. 11 preleggi, atteso che la nuova norma non ha modificato la disciplina del fatto generatore del diritto ma solo il suo contenuto di poteri e facoltà, suscettibili di nuova regolamentazione perchè ontologicamente e funzionalmente distinti da esso e non ancora consumati, dovendosi pertanto escludere ogni profilo di retroattività; nè l’introduzione del nuovo termine di decadenza con efficacia “ex nunc” determina una violazione dell’art. 24 Cost., art. 47 della Carta dei diritti fondamentali della UE o 6 e 13 della CEDU, essendo stato assicurato un ambito temporale quantitativamente congruo per la conoscibilità della nuova disciplina, attesa la proroga disposta “in sede di prima applicazione” dal citato comma 1- bis. (cfr. anche Cass. 28/01/2019 n. 2283 e 08/02/2016 n. 2420).

6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese della società ricorrente che sono liquidate nella misura indicata in dispositivo e devono essere distratte in favore degli avvocati Luberto e Conte che se ne sono dichiarati antistatari. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge. Spese da distrarsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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