Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22626 del 08/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 08/11/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 08/11/2016), n.22626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15684-2014 proposto da:

TELECOM ITALIA SPA (OMISSIS) in persona della Dott.ssa T.A.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 12, presso lo studio

dell’avvocato FABRIZIO BADO’, che la rappresenta e difende giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.R., FI.L COPING BANK SRL IN LIQUIDAZIONE, L.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE IPPOCRATE 104, presso lo

studio dell’avvocato CARLO BOGINO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARIO MILONE giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3327/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2016 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito l’Avvocato FABRIZIO BADO’;

udito l’Avvocato CARLO BOGINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 25 marzo 2002, la Fi.l. Copyng Bank s.r.l. convenne in giudizio la Telecom Italia s.p.a. dinanzi al Tribunale di Roma per inadempimento, esponendo di aver stipulato in data 20 dicembre 1995 un contratto avente ad oggetto la fruizione del supporto di rete Audiotex, contratto che aveva avuto regolare esecuzione, eccetto che per il pagamento relativo al bimestre ottobre-novembre 2000, avendo omesso Telecom di fornire i dati per la corretta emissione della fattura e di corrispondere i compensi dovuti per tale periodo e ne domandò la condanna al risarcimento del danno.

La convenuta costituitasi in giudizio chiese il rigetto della domanda ex adverso formulata ed eccepì ex art. 1460 c.c. che relativamente al bimestre in contestazione il traffico telefonico fosse stato generato in modo illecito e fraudolento e di essersi pertanto avvalsa della facoltà, contrattualmente stabilita (art. 14) di sospendere i relativi pagamenti.

Nel corso del giudizio, spiegò intervento volontario adesivo autonomo rispetto alle posizioni della ricorrente, la ditta Global di So.On..

Il Tribunale di Roma, esaminata la produzione documentale ed espletata una consulenza tecnica finalizzata ad accertare l’entità del traffico telefonico complessivo nel periodo oggetto di causa, accolse la domanda e condannò Telecom Italia al pagamento nei confronti di Fi.l. Copyng Bank al pagamento della somma di Euro 295.763,55, oltre interessi. Respinse la domanda di risarcimento del danno, dichiarò inammissibile l’intervento in giudizio della ditta Global di So.On. e statuì sulle spese compensandole per un terzo.

La Corte di appello di Roma rigettò sia l’appello principale sia quello incidentale, confermando l’impugnata sentenza e statuendo sulle spese.

Per quanto ancora rileva, la Corte di merito decise sulla base dei seguenti rilievi:

– all’esito dell’istruttoria è emerso che il traffico anomalo era esiguo: Euro 12.928,17 più Euro 350,38 più Euro 44,32 a fronte di Euro 309.175,42 e, precisamente, pari al 4,18% del traffico riferito al bimestre;

– Telecom non ha fornito la prova che l’asserito traffico anomalo non abbia formato oggetto di fatturazione nei confronti della clientela e che i corrispettivi richiesti da Telecom non siano stati versati dai clienti per tale ragione;

– Telecom avrebbe dovuto fondare l’eccezione di inadempimento su due concomitanti presupposti: da un lato, la mancata rilevazione dell’anomalia del traffico da parte di Fi.l. Copyng Bank, dall’altro, l’omessa richiesta o esazione del corrispettivo di tali servizi da parte di Telecom Italia dai clienti;

Inoltre, la Corte di Appello ritenne che se effettivamente il traffico fosse stato generato in modo illecito e fraudolento non è dubitabile che Telecom Italia avrebbe omesso di richiederne il corrispettivo ai clienti e che non sarebbe verosimile l’assunto secondo cui “solo a causa della mancata conservazione dei dati amministrativi – per ragione di legge privacy – non si è potuto accertare il mancato incasso presso gli utenti finali delle bollette conseguenti al traffico diretto ai codici 166 di Fi.l. Copyng”. Ciò anzi farebbe presumere che Telecom Italia abbia comunque richiesto il corrispettivo ai clienti non ritenendo evidentemente che il traffico fosse stato generato in modo illecito o fraudolento.

Avverso questa sentenza, Telecom Italia ha proposto ricorso per cassazione articolato in 2 motivi.

Ha resistito con controricorso Fi.l. Copyng Bank.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. in relazione all’art. 360c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte di appello, aderendo integralmente alla decisione di prime cure, abbia sostenuto come l’eccezione di inadempimento mossa da Telecom avrebbe dovuto essere accompagnata da due concomitanti presupposti: da un lato, la mancata rilevazione dell’anomalia del traffico da parte di Fi.l. Copyng Bank, dall’altro, l’omessa richiesta o esazione del corrispettivo di tali servizi da parte di Telecom Italia dai clienti; lamentando, inoltre, la illogicità e la irragionevolezza delle conclusioni della Corte che, pur ritenendo sussistenti e provati i presupposti per l’applicazione dell’art. 1460 c.c., l’avrebbe comunque condannata a pagare una somma di denaro, sulla base della mancanza di prova circa l’incasso del corrispettivo da parte di Telecom presso i clienti finali in relazione al traffico anomalo o meglio, su un giudizio di non verosimiglianza espresso dalla Corte di appello in merito a tale incasso. La ricorrente ha pure evidenziato una ulteriore violazione dell’art. 1460 c.c. in relazione all’asserito mancato rispetto da parte di Fi.l. Copyng Bank dei canoni di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto imposti dagli artt. 1175 e 1375 c.c. che avrebbe giustificato il diritto di Telecom di paralizzare la pretesa di adempimento.

2. Con il secondo motivo la ricorrente ha lamentato, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. sul presupposto che la prova del fatto costitutivo del credito graverebbe in capo a Fi.l. Copyng Bank (tenuto conto che avendo esercitato Telecom la facoltà di sospendere l’esecuzione del contratto a fronte di una asserita anomalia nel traffico telefonico, la stessa Fi.l. Copyng Bank avrebbe dovuto, per inversione dell’onere della prova, provare il proprio credito).

3. Il primo motivo non è fondato in quanto non sussiste la dedotta violazione dell’art. 1460 c.c..

La norma codicistica disciplina la facoltà di ciascuna delle parti di un contratto a prestazione corrispettive di rifiutarsi di adempiere la propria obbligazione se l’altra parte non adempie o non offre di adempiere; facoltà che trova fondamento nell’esigenza di fornire ai contraenti un rimedio contro il rischio dell’inadempimento altrui, rimedio teso a garantire l’eguaglianza delle posizioni delle parti nell’esecuzione del contratto (Cass. Sez. 2 29.04.1982 n. 2708).

Nel caso di specie, la Corte di merito con motivazione priva di vizi logici e incensurabile in questa sede, ha accertato che il rifiuto di esecuzione del contratto (eccepito da Telecom) non trovava concreta giustificazione nel rapporto tra prestazioni ineseguite e prestazioni rifiutate.

In particolare, la Corte di merito, facendo propria la motivazione del giudice di prime cure, ha dato debitamente atto che dalla documentazione esaminata e dalla consulenza tecnica espletata era emerso che il traffico telefonico anomalo era esiguo, pari al 4,18 per cento del traffico telefonico riferito al bimestre considerato.

Sulla base di questi accertamenti e osservazioni la Corte di appello ha ritenuto conformemente al dettato dell’art. 1460 c.c. – non legittimo il rifiuto di Telecom di adempiere la propria prestazione a fronte dell’inadempimento contestatele da FI.L.Copyng.

In proposito, questa Corte ha affermato che il giudice ove venga proposta dalla parte l’eccezione inadempleti non est adimplendum deve procedere ad una valutazione comparativa degli opposti inadempimenti avuto riguardo anche alla loro proporzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse, per cui qualora rilevi che l’inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l’eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altra parte a norma dell’art. 1455 c.c., deve ritenersi che il rifiuto di quest’ultima di adempiere la propria obbligazione non sia di buona fede e quindi non sia giustificato ai sensi dell’art. 1460 c.c., comma 2 (Cass. Sez. 2, 3 luglio 2000, n.8880).

La Corte di appello ha operato questa valutazione riportandosi integralmente alla motivazione del giudice di prime cure secondo cui “le competenze del Centro Servizi per il bimestre Ottobre 2000 – Novembre 2000 ammontano ad Euro 309.175,42 (importo già decurtato delle competenze Telecom Italia e delle eccedenze IVA) sempre nello stesso periodo l’ammontare del traffico citato nelle denunce penali attribuibile a FILCOPYNG è di Euro 89 (competenze FILCOPYNG ovvero importo già decurtato delle competenze Telecom e delle eccedenze IVA) mentre l’ammontare del traffico anomalo individuato dal CTU (nell’intero rapporto intercorso tra le parti) è di Euro 12.928,17 (competenze FILCOPYNG ovvero importo già decurtato delle competenze Telecom e delle eccedenze IVA)”. In particolare, ha condiviso la motivazione resa dal giudice di prime cure in proposito rilevando che “stante l’esiguo quantitativo di traffico definito anomalo non sussistono le censure sollevate dalla convenuta la quale imputa all’attrice l’inadempimento degli obblighi di comportamento secondo buona fede previsti nell’esecuzione del rapporto contrattuale; che tali risultanze comportano la possibilità di giustificare il mancato pagamento da parte della convenuta limitatamente ai predetti importi a fronte del credito totale maturato dall’attrice come accertato dal CTU nella misura complessiva di Euro 309.175,42 rilevandosi altresì che Telecom non ha fornito alcuna specifica ed analitica prova in relazione al dedotto mancato incasso di importi da pagare degli utenti finali”.

La Corte ha anche adeguatamente motivato in ordine alle obiezioni e agli assunti difensivi di Telecom secondo cui “solo a causa della mancata conservazione dei dati amministrativi – per ragione di legge privacy – non si è potuto accertare il mancato incasso presso gli utenti finali delle bollette conseguenti al traffico diretto ai codice 166 di FI.L.Copyng”. In proposito, difatti, ha ritenuto, per un verso, che se effettivamente il traffico fosse stato generato in modo illecito e fraudolento, la attuale ricorrente avrebbe omesso di chiederne il corrispettivo ai clienti e, ancora, ha affermato che il preteso mancato accertamento farebbe presumere che Telecom Italia abbia chiesto comunque il corrispettivo ai clienti, non ritenendo evidentemente che il traffico fosse stato generato in modo illecito o fraudolento.

Nell’ambito di questa ricostruzione, peraltro, l’ulteriore violazione lamentata dell’art. 1460 c.c. per mancato rispetto dei canoni di buona fede sanciti dagli artt. 1175 e 1375 c.c. imputato a FI.L. Copyng, è del tutto infondata e comunque esclusa dall’istruttoria esperita.

4. Va rigettato anche il secondo motivo del ricorso perchè non fondato.

Telecom Italia lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per essere stata condannata a corrispondere a FI.L Copyng il controvalore del traffico telefonico de quo sulla scorta del mancato assolvimento dell’onere probatorio circa l’anomalia del traffico telefonico indirizzato ai codici 166 Audiotel, venendo onerata della prova di un fatto costitutivo del credito che, al contrario, sarebbe dovuto gravare sulla resistente che ha agito per ottenerne il pagamento.

Questa Corte, nel giudizio di risarcimento danni per inadempimento contrattuale, qualora il convenuto sollevi l’eccezione di inadempimento, al fine di stabilire il riparto dell’onere probatorio, ha più volte affermato che: “In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 cod. civ. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poichè il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento, perchè l’eccezione si fonda sull’allegazione dell’inadempimento di un’obbligazione, al quale il debitore di quest’ultima dovrà contrapporre la prova del fatto estintivo costituito dall’esatto adempimento” (da ultimo, Cass. Sez. 3, 20 gennaio 2015, n. 826).

Correttamente il giudice di appello ha quindi delibato in ordine ai principi di riparto dell’onere probatorio, muovendo dal necessario bilanciamento tra i contrapposti inadempimenti e rilevando in tale ottica, legittimamente, che Telecom Italia non ha fornito la prova che l’asserito traffico anomalo non abbia formato oggetto di fatturazione nei confronti della clientela e che i corrispettivi richiesti da Telecom Italia non siano stati versati dai clienti proprio per questa ragione.

Nè incide su tale decisione assunta dal giudice di merito, la motivazione resa in tema di eccezione di inadempimento ovvero che essa si sarebbe dovuta fondare su due concomitanti presupposti: da un lato, la mancata rilevazione dell’anomalia del traffico da parte di FI.L.Copyng, dall’altro, l’omessa richiesta o esazione del corrispettivo di tali servizi da parte di Telecom ai clienti.

Va del resto considerato che tanto l’interpretazione delle domande e delle eccezioni delle parti, quanto la valutazione dell’entità dell’inadempimento rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito dalla cui ricostruzione in fatto emerge che la dedotta anomalia e illiceità del traffico telefonico su cui Telecom ha fondato la propria eccezione si è rilevata del tutto esigua all’esito della istruttoria esperita e tale da giustificare soltanto la decurtazione dal compenso complessivo dovuto a FI.L. Copyng le somme ritenute il controvalore del presunto traffico illecito, come correttamente rilevato dai giudici del merito.

5. Ne discende il rigetto di tutti e due i motivi del ricorso.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro ivi compresi Euro 12.200,00, di cui Euro 900,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2016

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