Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22625 del 31/10/2011

Cassazione civile sez. I, 31/10/2011, (ud. 06/07/2011, dep. 31/10/2011), n.22625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 25657 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2008 proposto da:

C.I. (c.f. (OMISSIS)), C.R. e

A.G., elettivamente domiciliate in Roma, alla Via Po n.

25 b, presso l’avv. SAMENGO Alfredo e rappresentate e difese, per

procura a margine del ricorso, dall’avv. Giuseppe De Luca di Cosenza;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI COSENZA, in persona del sindaco, in appello già

elettivamente domiciliato in Catanzaro alla Via Turco 71, presso

l’avv. Paola Garofano e rappresentato e difeso dall’avv. ROSSELLI

Agostino dell’ufficio legale dell’ente.

2) AGENZIA SOCOGEST 28, in persona dell’amministratore del condominio

(OMISSIS); in appello già elettivamente domiciliato in

Cosenza, alla Via dei Mille (Pal. Cundari), presso l’avv. Vincenzo

Maradei difensore domiciliatario.

3) T.M., liquidatore della soc. coop. edil a r.l. Silva

81, elettivamente domiciliata in Cosenza presso l’avv. Vincenzo

Maradei, all’indirizzo che precede;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n. 703/07 del

3 – 29 agosto 2007.

Udita la relazione del Cons. Dr. Fabrizio Forte e sentito il P.M. Dr.

CESQUI Elisabetta, che conclude per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza n. 703/07 di cui in epigrafe la Corte di appello di Catanzaro, in riforma della decisione del Tribunale di Cosenza n. 453/02, che l’aveva accolta, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno da occupazione appropriativa proposta da I. e C.R. e da A.G. nei confronti del Comune di Cosenza e della Cooperativa edilizia “Silva 81” a r.l., ritenendo tempestivo e valido il decreto del 19 giugno 1987, che aveva espropriato le aree delle attrici, inserite nel locale P.e.e.p. approvato ai sensi della L. 18 aprile 1962, n. 167, con D.M. Lavori Pubblici 18 giugno 1968 e riportate, nel C.T. di Cosenza, alla Partita 3772, F. 3, P.la 182, quella della A. e alla Partita 3773, F. 3, P.la 183, quella delle due C., terreni nei quali la Cooperativa si era immessa in possesso autorizzata da D.P. Giunta Regionale 20 febbraio 1982, n. 393, per un periodo di quattro anni, con scadenza a febbraio 1986.

Il Tribunale, sulla base della scadenza del piano attuativo e della connessa dichiarazione di pubblica utilità delle opere in esso previste, aveva ritenuto tardivo il decreto di esproprio del 18 giugno 1987 ed aveva accolto la domanda, condannando in solido Comune e cooperativa convenuti a pagare, a titolo risarcitorio, Euro 30.226,12 ad A.G. ed Euro 3.225,55 a I. e C.R., con la indennità di occupazione legittima di Euro 7.556,55 in favore della prima delle espropriate e di Euro 831,89 in favore delle altre.

Sull’appello del Comune, notificato solo alle originarie attrici e a seguito di integrazione del contraddittorio nei confronti della Silva 81, cooperativa edilizia a r.l., dopo che il gravame era stato notificato ad un soggetto che si pretendeva successore di tale cooperativa, cioè l’Agenzia Socogest 80, si costituiva in giudizio T.M., quale liquidatore e legale rappresentante della società cooperativa cancellata dal registro delle imprese e da ritenere a suo avviso estinta e priva di legittimazione processuale.

La Corte d’appello ha rilevato anzitutto che la L. 1 marzo 1985, n. 42, art. 1 bis di conversione del D.L. 22 dicembre 1984, n. 901, aveva sancito che i P.e.e.p. in scadenza entro il 31 dicembre 1987 potevano essere portati a compimento se, entro sei mesi dalla scadenza, si fossero adottati atti o iniziati procedimenti preordinati alla acquisizione delle aree.

Accogliendo il gravame del Comune, i giudici hanno ritenuto che il decreto di proroga dell’occupazione del Presidente della Provincia di Cosenza del 18 gennaio 1986 n, 14, aveva determinato, prima della scadenza dei termini di cui alla L. n. 42 del 1985, art. 1 bis, un atto preordinato all’acquisizione delle aree, che consentiva di dare compimento al piano dopo la scadenza dell’occupazione legittima, come accaduto con il decreto di espropriazione del 18 giugno 1987 da considerare legittimo, perchè emesso nella vigenza della dichiarazione di pubblica utilità del Piano di edilizia economica e popolare, durante la fase di occupazione di urgenza prorogata per legge di un anno dopo la scadenza del febbraio 1987, ai sensi della citata L. n. 42 del 1985, art. 1, comma 5 bis.

Il carattere automatico della proroga di legge di cui sopra negato in primo grado, ha causato l’accoglimento del gravame con rigetto della domanda delle attrici, a cui avviso il decreto di espropriazione era intempestivo e illegittimo per cui il Comune di Cosenza e la cooperativa erano tenuti al risarcimento in loro favore.

Già in primo grado sia il Comune di Cosenza che la soc. coop. Silva 81 avevano invano eccepito il loro difetto di legittimazione passiva, per avere il primo interamente delegato alla concessionaria Cooperativa edilizia a r.l. Silvia 81 le procedure ablatorie e per avere la delegata dedotto che la sua materiale apprensione delle aree era da ritenere conclusa tempestivamente e legittimamente con il decreto espropriativo del 18 giugno 1987, tenendo conto delle proroghe automatiche di cui alla L. n. 42 del 1985, art. 1, comma 5 bis, di conversione del D.L. n. 901 del 1984, così come quelle disposte con il D.L. n. 534 del 1987, convertito nella L. n. 47 del 1988, a differenza delle precedenti proroghe previste da altre leggi.

La mancata impugnazione della condanna al pagamento della indennità di occupazione legittima da parte del Comune di Cosenza e della società cooperativa in liquidazione rendeva definitiva la condanna al pagamento di tali indennità da parte del Tribunale, potendosi compensare interamente le spese di entrambi i gradi di merito tra le parti e quelle di appello tra il Comune di Cosenza e la Agenzia Socogest 28, erroneamente evocata in causa nel secondo grado, con esclusione delle spese di consulenza tecnica già liquidate in primo grado per la metà a carico della società e dell’ente locale convenuto e per l’altra metà a carico dell’ A. e delle C..

Per la cassazione di tale sentenza del 29 agosto 2007 non notificata, propongono ricorso le due C. e l’ A. con atto notificato il 27 ottobre 2008 al difensore del Comune di Cosenza presso il domiciliatario in Catanzaro e con altri atti notificati alla stessa data nella cancelleria della Corte d’appello di Catanzaro, al difensore della Agenzia Socogest 28, secondo i giudici di merito erroneamente evocata in causa, e ai due avvocati difensori di T.M., quale liquidatrice della soc. coop. Silva 81 a r.l.; nessuno degli intimati si è difeso in questa sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso le C. e la A. denunciano violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. 1 marzo 1985, n. 42, art. 1, comma 5 bis, art. 1 bis, di conversione del D.L. 24 dicembre 1984, n. 901, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che la proroga della occupazione legittima di cui a questa ultima norma speciale, si aggiungesse a quella disposta dal presidente della Provincia di Cosenza con il suo provvedimento dell’8 gennaio 1986, per cui doveva considerarsi intempestivo e illegittimo il decreto di espropriazione del giugno 1987.

Ad avviso delle ricorrenti, nel caso, non poteva applicarsi la L. n. 42 del 1985, art. 1, comma 5 bis, relativo alle proroghe delle occupazioni in corso, ma il solo art. 1 bis della stessa legge, che regolamenta specificamente i piani di edilizia economica e popolare e, per la sua specialità, era da ritenere esso solo applicabile alla fattispecie.

Il legislatore aveva espressamente autorizzato il compimento dei piani sopra indicati anche se scaduti, sempre che le operazioni tendenti all’acquisizione dei suoli, fossero iniziate entro sei mesi dalla scadenza del piano, la cui durata era stata prorogata dagli originari dieci anni a diciotto anni dalla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 51, con norma da leggere restrittivamente per l’ampliamento dei tempi di vincolo in essa previsto in danno della proprietà privata.

1.2. Il ricorso è fondato.

Invero alla data della scadenza del P.e.e.p. fissata al 18 giugno 1986 era in corso l’occupazione preordinata all’esproprio prorogata a cinque anni con decreto del Presidente della Provincia del 18 gennaio 1986 che ne comportava la scadenza al 20 febbraio 1987.

Come afferma la sentenza impugnata, il decreto sopra indicato prorogava “di mesi dodici dalla loro scadenza i termini per il completamento dei lavori e della procedura espropriativa” fissando “il 20 febbraio 1987” come “nuovo termine di scadenza”, per convertire “l’occupazione temporanea… in definitiva” (la sentenza riporta tra le indicate virgolette il contenuto del provvedimento amministrativo di proroga dell’occupazione e dei termini di cui sopra).

La Corte di merito ha ritenuto applicabile alla fattispecie, nella quale era in corso l’occupazione legittima preordinata all’esproprio delle aree oggetto di causa il 10 marzo 1985, data di entrata in vigore della L. n. 42 del 1985 (cfr. art. 2), con scadenza della stessa al 20 febbraio 1986 poi prorogata di un anno con atto amministrativo del 18 gennaio 1986, contenente la proroga di dodici mesi dei termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13, fino al 20 febbraio 1987.

La proroga automatica ed ex lege di un anno dell’occupazione stessa di cui alla L. n. 42 del 1985, art. 1, comma 5 bis, nel corso della quale è intervenuto il decreto di esproprio del 18 giugno 1987, comunque non rende legittimo questo atto ablativo, emesso oltre i termini di chiusura dei lavori previsti nel richiamato atto amministrativo a febbraio dello stesso anno.

La sentenza di questa Corte n. 4428 del 21 febbraio 2008 richiamata in ricorso riguarda una fattispecie diversa dalla presente, sia pure relativa ad una vicenda espropriativi subita dalle stesse parti ricorrenti in questa sede. In quella ipotesi infatti ben oltre il termine di sei mesi dalla scadenza del P.e.e.p. di Cosenza fu stabilita la proroga dei termini per la procedura espropriativa e per i lavori, con la conseguenza che era inapplicabile la norma che consentiva il completamento del piano di edilizia economica e popolare; nella presente fattispecie, la proroga di dodici mesi dei termini di cui all’art. 13, invece di farsi decorrere dalla scadenza del piano (18 giugno 1986) si è fissata a partire dalla data di cessazione dell’occupazione legittima da prorogare (20 febbraio 1986), stabilendo i termini finali della procedura espropriativa e dei lavori al 20 febbraio 1987, come espressamente afferma il decreto del Presidente della Provincia sopra richiamato.

Pertanto i nuovi termini finali di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13, si sono fissati prima della scadenza del Piano di edilizia economica e popolare con il decreto del 18 gennaio 1986, che ha prolungato di dodici mesi la scadenza dell’originaria occupazione quadriennale del 20 febbraio 1982; in seguito, la proroga legale dell’occupazione di un anno fino al 20 febbraio 1987 alla stessa data del 1988 non comporta il prolungamento del termine per la conclusione della procedura espropriativa che doveva terminare alla data prevista nel provvedimento del Presidente della Provincia (20 febbraio 1978) ed invece si è chiusa con decreto ablatorio del 18 giugno 1987.

E’ esatto quanto rileva la sentenza di merito in ordine alla dichiarazione di pubblica utilità tacitamente prorogata con il Piano di edilizia economica e popolare a diciotto anni e quindi fino al 18 giugno 1986, con potere di completare l’attuazione del piano dando inizio entro sei mesi da tale scadenza ai procedimenti preordinati all’acquisizione delle aree necessarie agli interventi di edilizia economica e popolare, ma la fissazione del termine finale dei lavori prevista nell’atto amministrativo comunque ostava alla emissione del decreto di esproprio oltre tale termine, con conseguente illegittimità dell’atto ablatorio disapplicabile, come già si era deciso dal Tribunale.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto e la sentenza deve essere cassata; non essendo necessari altri accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’appello del Comune e la conferma della sentenza del Tribunale.

Per la soccombenza, le spese dell’intero giudizio devono porsi a carico dell’ente locale e della cooperativa a r.l. Silva 81 in liquidazione che, in solido, dovranno rimborsarle alle due C. e all’ A., nulla disponendosi in ordine alla Agenzia socogest 28, erroneamente evocata in causa in appello e che in sede di legittimità non ha svolto difese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso di I. e C.R. e di A.G. nei confronti del Comune di Cosenza 28 e della soc. coop. a r.l. Silva 81, in liquidazione in persona della liquidatrice T.M. e cassa la sentenza impugnata.

Decidendo nel merito la causa, condanna in solido il Comune di Cosenza e la cooperativa in liquidazione a pagare, a titolo di risarcimento del danno, Euro 30.226,12 (trentamiladuecentoventisei/00) alla controricorrente A. ed Euro 3.225,55 (tremiladuecentocinquantacinque/00) alle due C., con la ulteriore rivalutazione e gli interessi dal dicembre 2003 al saldo, ferma restando la determinazione delle indennità di occupazione della sentenza del Tribunale di Cosenza n. 453 del 2002, non impugnata su tale punto. Condanna il Comune di Cosenza e la coop. a r.l. in liquidazione a rimborsare in solido ad A.G. e a I. e C.R., le spese da loro sostenute nel giudizio di primo grado, che liquida in Euro 5.200,00 (cinquemiladuecento/00) di cui Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari, Euro 1.000,00 (mille/00) per diritti e il resto per esborsi, oltre ai compensi e spese per il c.t.u. nominato in quel grado, le spese del giudizio di appello, che liquida in Euro 6.200,00 (seimiladuecento/00), di cui Euro 4.700,00 (quattromilasettecento/00) per onorari ed Euro 1.100,00 (millecento/00) per diritti e quelle del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.200,00 (quattromiladuecento/00), dei quali Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2011

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