Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22624 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/09/2017, (ud. 19/07/2017, dep.27/09/2017),  n. 22624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6129/2017 R.G. proposto da:

B.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Riziero Angeletti,

con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile

della Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

PREFETTO DI RIETI e MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimati –

avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Rieti depositata il 2

agosto 2016;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 luglio

2017 dal Consigliere Guido Mercolino.

Fatto

RILEVATO

che B.G. ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi, avverso l’ordinanza del 2 agosto 2016, con cui il Giudice di pace di Rieti ha rigettato l’opposizione da lui proposta avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Rieti il 30 gennaio 2015;

che il Prefetto ed il Ministero dell’interno non hanno svolto attività difensiva;

che il Collegio ha deliberato, ai sensi del decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016, che la motivazione dell’ordinanza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente deduce la nullità del decreto di espulsione, in quanto non tradotto in lingua albanese, non risultando plausibile l’attestazione dell’impossibilità della traduzione, avuto riguardo alla consistenza dell’immigrazione albanese in Italia, e non potendo presumersi la conoscenza della lingua italiana sulla base delle indicazioni riportate nel c.d. foglio notizie e della durata della sua permanenza in Italia;

che la censura è inammissibile, in quanto, nell’invocare il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che subordina la legittimità della traduzione del decreto di espulsione in lingua veicolare all’accertata impossibilità di predisporre un testo nella lingua conosciuta dallo straniero per la sua rarità, ovvero all’inidoneità di tal testo alla comunicazione della decisione in concreto assunta (cfr. Cass., Sez. 6, 23/09/2015, n. 18749; 14/07/2015, n. 14733; 8/03/2012, n. 3676), non attinge la ratio dell’ordinanza impugnata, la quale ha ritenuto legittima la comunicazione effettuata (non già in lingua veicolare, ma) in lingua italiana, in virtù dell’accertata conoscenza della stessa da parte del destinatario del provvedimento (cfr. Cass., Sez. 6, 13/03/2017, n. 2374);

che con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13 censurando l’ordinanza impugnata per aver ritenuto legittima l’espulsione in virtù della mancata impugnazione del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, senza verificare la persistenza delle condizioni fattuali e giuridiche di tale provvedimento, che costituivano il presupposto necessario per l’esercizio del potere di espulsione;

che con il terzo motivo il ricorrente lamenta la perplessità della motivazione, osservando che, nel ricollegare l’espulsione al diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, l’ordinanza impugnata è incorsa in contraddizione, avendo precisato, nel contempo, che tale diniego non è espressamente previsto dalla legge come causa di espulsione;

che, in tema di espulsione amministrativa dello straniero, questa Corte ha ripetutamente affermato il principio, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, secondo cui la ricorrenza dell’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b), (trattenimento illegale nel territorio dello Stato), comporta l’emissione del decreto di espulsione con carattere di automaticità (salvo il solo caso di tardiva presentazione della domanda di rinnovo del titolo di soggiorno), con esclusione di qualsivoglia potere discrezionale del prefetto al riguardo (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 6, 5/05/2016, n. 8984; Cass., Sez. 1, 24/03/2006, n. 6670; 25/02/2004, n. 3746);

che tra le ipotesi di trattenimento illegale nel territorio dello Stato va indubbiamente annoverata anche quella in cui il permesso di soggiorno sia scaduto e l’Autorità competente ne abbia negato il rinnovo a causa dell’accertata pericolosità sociale dell’istante (nella specie, pacificamente sottoposto dapprima alla misura cautelare degli arresti domiciliari per gravi reati, e in seguito tratto in arresto per evasione), con la conseguente esclusione del potere di valutare ulteriormente la sussistenza dei presupposti per l’espulsione;

che correttamente, pertanto, l’ordinanza impugnata ha richiamato il principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in sede di opposizione al decreto di espulsione il Giudice ordinario è tenuto unicamente a controllare l’assenza del permesso di soggiorno perchè non richiesto (in assenza di cause di giustificazione), revocato, annullato ovvero non rinnovato, mentre è preclusa ogni valutazione, anche ai fini dell’eventuale disapplicazione, in ordine alla legittimità del relativo provvedimento del questore, trattandosi di sindacato spettante unicamente al Giudice amministrativo, la cui decisione non costituisce in alcun modo un antecedente logico rispetto a quella sul decreto di espulsione, con la conseguenza che anche la pendenza del giudizio amministrativo non giustifica la sospensione di quello dinanzi al Giudice ordinario, attesa la carenza di un nesso di pregiudizialità giuridica necessaria (cfr. Cass., Sez. 6, 22/06/2016, n. 12976; Cass., Sez. 1, 6/08/2010, n. 18432; Cass., Sez. Un., 16/10/2006, n. 22217);

che il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione degl’intimati;

che, trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

rigetta il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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