Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22624 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. III, 16/10/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 16/10/2020), n.22624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35595-2018 proposto da:

BANCA AGRICOLA COMMERCIALE SPA, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA SARDEGNA 29, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO VASI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SANDRO TURINI;

– ricorrente –

contro

UBI BANCA SPA, CASSA RISPARMIO REPUBBLICA SAN MARINO SPA,

S.R., S.E.;

– intimati –

Nonchè da:

UBI BANCA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VAL GARDENA

3, presso lo studio dell’avvocato LUCIO DE ANGELIS, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati EDOARDO STAUNOVO

POLACCO, GIORGIO TARZIA;

– ricorrenti incidentali –

e contro

BANCA AGRICOLA COMMERCIALE SPA, CASSA RISPARMIO REPUBBLICA SAN MARINO

SPA, S.R., S.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2377/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 26/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

 

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 7 gennaio 2010, Centrobanca S.p.A. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Rimini, E. e S.R., la Banca Agricola Commerciale della Repubblica di San Marino S.p.A. e la Cassa di Risparmio della Repubblica San Marino, esponendo di avere concesso alla S.p.A. Photoshop Retail, in data 30 novembre 2000, un finanziamento di 1.000.000 di Euro da rimborsare in rate trimestrali e che si erano costituiti fideiussori di tale società, E. e S.R.. Aggiungeva che, a causa del mancato pagamento, aveva ottenuto dal Tribunale di Rimini un decreto ingiuntivo in data 2 marzo 2009 per l’importo di Euro 828.932,64 oltre accessori, non opposto e divenuto esecutivo. Lamentava di avere appreso che, nelle more, i fideiussori avevano concesso ipoteche sui beni immobili di loro proprietà, a favore di due istituti di credito di (OMISSIS): la Banca Agricola Commerciale e la Cassa di Risparmio, sino alla concorrenza di 5 milioni di Euro, a garanzia di debiti derivanti da conto corrente e finanziamenti contratti dal debitore principale, S.p.A. Punto Retail, oltre che da PuntoShop s.p.a. e da Boomerang s.r.l.. La concessione di tali ipoteche avrebbe reso incapiente il patrimonio immobiliare dei debitori. La garanzia, successiva al sorgere dei crediti, doveva considerarsi prestata a titolo gratuito, con conseguente applicazione del regime probatorio previsto all’art. 2910 c.c., comma 1 n. 2. Tutto ciò premesso, chiedeva revocarsi, ai sensi dell’art. 2901 c.c., il predetto atto di consenso alla concessione di ipoteca, del 31 ottobre 2008. Si costituivano E. e S.R., deducendo di avere agito in buona fede giacchè le due banche avevano garantito che l’ipoteca volontaria sarebbe stata estesa a favore di tutti i creditori. La Banca Agricola Commerciale eccepiva il difetto di prova dell’anteriorità del credito vantato dall’attrice, poichè il contratto di finanziamento prodotto da Centrobanca era privo di data certa, nonchè il difetto del requisito dell’eventus damni, dal momento che, contestualmente all’atto di consenso, i fideiussori avevano ottenuto dalle banche l’impegno ad estendere i benefici ipotecari a tutti i creditori ai quali avessero prestato fideiussione. La garanzia in questione, poi, doveva ritenersi a carattere oneroso, trattandosi di atto collegato all’impegno assunto dalle due banche ad estendere i benefici ipotecari agli altri creditori e a nuovi finanziamenti in favore della S.r.l. Puntoshop RSM. Si costituiva Cassa di Risparmio, eccependo il difetto di data certa della fideiussione, la mancanza di consilium fraudis, poichè le banche avevano garantito l’estensione della garanzia a tutti i creditori e l’assenza dell’eventus damni, non essendo certo che le ipoteche avessero pregiudicato le ragioni dell’attrice;

con sentenza del 15 gennaio 2013, il Tribunale di Rimini respingeva la domanda di Centrobanca ritenendo che l’attrice non avesse fornito la prova dell’anteriorità del contratto di finanziamento, asseritamente stipulato il 30 novembre 2007, in quanto l’originale del contratto, recante la data di registrazione, era stato prodotto in giudizio dopo il decorso dei termini per le memorie di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, mentre la copia depositata, unitamente alla seconda memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, presentava solo la data di registrazione, ma non anche il capitolato allegato;

avverso tale sentenza proponeva appello Centrobanca, con atto di citazione del 19 aprile 2013, lamentando la mancata valutazione della scrittura originale prodotta, erroneamente ritenuta nuova, mentre si trattava del contratto di cui era stata precedentemente depositata la copia, aggiungendo che la data non era mai stata contestata dai sottoscrittori. Si costituiva Banca Agricola Commerciale rilevando le difformità tra le diverse copie dei contratti dell’originale prodotti in primo grado, spiegando appello incidentale per il capo relativo alle spese legali. Si costituiva, altresì, Cassa di Risparmio, eccependo la tardività della produzione dell’originale del capitolato, l’applicabilità dell’art. 1957 c.c. e conseguente estinzione della fideiussione perchè la banca creditrice non aveva continuato le istanze nei confronti dei debitori. E. e S.R. restavano contumaci;

la Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 26 settembre 2018, accoglieva l’appello principale proposto da Centrobanca, dichiarava inefficaci, nei confronti di quest’ultima, l’atto di consenso di concessione di ipoteca del 31 ottobre 2008 e le conseguenti iscrizioni ipotecarie, respingeva l’appello incidentale e provvedeva sulle spese, ponendo quelle di entrambi i gradi di giudizio a carico degli appellati in solido;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Banca Agricola Commerciale S.p.A. affidandosi a tre motivi. Resiste UBI Banca S.p.A., quale società incorporante Centrobanca S.p.A. con controricorso e ricorso incidentale condizionato che illustra con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione agli artt. 2704 e 2719 c.c. La Corte avrebbe errato nel ritenere necessario il disconoscimento della conformità della fotocopia del contratto prodotta con l’atto di citazione all’originale. Al contrario, trattandosi di copia di documento privo di data certa sarebbe stato necessario accertare tale elemento, con conseguente inapplicabilità dell’obbligo di disconoscimento tempestivo previsto dall’art. 2719 c.c.;

con il secondo motivo si lamenta la violazione di tale ultima disposizione oltre che degli artt. 2727 e 2729 c.c., con riferimento alla fotocopia del secondo testo del contratto, prodotta da Centrobanca con la seconda memoria dell’art. 183 c.p.c., comma 6. Con tale ultima memoria è stato riprodotto il contenuto del medesimo contratto esibito in copia con la citazione, ma con gli estremi della registrazione. Tale seconda copia è stata tempestivamente disconosciuta nella sua conformità all’originale. Il disconoscimento si è reso necessario per le differenze rilevate tra i due documenti in copia (quello depositato con l’atto introduttivo e quello prodotto in occasione della seconda memoria dell’art. 183 c.p.c.) che riguarderebbero la posizione dei timbri e delle sottoscrizioni. Tali differenze sono state accertate dalla Corte d’Appello che non le ha ritenute rilevanti, sulla base di una presunzione fondata su una errata applicazione dell’art. 2727 c.c. In sostanza, il giudice di appello avrebbe ritenuto come fatto noto che gli originali del contratto fossero quattro e tale indicazione sarebbe stata tratta dal contenuto stesso dei due documenti in copia contestati. Ma tale ricostruzione sarebbe errata, poichè il fatto noto si fonda esclusivamente sul contenuto di quelle copie fotostatiche contestate;

con il terzo motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi art. 360 c.p.c., n. 5, avendo la Corte territoriale ritenuto irrilevanti le differenze tra i documenti, con una argomentazione fondata esclusivamente sul posizionamento di timbri e firme. Al contrario, l’odierna ricorrente avrebbe evidenziato il profilo rilevante della mancanza di alcune sottoscrizioni. In particolare, si tratterebbe di due sigle presenti nel documento n. 13 ed assenti nel documento n. 1. Inoltre, l’assenza del “capitolato delle condizioni e pattuizioni generali del contratto di finanziamento” costituirebbe un ulteriore elemento dal quale trarre la mancanza di corrispondenza all’originale, della copia fotostatica prodotta;

il primo motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi poichè la Corte territoriale ha precisato che l’art. 2719 c.c. trova applicazione, sia nell’ipotesi di disconoscimento della conformità della copia al suo originale, sia con riferimento al disconoscimento dell’autenticità della scrittura, con conseguente applicazione dagli artt. 214 e 215 c.p.c. riguardo alla necessità di contestare la copia fotostatica alla prima udienza ovvero nella prima risposta successiva alla produzione. Tale argomentazione non è contestata dalla ricorrente, secondo cui, invece, la verifica preliminare rispetto ai termini stessi di decadenza dal disconoscimento, riguarderebbe l’accertamento della data dell’atto ai sensi dell’art. 2901 c.c.

ma anche prescindendo da ciò, è evidente che la questione relativa alla certezza della data riguarda l’opponibilità ai terzi degli effetti negoziali della scrittura privata e non il fatto storico dell’esistenza del negozio giuridico e attiene, pertanto, ad un momento successivo, relativo all’ampiezza degli effetti della scrittura oggetto di contestazione;

il secondo motivo è superato dall’infondatezza della prima censura, poichè nel momento in cui si conferma la correttezza della decisione della Corte territoriale secondo cui l’odierna ricorrente avrebbe dovuto contestare tempestivamente la conformità della fotocopia del contratto all’originale, con la comparsa di costituzione, è evidente che le ragioni che avrebbero giustificato il disconoscimento tardivamente fatto valere con la memoria ex art. 183 c.p.c., n. 3, comma 6 restano irrilevanti;

infatti, le censure avrebbero dovuto riguardare esclusivamente l’elemento di novità rispetto al documento esibito con l’atto di citazione e cioè quello relativo alla data riferita alla registrazione presso l’ufficio delle entrate di Milano (12 febbraio 2008);

in ogni caso, le specifiche ragioni del disconoscimento, che riguarderebbero sia il posizionamento dei timbri e delle firme, sia l’esistenza stessa di due sigle (nei termini descritti a pagina 8 del ricorso, che sembra richiamare la memoria ex art. 183 c.p.c., n. 2) sono dedotte in violazione l’art. 366 c.p.c., n. 6. In particolare, con ciò anticipando anche quanto è oggetto del terzo motivo di ricorso, la banca fa riferimento ad una serie di elementi divergenti, tra cui la numerazione dell’esemplare, il posizionamento del timbro, alcune sottoscrizioni e la presenza di “due sigle che non compaiono nel documento n. 1” e che sarebbero presenti nel documento n. 13. Ma tali atti non sono trascritti, allegati o comunque localizzati all’interno del fascicolo di legittimità e ciò non consente a questa Corte di operare una qualsiasi valutazione, soprattutto per quanto attiene il profilo della rilevanza del contenuto dei documenti menzionati in ricorso (la posizione ovvero la esistenza delle “due sigle”);

l’ulteriore doglianza relativa all’errata applicazione dell’art. 2727 c.c. in tema di presunzioni (la Corte territoriale avrebbe tratto il “fatto noto” da un documento depositato in copia e contestato) è destituita di fondamento per una pluralità di ragioni. In primo luogo perchè la violazione dell’art. 2727 c.c. non è dedotta così come richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte anche a Sezioni Unite (Sez. U, Sentenza n. 1785 del 2018). La deduzione del vizio di falsa applicazione dell’art. 2727 c.c. e art. 2729 c.c., comma 1, suppone un’attività argomentativa che si deve estrinsecare nella puntuale indicazione, enunciazione e spiegazione che il ragionamento presuntivo compiuto dal giudice di merito – assunto, però, come tale e, quindi, in facto per come è stato enunciato – risulti irrispettoso del paradigma della gravità, o di quello della precisione o di quello della concordanza. Occorre, dunque, una preliminare attività di individuazione del ragionamento asseritamente irrispettoso di uno o di tutti tali paradigmi compiuto dal giudice di merito e, quindi, è su di esso che la critica di c.d. falsa applicazione si deve innestare ed essa postula l’evidenziare in modo chiaro che quel ragionamento è stato erroneamente sussunto sotto uno o sotto tutti quei paradigmi. Di contro la critica al ragionamento presuntivo svolto da giudice di merito sfugge al concetto di falsa applicazione quando invece si concreta o in un’attività diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato dal giudice di merito, avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo (sicchè il giudice di merito è partito in definitiva da un presupposto fattuale erroneo nell’applicare il ragionamento presuntivo), o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perchè quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell’art. 2729 c.c., comma 1 (e ciò tanto se questa prospettazione sia basata sulle stesse circostanze fattuali su cui si è basato il giudice di merito, quanto se basata altresì su altre circostanze fattuali). In questi casi la critica si risolve in realtà in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti, e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio e ci si pone su un terreno che non è quello dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., comma 1), ma è quello che sollecita un controllo sulla motivazione del giudice relativa alla ricostruzione della quaestio facti:

in secondo luogo la censura tende a dimostrare che l’esistenza di quattro originali non è menzionata in nessuna delle due copie esibite dalla controparte (quella depositata con l’atto di citazione e quella, contenente anche la data, depositata con le memorie ex art. 183 c.p.c.). Ma tale affermazione è dedotta in violazione del principio di autosufficienza attesa l’omessa trascrizione o allegazione del passaggio rilevante del documento. In ogni caso, la doglianza non consente di superare le considerazioni espresse con riferimento al primo motivo, riguardo all’efficacia della copia del contratto esibita con l’atto di citazione e contenente, evidentemente, il riferimento all’esistenza di quattro originali del contratto;

quanto al terzo motivo lo stesso è inammissibile perchè non si riferisce ad un fatto storico, il cui esame sarebbe stato omesso, ma alla valutazione di un elemento istruttorio, non consentita dall’orientamento costante di questa Corte (Cass. n. 17251 del 2016). Ricorre, altresì, l’ulteriore profilo di inammissibilità già evidenziato con riferimento al motivo precedente, in quanto la questione relativa all’esistenza o alla posizione delle sigle divergenti è dedotto violazione del principio di autosufficienza del ricorso. Per il resto, sono inammissibili le censure sull’autonoma rilevanza dell’assenza del “capitolato delle condizioni pattuizioni generali del contratto di finanziamento” e ciò, sia perchè consistono nella prospettazione di una ricostruzione alternativa, più appagante per la ricorrente rispetto a quella adottata dal giudice di secondo grado e, in quanto tale, inammissibile, sia perchè si traducono in una richiesta di prova per presunzioni, ai sensi dell’art. 2729 e 2727 c.c. dedotta, per quanto si è già detto, in violazione dei criteri costantemente affermati dalla Corte di legittimità;

le considerazioni che precedono risultano assorbenti rispetto alle ragioni poste a sostegno del ricorso incidentale condizionato e ribadite in memoria, con le quali UBI Banca S.r.l. lamenta l’omesso esame del testo completo del contratto di finanziamento, rilevando che il capitolato delle condizioni e pattuizioni generali del contratto di finanziamento sarebbe stato prodotto in allegato alla fotocopia del contratto medesimo, “fin dall’inizio della causa”;

ne consegue che il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile e quello incidentale condizionato, assorbito; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza e vanno poste a carico del ricorrente principale. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) va dichiarato che sussistono i presupposti processuali per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito quello incidentale condizionato e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 20.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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