Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22623 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. III, 16/10/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 16/10/2020), n.22623

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33287-2018 proposto da:

R.A., R.M.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, L.GO DEL TEATRO VALLE 6, presso lo studio dell’avvocato

LUCIANO FILIPPO BRACCI, rappresentati e difesi dall’avvocato BRUNO

AIUDI;

– ricorrenti –

contro

INTESA SANPAOLO, elettivamente domiciliato in ROMA, L.GO DI TORRE

ARGENTINA 11, presso lo studio dell’avvocato DARIO MARTELLA, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1481/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 18/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

R.P., dante causa di A. e R.M.C., evocava in giudizio davanti al Tribunale di Pesaro la Banca Popolare dell’Adriatico S.p.A., oggi Banca dell’Adriatico S.p.A., per far dichiarare la nullità di due atti di garanzia sottoscritti in favore di tale istituto di credito, rispettivamente, in data 29 dicembre 2003 e 4 giugno 2004, con i quali il fideiussore aveva conferito alla banca il mandato a custodire e vendere titoli, costituiti da obbligazioni della banca mandataria e BTP, a garanzia degli affidamenti concessi alla S.p.A. Mapla. Secondo l’attore, le garanzie sarebbero nulle, trattandosi di fideiussioni omnibus prive dell’indicazione del limite massimo garantito, mentre il mandato a vendere sarebbe nullo per indeterminabilità del soggetto garantito. Si costituiva la banca chiedendo il rigetto della domanda;

con sentenza del 19 dicembre 2012, il Tribunale di Pesaro riteneva che le parti, mediante le citate pattuizioni, avessero costituito una garanzia atipica riferita agli affidamenti concessi dalla banca alla S.p.A. Mapla, con effetti analoghi a quelli del pegno, con conseguente inapplicabilità dell’art. 1938 c.c. Conseguentemente rigettava la domanda e compensava le spese di lite;

avverso tale decisione proponevano appello A. e R.M.C. affidandosi a quattro motivi, lamentando l’errata qualificazione del rapporto giuridico, ribadendo la indeterminabilità del credito garantito e formulando eccezioni in rito relative alla presunta tardività di nuove eccezioni. Si costituiva l’istituto di credito chiedendo il rigetto dell’impugnazione;

la Corte d’Appello di Ancona, con sentenza del 18 luglio 2018, rigettava il gravame condannando gli appellanti al pagamento delle spese di lite;

avverso tale decisione ricorrono in cassazione A. e R.M.C. affidandosi a nove motivi. Resiste con controricorso la Banca Intesa San Paolo S.p.A., incorporante per fusione la Banca dell’Adriatico S.p.A.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’eccezione di nullità del contratto per difetto di forma scritta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in quanto la Corte territoriale non avrebbe valutato gli effetti della violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 21 e 23;

con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 1322 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte territoriale non avrebbe considerato che lo schema negoziale utilizzato dalle parti (di per sè lecito, riguardo ai singoli negozi che lo compongono, ma illecito nella finalità complessiva), avrebbe consentito ad una parte di abusare della propria posizione, senza garantire il ruolo del contraente più debole;

con il terzo e quarto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, nonchè degli artt. 112,343 e 346 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 La Corte d’Appello avrebbe dichiarato inammissibile, e comunque infondato nel merito, il motivo di gravame riguardante l’inapplicabilità dell’art. 1938 c.c. ai mandati a vendere del 29 dicembre 2003 e del 4 giugno 2004. La garanzia avrebbe dovuto essere determinabile riguardo all’importo garantito e tale profilo di invalidità non sarebbe superato dalla circostanza, affermata dalla Corte territoriale, della esistenza di beni determinati;

con il quinto e sesto motivo si lamenta la violazione dell’art. 342 c.p.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, laddove la Corte d’Appello non avrebbe considerato fatti e circostanze tempestivamente dedotte, sin dal primo grado, che se esaminate, avrebbero condotto all’accoglimento della domanda. Il riferimento riguarderebbe le ragioni esposte nel giudizio di merito, riguardanti anche l’abuso del diritto e la malafede da parte dell’istituto di credito;

con il settimo e ottavo motivo si deduce la violazione del principio di buona fede, con riferimento all’assenza di rendiconto da parte dell’istituto di credito e riguardo ad una serie di violazioni che sarebbero state accertate dal consulente tecnico. Tali condotte evidenzierebbero la violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c., del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 119 e dell’art. 1713 c.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4;

con l’ultimo motivo si lamenta la violazione degli artt. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ricorrendo l’ipotesi di sentenza nulla per motivazione apparente, con specifico riferimento alle argomentazioni della Corte territoriale con le quali sarebbero stati dichiarati inammissibili il secondo ed il terzo motivo di appello relativi, rispettivamente, alla garanzia atipica limitata a beni determinati e all’inosservanza degli obblighi di diligenza da parte dell’istituto di credito;

deve darsi atto che è pervenuta in cancelleria, in data 13 febbraio 2020, la rinuncia dei ricorrenti, ritualmente sottoscritta dalle parti e dal difensore, notificata ad Intesa San Paolo S.p.A., quale parte controricorrente;

le parti ricorrenti hanno dichiarato di aver raggiunto un’intesa e dunque di rinunciare al ricorso avverso la sentenza in oggetto, a spese compensate. La dichiarazione di rinuncia al ricorso è unilaterale e ritualmente comunicata alla controparte. Il difensore di Intesa Sampaolo ha apposto il visto ai sensi dell’art. 390 c.p.c. ai sensi del quale “l’atto di rinuncia è notificato alle parti costituite o comunicato agli avvocati delle stesse, che vi appongono il visto”;

alla rinuncia al ricorso non si applica la disciplina dell’art. 306 c.p.c. sicchè essa è produttiva di effetti a prescindere dall’accettazione delle altre parti. Inoltre, essa non può considerarsi atto recettizio comportando di per sè l’estinzione del processo, mentre gli adempimenti previsti dalla norma sono finalizzati solo ad ottenere l’adesione delle altre parti e ad evitare la condanna alle spese del rinunciante ex art. 391 c.p.c. L’esito della lite costituisce un motivo sufficiente per disporre la compensazione integrale delle spese di lite;

la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (Cass. n. 19560 del 2015).

PQM

dichiara l’estinzione del processo. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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