Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22622 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. II, 10/09/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 10/09/2019), n.22622

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29166-2015 proposto da:

GOLDEN SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II n. 18,

presso lo studio dell’avvocato E ASSOCIATI STUDIO GREZ,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO MANTERO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI RIMINI, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MCAIO MARIO n. 7, presso lo studio

dell’avvocato MARIA TERESA BARBANTINI, rappresentato e difeso

dall’avvocato WILMA MARINA BERNARDI;

avverso la sentenza n. 1907/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 18/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/05/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 10.10.2000 la società Golden Srl evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Rimini il Comune di Rimini per sentir dichiarare la sua proprietà esclusiva di una particella di terreno antistante il condominio edificato dall’attrice, lato mare, o in subordine la sua intervenuta usucapione in capo all’attrice medesima. A sostegno della domanda la società allegava di aver acquistato l’immobile, con il terreno di cui è causa, dalla (OMISSIS) con atto del 1991 e che lo stesso era stato pacificamente posseduto prima di tale data dalla predetta Congregazione, e successivamente dalla società attrice, per oltre vent’anni.

Si costituiva il Comune resistendo alla domanda.

Il Tribunale, con sentenza n. 767/2008 accoglieva la domanda di accertamento dell’intervenuta usucapione, compensando le spese del grado.

Interponeva appello il Comune di Rimini e si costituiva in seconde cure la Golden Srl per resistere al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 1907/2015, la Corte di Appello di Bologna accoglieva l’appello rigettando la domanda svolta dalla società appellata, che condannava alle spese del doppio grado di giudizio. La Corte territoriale valorizzava il fatto che la Congregazione dante causa di Golden S.r.l. avesse riconsegnato l’area al Comune di Rimini nel 1985 e riteneva che non si fosse verificata, di conseguenza, alcuna accessione nel possesso, con conseguente impossibilità di ritenere compiuto il termine utile ad usucapionem.

Proponga ricorso per la cassazione di detta decisione Golden S.r.l. affidandosi a tre motivi, l’ultimo dei quali a sua volta articolato in diversi profili.

Resiste con controricorso il Comune di Rimini.

La società ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1372 e 1146 c.c., nonchè la contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte di Appello avrebbe errato nel qualificarla comproprietaria dell’area di cui è causa. Ad avviso della ricorrente sarebbe ravvisabile una contraddizione nella decisione impugnata, poichè essa avrebbe da un lato accertato che il terreno oggetto di causa era compreso nella vendita del 1991 intercorsa tra la (OMISSIS) e la Golden S.r.l., senza tuttavia far da ciò discendere l’accertamento della proprietà esclusiva del bene in capo alla società ricorrente.

Con il secondo motivo quest’ultima lamenta la nullità della sentenza per contrasto tra motivazione e dispositivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la Corte emiliana, dopo aver accertato che l’area in contestazione era compresa nella vendita del 1991 di cui anzidetto, avrebbe dovuto far da ciò derivare l’accertamento della proprietà esclusiva del predetto bene in capo a Golden S.r.l., se non altro in funzione della sua intervenuta usucapione per possesso continuato ultraventennale, esercitato prima dalla Congregazione, e poi dalla società odierna ricorrente. Inoltre, ad avviso di quest’ultima, si sarebbe formato il giudicato interno sul capo della decisione di prime cure relativo all’accertamento della proprietà esclusiva del bene in capo alla Congregazione dante causa di Golden S.r.l..

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, in subordine, l’erronea esclusione, da parte della Corte territoriale, del ventennio utile ad usucapionem, evidenziando come alla data della citazione (10.10.2000) fossero trascorsi nove anni dall’acquisto del terreno (risalente al 1991) e come prima di tale data sussistesse il possesso ultraventennale della (OMISSIS) dal 1971 al 1991. Con il secondo profilo della censura in esame -rubricato come motivo 3/A- la ricorrente lamenta poi la violazione degli artt. 2944,1158 e 1146 c.c., nonchè la contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, perchè la Corte felsinea avrebbe erroneamente attribuito effetti interruttivi della prescrizione alle richieste del 28.5.1965 e del 23.7.1965 con le quali la (OMISSIS) aveva chiesto al Comune la concessione in uso dell’area di cui è causa, senza considerare che quest’ultima (come emerge dalla sentenza impugnata) era stata recintata sin dal 1965 e che i testimoni escussi avevano confermato l’uso esclusivo del bene da parte della Congregazione delle Suore sin dalla fine degli anni ‘40. La ricorrente evidenzia inoltre che, in ogni caso, dal 1965 in poi le suore avevano pacificamente esercitato il possesso escluso dell’area e che, quindi, il ventennio utile ad usucapionem si era compiuto già prima della vendita del 1991 intercorsa tra la Congregazione e la Golden S.r.l..

Infine, con il terzo profilo della censura -rubricato come 3/B- la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1167,2944,1158 e 1146 c.c., nonchè la contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto che nel 1985 la (OMISSIS), avendo dichiarato che il terreno era “a completa disposizione del Comune di Rimini che può accedervi quanto lo voglia essendo stato rimosso quanto poteva far presumere l’uso del detto terreno patrimoniale del Comune stesso” avesse inteso rinunciare a far valere il possesso utile ad usucapionem. Secondo la ricorrente, infatti, tale dichiarazione non conterrebbe la dichiarazione della volontà di rinuncia ad avvalersi del diritto, posto che comunque la materiale riconsegna del cespite nella disponibilità del Comune non si sarebbe mai verificata.

Le censure, che per la loro connessione meritano un esame congiunto, non sono fondate.

Vanno preliminarmente dichiarate inammissibili tutte le censure riferite alla contraddittorietà della motivazione resa dalla Corte felsinea, dovendosi in proposito riaffermare il principio secondo cui – essendo il ricorso soggetto, ratione temporis, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo in vigore a seguito della novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, il vizio di motivazione deve essere interpretato “… alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

Del pari inammissibili sono le censure che si risolvono in una richiesta di riesame del fatto o dell’apprezzamento delle prove, che costituiscono ambiti riservati alla valutazione del giudice di merito (sul primo profilo cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790, mentre sul secondo cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).

Vanno invece respinte le censure relative alla presunta contraddizione in cui sarebbe incorsa -ad avviso della società ricorrente- la Corte di Appello, prima affermando che la striscia di terreno di cui si discute era compresa nella vendita del 1991, e poi escludendone la proprietà in capo a Golden S.r.l..

Ed invero con l’affermazione contenuta a pag. 6 della decisione impugnata, secondo cui “allorchè nella scrittura privata del (OMISSIS) le parti contraenti hanno indicato tra i confini dell’immobile compravenduto il lungomare (OMISSIS), tale indicazione sta a significare che la comune volontà negoziale fosse quella di trasferire in proprietà un complesso immobiliare (villa con annesso giardino) confinante, per un lato, con il lungomare. E poichè tra le particelle catastali espressamente indicate nella scrittura privata ed il confine suddetto si interpone la particella n. 1910 di cui controverte, ne consegue che anche questa è inclusa nel trasferimento” la Corte di merito ha inteso affermare esclusivamente la sussistenza della comune intenzione delle parti di includere l’area oggetto di causa nell’ambito del bene trasferito con l’atto del 1991. Sulla base di tale premessa logica la Corte bolognese ha ravvisato la sussistenza dell’interesse di Golden S.r.l. alla domanda di accertamento in concreto proposta in prime cure, che tuttavia ha poi respinto nel merito in quanto l’attrice non aveva offerto valida prova del possesso ultraventennale utile ad usucapionem.

Il Collegio non ravvisa alcun profilo di contraddizione tra le due affermazioni, posto che la prima (concernente l’intenzione delle parti di includere la particella contestata nell’ambito del più vasto cespite trasferito dalla Congregazione alla Golden S.r.l. con l’atto del 1991) è finalizzata all’esatta individuazione dell’oggetto della causa e all’apprezzamento della sussistenza dell’interesse concreto ed attuale all’azione in capo alla società attrice; mentre la seconda (relativa al rigetto della domanda stessa per difetto di prova del possesso ultraventennale del bene) inerisce al merito della pretesa e si risolve in un accertamento di fatto, basato sulla valutazione delle risultanze istruttorie acquisite agli atti del giudizio e non utilmente sindacabile, in quanto tale, in questa sede.

Peraltro occorre evidenziare che nella vendita di bene usucapito si configura sempre, in assenza di preventivo accertamento giudiziale dell’intervenuto acquisto del diritto, una operazione “a rischio”, tanto è vero che questa Corte ha affermato, in tema di responsabilità professionale del notaio rogante, il principio per cui quest’ultimo, in quanto destinatario di uno specifico obbligo di informazione e chiarimento nei confronti delle parti, “… nell’ipotesi di vendita di terreni dei quali l’alienante assuma di avere acquistato la proprietà per usucapione senza il relativo accertamento giudiziale… è tenuto a precisare nell’atto, dopo averlo accertato, che il compratore ha ben chiaro il rischio che assume con l’acquisto, mediante apposita clausola da menzionare nel quadro “D” della nota di trascrizione, al fine di segnalare altresì a terzi la carenza della pubblica fede notarile con riguardo alla provenienza dell’immobile e all’inesistenza di formalità pregiudizievoli” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 32147 del 12/12/2018, Rv. 652047).

Tutti gli altri profili di censura restano assorbiti dal rigetto di quello sin qui esaminato.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento in favore del Comune di Rimini delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.700 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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