Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22621 del 10/08/2021

Cassazione civile sez. I, 10/08/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 10/08/2021), n.22621

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 18669/2020 proposto da:

O.S., elettivamente domiciliato presso l’avvocato Simona

Maggiolini, dalla quale è rappresentato e difeso, con procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., elett.te domic.

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappres. e difende;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2956/2019 della CORTE D’APPELLO di Bologna,

depositata il 22/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/03/2021 dal Cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il Tribunale di Bologna respinse il ricorso proposto da O.S., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento della Commissione territoriale che aveva negato la domanda di protezione internazionale ed umanitaria, rilevando che l’espatrio del ricorrente era legato ad un contesto privatistico per motivi di successione e che non erano attendibili le dichiarazioni circa le minacce che lo stesso avrebbe ricevuto, perché generiche e prive dell’indicazione del persecutore. L’ O. propose appello avverso l’ordinanza del Tribunale che la Corte territoriale ha rigettato, con sentenza emessa il 22.10.19, osservando che: era da confermare la motivazione di primo grado sull’inattendibilità del ricorrente, anche evidenziando la diversità tra le dichiarazioni rese da quest’ultimo innanzi alla Commissione e quelle innanzi al Tribunale in ordine alla morte del fratello e della sorella; non poteva dirsi accertata la provenienza dell’istante; non sussistevano i presupposti della protezione internazionale e sussidiaria, anche perché, pur volendo ritenere sul punto credibile quanto riferito dal ricorrente, nella regione di asserita provenienza non vi era una situazione di conflitto indiscriminato, come desumibile dalle COI esaminate; non era riconoscibile la protezione umanitaria in mancanza dei relativi presupposti.

O.S. ricorre in cassazione con cinque motivi.

Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Il primo motivo deduce omessa pronuncia sui motivi d’appello o l’apparenza della motivazione, per violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e dell’art. 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 2729 c.c., art. 111 Cost., avendo la Corte d’appello pronunciato valorizzando la ritenuta non credibilità del ricorrente, senza peraltro attivare i poteri di cooperazione istruttoria per verificare la diffusione in (OMISSIS) di pratiche di magia nera, cui l’istante aveva fatto riferimento solo innanzi alla Commissione in ordine alle morti del fratello e della sorella, citando varie fonti.

Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 101 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost., art. 16 direttiva n. 32/13 UE, art. 2729 c.c., avendo la Corte territoriale rigettato l’impugnazione per la non motivata genericità del racconto del ricorrente e per l’inattendibilità di quest’ultimo argomentata anche con riferimento ad una divergenza tra quanto detto alla Commissione e quanto invece dichiarato innanzi al Tribunale, questione che non era mai stata sollevata in sede amministrativa e non rilevata dal Tribunale, con conseguente violazione del diritto di difesa, non avendo l’istante potuto spiegare le ragioni della suddetta divergenza. Il terzo motivo denunzia violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, artt. 8,27, nonché omesso esame di un fatto decisivo, non avendo la Corte d’appello analizzato, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, le fonti relative alla situazione della (OMISSIS) in ordine alla violazione dei diritti fondamentali e all’elevato tasso di corruzione nelle forze dell’ordine.

Il quarto motivo denunzia violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, nonché omesso esame di un fatto decisivo, avendo la Corte d’appello omesso di motivare ai fini della protezione umanitaria, facendo un generico riferimento alla giurisprudenza ma senza esaminare la situazione specifica del ricorrente.

Il quinto motivo denunzia violazione degli artt. 6, 13 Convenzione CEDU, art. 47 Carta diritti fond. UE, art. 46 direttiva n. 32/2013, art. 111 Cost., stante la mancata possibilità difensiva per il ricorrente di spiegare le rilevate difformità delle dichiarazioni rese.

Il ricorso va rigettato.

Preliminarmente, va rilevato che il ricorso, notificato il 24 giugno 2020, è tempestivo, in quanto alla scadenza del semestre (art. 327) del 22 aprile 2020 dalla pubblicazione della sentenza impugnata, vanno aggiunti infatti i 2 mesi e 3 giorni della sospensione di cui ai D.L. n. 11 del 2020 e D.L. N. 23 del 2020 (dal 9 marzo compreso all’11 maggio), per cui la scadenza del termine dell’impugnazione cadeva il 25 giugno 2020, ultimo giorno utile.

Il primo motivo è infondato avendo la Corte d’appello pronunciato su ogni motivo d’impugnazione, con adeguata motivazione.

Il secondo motivo è infondato. Invero occorre disattendere la censura di violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, in quanto la non credibilità del richiedente era stata già affermata dal Tribunale e dalla Commissione, quindi non si trattava di questione nuova.

Il terzo motivo è inammissibile, in quanto diretto al riesame dei fatti inerenti alla protezione sussidiaria, avendo la Corte d’appello escluso che nella regione di provenienza del ricorrente vi fosse una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, sulla base dell’esame di COI.

Il quarto motivo è inammissibile, perché l’integrazione sociale è affermata dal ricorrente sulla base di circostanze del tutto generiche, di cui non è dato apprezzare la decisività.

Il quinto motivo è parimenti inammissibile, sia perché esprime una generica doglianza relativa all’effettivo esercizio del diritto di difesa circa le incoerenze rilevate nelle dichiarazioni del ricorrente senza indicare gli specifici fatti processuali di cui si duole, sia perché ripropone la doglianza sull’omesso esame degli elementi di fatto allegati, tendente al riesame dei fatti.

Nulla per le spese, poiché il Ministero non ha depositato il controricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2021

 

 

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