Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22620 del 08/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 08/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 08/11/2016), n.22620

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29823-2014 proposto da:

L.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE

ACERO 2-A, presso lo studio dell’avvocato GINO BAZZANI,

rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALINO PAVONE giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GROTTAMINARDA in persona del Sindaco legale rappresentante

p.t., elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA 19,

presso lo studio dell’avvocato MICHELINO LUISE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARMINE MONACO giusta procura speciale in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1926/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 02/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2016 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito l’Avvocato PASQUALINO PAVONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

i. La Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Ariano Irpino ha condannato L.M.L. alla restituzione, in favore del Comune di Grottaminarda, del kartodromo comunale.

A sostegno della decisione d’appello, la corte territoriale, qualificato il rapporto alla stregua di una concessione di pubblico servizio, ha escluso l’applicabilità della disciplina relativa alla locazione di immobili urbani invocata dalla L., disponendo la restituzione del bene in ragione dell’intervenuta scadenza del rapporto concessorio.

2. Avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione L.M.L. sulla base di un unico, benchè articolato, motivo d’impugnazione.

3. Ha depositato controricorso il Comune di Grottaminarda, concludendo per il rigetto del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con il motivo d’impugnazione proposto, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 657 e ss. c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente escluso l’avvenuta compromissione dei diritti della difesa a seguito dell’adozione del rito locatizio in luogo di quello ordinario, pur a seguito della qualificazione del rapporto oggetto d’esame quale concessione di pubblico servizio, avuto riguardo all’assoluta assenza di riferimenti, nel quadro della motivazione della sentenza impugnata, ai fatti processualmente rilevanti ai fini della decisione, nonchè in relazione ai limiti imposti dall’adozione del rito locatizio, ratione materiae, ai contenuti delle domande e delle eccezioni delle parti.

Sotto altro profilo, la ricorrente si duole della violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte territoriale (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 2), la dove ha ritenuto di superare la questione relativa al riparto di giurisdizione pur avendo accertato la pendenza del medesimo procedimento dinanzi al giudice amministrativo.

4.1. Il motivo è infondato.

Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’introduzione del processo con forme diverse da quelle proprie integra un motivo d’impugnazione solo ove sia dedotto che tale errore abbia comportato la lesione del diritto di difesa, e non inficia la validità degli atti posti in essere secondo le regole del procedimento impropriamente utilizzato, in quanto il rito non costituisce condizione necessaria perchè il giudice possa decidere nel merito la causa (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 22075 del 17/10/2014, Rv. 633130).

Nel caso di specie, osserva il collegio come l’odierna ricorrente si sia limitata a individuare, quali asserite compromissioni ai propri diritti di difesa, pretesi vizi della sentenza impugnata che, se da un lato non attengono in modo specifico al tema del pregiudizio delle prerogative processuali della parte (con particolare riferimento alle immotivate censure riferite al contenuto della decisione contestata), sotto altro profilo non trovano alcun riscontro in termini formali, dovendo recisamente escludersi che la struttura formale del rito locatizio valga a imporre particolari o specifici limiti di contenuto (e conseguenti sanzioni d’inammissibilità) al tenore degli argomenti difensivi prospettabili dalle parti.

Varrà rilevare, peraltro, come, avendo la ricorrente insistito sul presunto carattere pregiudizievole dell’introduzione del giudizio con le forma dell’intimazione per convalida, nessuna concreta lesione può ritenersi effettivamente derivata a carico della parte intimata, non avendo il giudice in quella sede assunto alcun provvedimento provvisorio in suo danno.

Quanto al preteso vizio consistito nell’asseritamente illegittimo superamento della questione relativa al riparto di giurisdizione (pur a seguito dell’accertamento della pendenza del medesimo procedimento dinanzi al giudice amministrativo), è appena il caso di rilevare come la corte territoriale abbia correttamente sottolineato l’avvenuto superamento della questione relativa alla giurisdizione a seguito della decisione del regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla L., con la quale le Sezioni Unite di questa Corte (con ordinanza n. 8978/2012) hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, essendosi il Comune di Grottaminarda limitato a richiedere il rilascio del bene per esaurimento del rapporto originato dall’aggiudicazione, con la conseguente irrilevanza di ogni questione attinente il rapporto concessorio, costituente un mero antecedente di fatto ormai esaurito.

5. Le argomentazioni che precedono, nel confermare l’insussistenza dei vizi denunciati dalla ricorrente a carico della sentenza impugnata, impongono la pronuncia del rigetto del ricorso e la conseguente condanna della ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità il favore del comune controricorrente, nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in Euro 1.650,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2016

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