Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22618 del 25/09/2018

Cassazione civile sez. II, 25/09/2018, (ud. 08/03/2018, dep. 25/09/2018), n.22618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13341-2014 proposto da:

FONDAZIONE RELIGIONS FREE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L.

CARO 62, presso lo studio dell’avvocato SIMONE CICCOTTI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL VIMINALE

43, presso lo studio dell’avvocato ETTORE MARIA CERASA,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO ZACCAGNINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 627/2014 del TRIBUNALE di LUCCA, depositata il

16/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/03/2018 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

RILEVATO

che il tribunale di Lucca, riformando la sentenza del giudice di pace di Viareggio, ha revocato (perchè basato su fattura non corredata da copia autentica delle scritture contabili dell’emittente) il decreto ingiuntivo emesso dal primo giudice nei confronti della Fondazione Religions Free per il pagamento al dott. S.G. di servizi informatici relativi alla realizzazione di siti internet e, al contempo, ha condannato la Fondazione al pagamento in favore del dott. S. di Euro 1.560 a titolo di corrispettivo di dette prestazioni, disattendendo l’eccezione di incompetenza territoriale del giudice di pace di Viareggio che la Fondazione aveva sollevato in primo grado e reiterato in appello;

che la suddetta sentenza è stata impugnata per cassazione dalla Fondazione Religions Free, sulla scorta di due motivi;

che il dott. S. ha depositato controricorso;

che la causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio dell’8 marzo 2018, per la quale entrambe le parti hanno depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 2, la società ricorrente censura la sentenza gravata per avere il tribunale disatteso l’eccezione di incompetenza territoriale del giudice di pace di Viareggio;

che al riguardo la ricorrente deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, nella specie non sarebbe stato applicabile il foro del creditore, giacchè il credito azionato in giudizio – avente ad oggetto compensi professionali il cui ammontare non era stato convenuto tra le parti (ed era stato liquidato dallo stesso tribunale) non poteva ritenersi liquido, ancorchè la domanda giudiziale indicasse una somma determinata;

che il primo motivo va disatteso, pur dovendosi correggere la sentenza gravata;

che infatti – se l’orientamento giurisprudenziale seguito dal tribunale sull’interpretazione dell’art. 1182 c.c., comma 3, (Cass. 10837/11, Cass. 12455/10) deve ritenersi superato dalle Sezioni Unite di questa Corte (le quali, con la sentenza 17989/16, hanno affermato che “le obbligazioni pecuniarie da adempiere al domicilio del creditore a norma dell’art. 1182 c.c., comma 3, sono – agli effetti sia della mora “ex re”, sia del “forum destinatae solutionis” – esclusivamente quelle liquide, delle quali cioè il titolo determini l’ammontare o indichi criteri determinativi non discrezionali”) – va tuttavia rilevato che il rigetto dell’eccezione di incompetenza sollevata dalla odierna ricorrente in sede di opposizione a decreto ingiuntivo risulta conforme a legge, perchè, come si rileva dal diretto esame della citazione in opposizione (a cui questa Corte deve procedere, essendo denunciato un error in procedendo), tale eccezione non contestava la competenza del giudice di pace di Viareggio in relazione al criterio di collegamento del luogo in cui l’obbligazione era sorta, ossia del forum contractus (cfr. ex multis, Cass. 17311/18: “In tema di competenza territoriale derogabile, per la quale sussistano più criteri concorrenti (nella specie, quelli indicati negli artt. 18,19 e 20 c.p.c., trattandosi di causa relativa a diritti di obbligazione), grava sul convenuto che eccepisca l’incompetenza del giudice adito (trattandosi di eccezione in senso proprio) l’onere di contestare specificamente l’applicabilità di ciascuno dei suddetti criteri e di fornire la prova delle circostanze di fatto dedotte a sostegno di tale contestazione. In mancanza, l’eccezione deve essere rigettata, restando, per l’effetto, definitivamente fissato il collegamento indicato dall’attore, con correlata competenza del giudice adito”);

che, infine, va disatteso l’assunto, svolto dalla società ricorrente nella memoria depositata in prossimità dell’adunanza, che la questione della incompletezza dell’eccezione di incompetenza sarebbe preclusa dalla mancata proposizione dell’impugnazione incidentale da parte della controricorrente; la controricorrente, infatti, non aveva interesse ad impugnare una statuizione che aveva rigettato l’eccezione di incompetenza proposta da controparte e da lei contrastata, in relazione alla quale essa era quindi vittoriosa;

che con il secondo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la ricorrente impugna la regolazione delle spese di lite operata dal tribunale, dolendosi del fatto di essere stata giudicata interamente soccombente, nonostante la revoca del decreto ingiuntivo opposto, e, sotto altro aspetto, lamentando l’omessa motivazione in ordine al superamento dei limiti massimi stabiliti dal D.M. n. 55 del 2014 e la sproporzione della somma liquidata titolo di spese di lite in rapporto al valore della causa;

che il primo dei due profili di doglianza sopra sintetizzati non può trovare accoglimento, perchè l’odierna ricorrente è rimasta prevalentemente soccombente all’esito del giudizio di merito e, d’altra parte, l’apprezzamento sulla ricorrenza dei presupposti per una compensazione parziale delle spese non è censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. 15317/13: “In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi.”);

che nemmeno il secondo profilo di doglianza può trovare accoglimento, perchè la liquidazione delle spese operata dal tribunale non supera i limiti massimi previsti dal D.M. n. 55 del 2014, ratione temporis applicabile; anche escludendo la fase istruttoria, infatti, gli importi di cui alla tabella n. 2 allegata al D.M. n. 55 del 2014 (giudizi ordinari e sommari di cognizione innanzi al tribunale) sommano, per le residue fasi Euro (405 + 405 + 810) 1.620, che, con la maggiorazione fino all’80% di cui all’art. 4, comma 1 medesimo decreto, ascende ad un importo maggiore di quello liquidato dal tribunale;

che quindi in definitiva il ricorso va rigettato;

che le spese seguono la soccombenza;

che deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 900, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis..

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2018

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