Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22617 del 27/09/2017
Cassazione civile, sez. lav., 27/09/2017, (ud. 17/05/2017, dep.27/09/2017), n. 22617
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –
Dott. CURCIO Laura – Consigliere –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20119-2011 proposto da:
S.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA RENO 21, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che lo
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
Poste Italiane SPA C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
EUROPA 190, presso lo studio dell’AREA LEGALE TERRITORIALE Poste
Italiane, rappresentata e difesa dagli avvocati ROBERTA AIAZZI, ANNA
TERESA LAURORA, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 9923/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 24/01/2011 R.G.N. 5594/2009.
Fatto
RILEVATO
che con sentenza in data 1.12.2010-24.1.2011 (nr. 9923/2010) la Corte d’Appello di Roma, accogliendo l’appello di Poste Italiane spa, ha riformato la sentenza del Tribunale Roma del 9.5.2008 (nr. 8134/2008), che aveva accolto la domanda di S.A. per la dichiarazione di illegittimità del suo trasferimento dalla sede di Roma (OMISSIS) alla sede di (OMISSIS), in esito alla esecuzione della sentenza che aveva accertato la illegittimità del termine originariamente apposto al contratto di lavoro; per l’effetto ha respinto la domanda del lavoratore, ritenendo la sua acquiescenza al trasferimento;
che avverso tale sentenza ha proposto ricorso S.A., articolato in due motivi, al quale ha opposto difese Poste Italiane spa con controricorso;
che S.A. ha depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
che il lavoratore ricorrente ha dedotto:
– con il primo motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato, deducendo che la società in entrambi i gradi di merito aveva fondato la propria eccezione, di consenso del lavoratore al trasferimento, unicamente sul decorso del tempo tra la adozione dell’atto e la impugnazione giudiziale laddove il giudice dell’appello aveva fondato la decisione su di un fatto diverso ovvero l’adempimento al provvedimento e la esecuzione della prestazione di lavoro nella sede di destinazione, che non era stato nè allegato nè provato dalla società datrice di lavoro;
– con il secondo motivo: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, insufficienza e contraddittorietà della motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistente nella sua pretesa acquiescenza, osservando: che egli non avrebbe potuto rifiutare la esecuzione del provvedimento; che, comunque, la eventuale esecuzione non costituiva elemento ulteriore e diverso rispetto alla condotta di inerzia rispetto alla impugnazione del trasferimento; che non erano indicate in sentenza le ragioni per cui il tempo di 16 mesi, individuato come decisivo, non costituisse una ottemperanza provvisoria, ipotesi che pure era considerata in sentenza come non determinante acquiescenza; che il ragionamento seguito dal giudice dell’appello non dava conto della consapevolezza o meno da parte del lavoratore della illegittimità del provvedimento; che in maniera contraddittoria la Corte di merito dava atto che all’epoca dei fatti non vi era alcun onere di tempestiva contestazione del provvedimento datoriale;
che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;
che, infatti:
– quanto al primo motivo, il tempo decorso prima della impugnazione del trasferimento e la esecuzione del medesimo provvedimento costituiscono (come peraltro assunto dalla stessa parte ricorrente nel secondo motivo) due aspetti dello stesso fatto storico opposto dalla società resistente. Il giudice del merito nell’esaminarli non è dunque incorso nel vizio di ultrapetizione rispetto alla eccezione di Poste Italiane;
– quanto al secondo motivo, deve in questa sede darsi continuità alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito. Nel caso all’esame la sentenza impugnata, svolgendo un iter argomentativo esaustivo ed immune da contraddizioni e vizi logici, ha osservato che la esecuzione della prestazione di lavoro presso la nuova sede di destinazione per un periodo di 16 mesi in assenza della manifestazione di ogni volontà di impugnare il provvedimento costituiva condotta di accettazione tacita della modifica del contratto di lavoro. Ha altresì logicamente argomentato circa la diversità della fattispecie considerata rispetto a quella della mera assenza di impugnazione (quale sussistente nelle ipotesi di impugnazione del termine apposto al contratto di lavoro, alle quali si riferisce la giurisprudenza invocata dalla parte ricorrente);
che pertanto il ricorso deve essere respinto;
che le spese si compensano in ragione dell’esito alterno del giudizio nelle fasi di merito.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 17 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017