Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22617 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. II, 10/09/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 10/09/2019), n.22617

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – rel. Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1325-2018 proposto da:

P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DUE MACELLI

106, presso lo studio dell’avvocato TOMMASO CESAREO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARCO MARIA FERRARI;

– ricorrente –

contro

P.P.M., EREDI P.L.; P.M., PI.LE.,

PO.LA.;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 21644/2017 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 18/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/04/2019 dal Presidente MANNA FELICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

e per il rigetto del secondo motivo del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.R., erede del padre C. e della madre G.A., conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Milano i coeredi germani L. e P.M. e i loro rispettivi coniugi, Pa.Ca.Lu. e Po.La.. Oggetto della domanda, la dichiarazione di nullità o di simulazione di due compravendite – l’una del 19.1.1990 avente ad oggetto un appartamento in (OMISSIS), l’altra del 9.1.1986 relativa ad un immobile in (OMISSIS) – siccome dissimulanti altrettante donazioni indirette in favore di entrambi i convenuti, la prima, e del solo fratello L., la seconda. Di riflesso, proponeva connesse domande di riduzione di dette donazioni dissimulate, di collazione, di divisione della comunione ereditaria e di pagamento di una penale in virtù di una scrittura privata del (OMISSIS).

Precisava, in particolare e per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, (1) che la vendita del 19.1.1990 era avvenuta per un prezzo (630.000.000 del vecchio conio) maggiore del dichiarato (200.000.000), pagato da L. e P. impiegando a tal fine 700.000.000 di Lire che, ricavate dalla vendita di altro immobile, sito in (OMISSIS), i genitori avevano poi consegnato loro.

P.P.M. resisteva alla domanda di simulazione della vendita dell’immobile di (OMISSIS), contestando qualsivoglia accordo simulatorio, ma ammetteva la suddetta modalità di formazione della provvista occorsa per l’acquisto.

P.L., a sua volta, negava che l’immobile di (OMISSIS) fosse effettivamente di proprietà dei genitori, appartenendo, invece, ad una società (la Acquabella s.r.l.) fra i tre fratelli, sicchè il ricavato della vendita sarebbe stato legittimamente utilizzato per l’acquisito dell’appartamento in (OMISSIS). Contestava, inoltre, la simulazione della vendita del (OMISSIS) e, in via riconvenzionale, domandava la collazione e la divisione di altro bene immobile, di denaro e di valori mobiliari.

Gli altri convenuti non si costituivano in giudizio.

Con la memoria assertiva di cui all’art. 183 c.p.c., l’attore, a precisazione delle conclusioni contenute nell’atto introduttivo, chiedeva alternativamente “in via ulteriormente subordinata” che la somma di Lire 700.000.000, ricavata dalla vendita dell’immobile di (OMISSIS), fosse o inclusa nell’asse ereditario in quanto oggetto di appropriazione ad opera dei convenuti, o dichiarata frutto di donazione indiretta con conseguente riduzione fino a reintegrare la sua quota di legittima.

Il Tribunale respingeva o dichiarava inammissibili tutte le domande, sia principali che riconvenzionali.

Le impugnazioni principale di P.R. e incidentale di P.L. erano respinte dalla Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 3746/13 resa nei confronti di Po.La. e Le. e P.M. quali eredi di quest’ultimo.

Limitatamente a quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte territoriale riteneva che la domanda intesa ad accertare l’appropriazione o la donazione dei 700.000.000 di Lire non costituisse una semplice precisazione dell’iniziale analoga domanda principale, non essendovi rispetto a questa identità nè di petitum nè di causa petendi, per cui doveva considerarsi nuova e dunque inammissibile.

Avverso tale sentenza P.R. proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

P.P.M., Po.La. e Le. e P.M. restavano intimati.

Con ordinanza n. 21644/17 questa Corte dichiarava inammissibile il ricorso, in quanto non notificato, per fatto imputabile al ricorrente, a P.P.M., il cui difensore domiciliatario in Milano, avv. Carla Martinelli, già prima della sentenza d’appello aveva trasferito il proprio studio da via (OMISSIS). Tutto ciò senza che il ricorrente, all’esito della relata negativa, avesse provveduto a riattivare il procedimento notificatorio nei tempi prescritti da S.U. n. 14594/16.

Contro tale ordinanza P.R. proponeva ricorso per revocazione per errore di fatto, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

Attivato il procedimento camerale ex art. 391-bis c.p.c., comma 4, e art. 380-bis c.p.c., e comma 1 e 2, con ordinanza n. 31221/18 la sesta sezione civile di questa Corte, ritenuto non inammissibile il ricorso, ne ha rimesso la trattazione in pubblica udienza.

Anche in questa sede P.P.M., Po.La. e Le. e P.M. non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente va rilevato che nè il ricorso per revocazione, nè quello per cassazione sono stati notificati a P.L., che pure risulta essere stato parte nel giudizio d’appello. Non di meno, questi, siccome estraneo alle domande oggetto dei motivi del ricorso per cassazione, non è parte neppure della presente fase rescindente del procedimento di revocazione.

2. – Sostiene il ricorrente che il ricorso per cassazione, come documentato dalla copia attiva, in seguito alla mancata notifica nel precedente studio dell’avv. Carla Martinelli in (OMISSIS), è stato notificato lo stesso giorno presso il nuovo recapito di lei sito in (OMISSIS), come confermato anche da apposita certificazione dell’ufficiale giudiziario.

3. – Il ricorso per revocazione è fondato.

Dall’esame diretto degli atti emerge che alla prima notificazione del ricorso per cassazione, effettuata senza esito il 27.12.2013 presso lo studio dell’avv. Carla Martinelli, sito in (OMISSIS), è seguita lo stesso giorno presso il nuovo studio di lei posto in (OMISSIS), altra notificazione (la cui relata è estesa in calce alla prima), che risulta regolarmente eseguita a mani di persona incaricata della ricezione.

Tale errore, tipicamente percettivo nella lettura d’un fatto processuale interno al giudizio di cassazione, fonda l’impugnazione per revocazione ai sensi del binomio normativo dell’art. 395 c.p.c., n. 4 e art. 391-bis c.p.c., comma 1.

Di qui il domandato effetto rescindente dell’ordinanza n. 31221/18 di questa Corte.

4. – Passando alla fase rescissoria, si rileva che col primo motivo di ricorso per cassazione è dedotta l’omesso esame d’un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 o, in subordine, ai sensi del n. 4 del medesimo articolo. Si censura, in particolare, che la Corte d’appello non abbia esaminato, ritenendola tardivamente proposta nella memoria assertiva di cui all’art. 183 c.p.c., la domanda subordinata di accertamento dell’appropriazione o della donazione indiretta della somma di Lire 700 milioni, ricavata dalla vendita dell’appartamento di (OMISSIS), da parte di L. e P.P.. Domanda che, ha opinato la Corte territoriale, non poteva ritenersi mera precisazione di quella iniziale volta ad accertare la simulazione o la nullità delle due (diverse) vendite del (OMISSIS) e del (OMISSIS).

5. – Il motivo è fondato sotto il profilo della nullità processuale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, pur’esso dedotto, essendo incorsa la Corte territoriale in un error in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c..

Con sentenza n. 12310/15 le S.U. di questa Corte Suprema hanno affermato che la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali (traendo da ciò l’ammissibilità della modifica, nella memoria ex art. 183 c.p.c., dell’originaria domanda formulata ex art. 2932 c.c., con quella di accertamento dell’avvenuto effetto traslativo).

Si legge nella motivazione di detta pronuncia che “(I)a vera differenza tra le domande “nuove” implicitamente vietate -in relazione alla eccezionale ammissione di alcune di esse- e le domande “modificate” espressamente ammesse non sta dunque nel fatto che in queste ultime le “modifiche” non possono incidere sugli elementi identificativi, bensì nel fatto che le domande modificate non possono essere considerate “nuove” nel senso di “ulteriori” o “aggiuntive”, trattandosi pur sempre delle stesse domande iniziali modificate eventualmente anche in alcuni elementi fondamentali-, o, se si vuole, di domande diverse che però non si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono e si pongono pertanto, rispetto a queste, in un rapporto di alternatività”.

E’ questo il caso di specie, poichè la domanda di cui parte ricorrente lamenta l’omesso esame non solo è in rapporto di subordinazione alternativa rispetto a quelle iniziali, ma è altresì ad esse strettamente connessa, in quanto postula che la provvista impiegata per la compravendita del (OMISSIS) sia derivata, a sua volta, dall’appropriazione o dalla donazione indiretta di denaro ottenuto dalla vendita di altro immobile, sito in (OMISSIS).

6. – Il secondo mezzo di ricorso denuncia la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè la Corte distrettuale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda alternativa di nullità per difetto di volontà e di causa o di simulazione della vendita del (OMISSIS), l’una e l’altra evidenziate dal fatto che il prezzo non sarebbe stato pagato. A sostegno della nullità della vendita in caso di preordinato non versamento del prezzo, richiama Cass. nn. 9144/93 e 5917/99.

7. – Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha accomunato la decisione sulla domanda di simulazione e di nullità, condividendo l’assunto del Tribunale secondo cui la prospettata simulazione relativa per dissimulazione di una donazione non era stata riscontrata, tant’è che lo stesso attore non aveva escluso che l’immobile fosse stato intestato al fratello L. per sottrarlo ad eventuali azioni esecutive contro la madre, la quale aveva garantito alcune posizioni debitore dello stesso R.. Inoltre, ha osservato la Corte milanese, non era stata neppure avanzata alcuna domanda di nullità per difetto di forma del presunto contratto dissimulato di donazione.

Sebbene in tale ragionamento rimanga in ombra la ratio decidendi del rigetto della domanda di nullità, va osservato che un tale difetto di specifica e autonoma motivazione non consente di rilevare il vizio dedotto, essendo manifestamente infondata la prospettata nullità per difetto di volontà e di causa. Infatti, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento nonchè dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., comma 2, ha il potere di correggere la motivazione ex art. 384 c.p.c., u.c., anche in presenza di un error in procedendo, che ricorre anche nel caso di motivazione solo apparente (v. Cass. nn. 23989/14 e 16157/16).

Nello specifico e in primo luogo, il richiamo a Cass. nn. 9144/93 e 5917/99 non è pertinente.

La prima sentenza dimostra l’esatto contrario di quanto parte ricorrente sostiene a pag. 27 del ricorso (che riporta solo parzialmente la massima, torcendone il senso). Infatti: “Il prezzo della compravendita deve ritenersi inesistente, con conseguente nullità del contratto per mancanza di un elemento essenziale (art. 1418 e 1470 c.c.), non nell’ipotesi di pattuizione di prezzo tenue, vile ed irrisorio, ma quando risulti concordato un prezzo obbiettivamente non serio, o perchè privo di valore reale e perciò meramente apparente e simbolico, o perchè programmaticamente destinato nella comune intenzione delle parti a non essere pagato. La pattuizione di un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato della cosa compravenduta, ma non privo del tutto di valore intrinseco, può rivelare sotto il profilo dell’individuazione del reale intento negoziale delle parti e della effettiva configurazione ed operatività della causa del contratto, ma non può determinare la nullità del medesimo per la mancanza di un requisito essenziale. Del pari, non può incidere sulla validità del contratto la circostanza che il prezzo, pur in origine seriamente pattuito, non sia stato poi in concreto pagato” (così recita la massima completa della sentenza n. 9144/93).

Cass. n. 5917/99, poi, riguarda una fattispecie del tutto diversa ed afferma un principio che, essendo riferito ad una truffa contrattuale, è inestensibile alla fattispecie. Infatti: “E’ nullo per mancanza assoluta di causa un contratto di compravendita stipulato in assenza, da parte dell’acquirente, di qualsiasi, seria intenzione di pagare il prezzo concordato (nella specie, l’acquirente aveva versato alla controparte, a titolo di acconto sul prezzo convenuto, un assegno postdatato e privo di copertura, tratto su di un conto corrente da tempo estinto, vicenda ritenuta, da parte del giudice di merito, espressione evidente del preordinato piano truffaldino di conseguire la titolarità del bene senza versare alcunchè a titolo di corrispettivo: nel confermare la sentenza dichiarativa della nullità del contratto “de quo”, la S.C. ha enunciato il principio di diritto di cui in massima)”.

Per contro, il mancato versamento del prezzo, ancorchè preordinato, non è causa di nullità del contratto per difetto di volontà e/o di causa, ma possibile indice sintomatico di simulazione. Diversamente opinando, quest’ultima, che per sua stessa natura implica un negozio non voluto se non a fini di pura apparenza o di occultamento, sarebbe vanamente prevista dagli artt. 1414 e ss. c.c., dovendo in ogni caso prevalere le norme sulla nullità virtuale. Al contrario, il contratto simulato non è privo nè di volontà nè (quando corrisponde ad una fattispecie negoziale tipica) di causa, ma è connotato da una dissociazione concordata tra dichiarazione e volontà degli effetti, questi ultimi destinati a non prodursi o a prodursi in maniera diversa dal dichiarato.

Ne deriva che, esclusa la (prova della) simulazione, non può darsi nullità del contratto per le medesime ragioni poste a base della simulazione stessa.

8. – La sentenza impugnata va, dunque, cassata limitatamente al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

PQM

La Corte revoca la propria ordinanza n. 21644/17 e decidendo sul ricorso accoglie il primo motivo, respinto il secondo, e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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