Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22616 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/10/2020, (ud. 17/09/2020, dep. 16/10/2020), n.22616

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12453-2019 proposto da:

M.T., M.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato FAUSTO MALUCCHI;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) SNC DI M.R. E

B.A. E DEI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI M.R. E

B.A., in persona del Curatore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio

dell’avvocato GIANMARCO GREZ, rappresentata e difesa dall’avvocato

LEONARDO MASI;

– controricorrente –

contro

MPS GESTIONE CREDITI BANCA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2280/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 04/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. Valle

Cristiano, osserva.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

M.M. e M.T. impugnano per cassazione, con atto affidato a due motivi, sentenza della Corte di Appello di Firenze, n. 02280 del 2018, pubblicata il 04/10/2018, di rigetto dell’impugnazione da essi proposta avverso la sentenza del Tribunale di Prato che aveva accolta la domanda di revocatoria ordinaria in sede fallimentare, ai sensi dell’art. 2901 c.c. e della L. Fall., art. 66, proposta dalla Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.n.c. nei confronti di M.M. e M.T. e della MPS Gestione Crediti Banca S.p.a., per conto della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a.

La Curatela fallimentare ha resistito con controricorso.

La MPS Gestione Crediti Banca S.p.a. è rimasta intimata.

La proposta del Consigliere relatore è stata ritualmente comunicata.

La Curatela del fallimento ha depositato memoria.

La proposta del relatore di definizione in sede di adunanza camerale non partecipata va condivisa, ma per ragioni diverse da quelle di cui alla stessa, che faceva perno sulla tardività del ricorso per lo spirare del termine semestrale di impugnazione. Alla sentenza in esame si applica, infatti, il termine annuale di impugnazione, in caso di mancata notifica, di cui al previgente testo dell’art. 327 c.p.c., comma 1, in quanto il giudizio di merito era iniziato nel 2006. La sentenza d’appello è stata pubblicata il 04/10/2018 e non è stata notificata.

Il ricorso dei fratelli M. è stato notificato alla Curatela fallimentare il 08/04/2019, nel rispetto, pertanto, del detto termine annuale.

Il primo motivo del ricorso deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame consistente nel difetto di prova circa l’incongruità del prezzo versato o il concreto pregiudizio che i creditori avrebbero sofferto a seguito della cessione delle quote societarie effettuato da M.M. e M.T. in favore dei genitori.

Il mezzo è inammissibile. Esso non rispetta il parametro normativo invocato, ossia l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che richiede che l’omesso esame cada su di un fatto e non su una valutazione, come, viceversa, chiede il mezzo all’esame. In breve il motivo chiede alla Corte di legittimità la espressione di un giudizio di fatto, o di merito, in senso correttivo, e più favorevole ai ricorrenti, rispetto a quello compiuto dai giudici di merito, nell’ambito del loro esclusivo potere di apprezzamento dei fatti e delle prove.

Il motivo è, inoltre, privo di specificità, in quanto si riduce, compresa la lunga intestazione, scritta in caratteri maiuscoli, a mezza facciata, ossia a quattordici righe, senza alcun apprezzabile elemento.

Il primo mezzo è, pertanto, inammissibile.

Il secondo motivo afferma violazione o falsa applicazione degli artt. 2901,2729 e 2697 c.c., della L. fall., art. 66, degli artt. 115 e 116 c.p.c. e, in particolar modo, con riferimento alla sussistenza del pregiudizio subito dai creditori a seguito della cessione della sola nuda proprietà della casa di abitazione, in favore dei figli conviventi M.T. e M.M., da parte dei loro genitori con riserva per gli stessi e quindi per la massa dei creditori dei diritti di usufrutto.

Il detto mezzo, sebbene rubricato con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, chiede anche esso, come il primo – ma con maggiore ampiezza, quantomeno del numero di pagine dedicato -la riedizione del giudizio di fatto già adeguatamente effettuato dai giudici del merito (Cass. n. 08758 del 04/04/2017 Rv. 643690 – 01: “E’ inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito”.). Il motivo è sostanzialmente reiterativo di due dei motivi (il primo ed il secondo) dell’impugnazione disattesa dalla Corte territoriale con motivazione logica, coerente ed esaustiva.

La sentenza in scrutinio, nel rigettare l’appello dei M.M. e M.T. – nonchè l’appello proposto in via autonoma, e successivamente riunito, dalla MPS Gestione Crediti Banca S.p.a. – ha affermato che, con la complessa operazione immobiliare e di retrocessione delle quote posta in essere, i genitori dei M. avevano sottratto ai creditori un bene immobile, pur con riferimento alla sola nuda proprietà, alienandolo per un prezzo notevolmente inferiore a quello stimato in sede fallimentare ed ha, altresì, evidenziato che i fratelli M., in quanto soci della S.n.c. erano pienamente a conoscenza dello stato di decozione di questa.

Il secondo mezzo è, pertanto, anch’esso inammissibile.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

Le spese di lite seguono la soccombenza dei ricorrenti e, tenuto conto del valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo in favore della parte controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Sez. U n. 04315 del 20/02/2020 Rv. 657198 – 04).

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite in favore della curatela del Fallimento (OMISSIS) S.n.c., che liquida in Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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