Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22613 del 08/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 08/11/2016, (ud. 29/09/2016, dep. 08/11/2016), n.22613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8953-2014 proposto da:

TIRO A VOLO IDEAL CAMPING MARINA DI LICOLA SRL, in persona

dell’Amministratore Unico e legale rappresentante T.C.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ATANASIO KIRCHER 7, presso lo

studio dell’avvocato STEFANIA IASONNA, rappresentata e difesa dagli

avvocati EUGENIO MARIA PATRONI GRIFFI, ERNESTO PROCACCINI giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

REGIONE CAMPANIA in persona del Presidente legale rappresentante p.t.

C.P., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE G. MARCONI

152, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA CAPASSO, rappresentata

e difesa dall’avvocato PASQUALE CIRILLO giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3265/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 18/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2016 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito l’Avvocato EUGENIO PATRONI GRIFFI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 1996 la Regione Campania convenne dinanzi al Tribunale di Napoli la società “Tiro a Volo Ideai Camping Marina di Licola s.r.l.” (d’ora innanzi, per brevità, “la Tiro a Volo”), esponendo che:

-) sin dal 1979 aveva concesso in locazione alla convenuta una vasta area di terreno;

-) il contratto obbligava il conduttore a non edificare sul fondo;

-) la Tiro a Volo aveva violato tale obbligo.

Chiedeva pertanto la risoluzione del contratto per inadempimento, la riduzione in pristino ed il risarcimento del danno.

La Tiro a Volo si costituì eccependo – tra l’altro – la prescrizione del diritto; in subordine l’assenza di propri inadempimenti agli obblighi contrattuali, e comunque l’acquiescenza della Regione alle iniziative della conduttrice, desumibile dalla circostanza che la Regione aveva già nel 1989 introdotto un primo giudizio di risoluzione, estinto per inattività delle parti.

2. Il Tribunale di Napoli con sentenza 22.3.2010 n. 49 rigettò la domanda, ritenendo che:

-) la domanda di risoluzione era inammissibile per difetto di interesse, per avere la Regione già ottenuto, in un separato giudizio, una sentenza definitiva che accertava lo scadere della locazione della data del (OMISSIS);

-) la domanda di risarcimento del danno era prescritta.

3. La Corte d’appello di Napoli, adita dalla Regione, accolse il gravame ritenendo invece che:

-) la domanda di risoluzione era ammissibile, perchè sorretta dall’interesse del locatore ad evitare il pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento a favore della conduttrice, ed a beneficiare della retroattività degli effetti della risoluzione;

-) l’eccezione di prescrizione (sia del diritto al risarcimento, sia dell’azione di risoluzione) era infondata, dal momento che l’inadempimento era stato accertato nel (OMISSIS), la prescrizione era stata interrotta nel (OMISSIS), il termine era decennale;

-) la Regione non aveva prestato acquiescenza all’inadempimento della conduttrice, perchè non costituisce acquiescenza il mero fatto di riscuotere i canoni in pendenza del giudizio di risoluzione, nè l’avere atteso tre anni tra la scoperta dell’inadempimento ((OMISSIS)) e l’inizio del primo giudizio di risoluzione ((OMISSIS));

-) l’inadempimento della conduttrice sussisteva ed era grave.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Tiro a Volo, con ricorso fondato su tre motivi. Ha resistito la Regione Campania.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso.

1.1. Col primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, (si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 111 Cost.; artt. 115 e 116 c.p.c.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che la Regione non avesse prestato acquiescenza all’operato della conduttrice. Secondo la ricorrente la Regione rimase infatti silente per tre anni ((OMISSIS)) dopo la scoperta degli abusi edilizi in tesi commessi dalla conduttrice, e questa condotta era di per sè dimostrativa della volontà di non annettere rilievo all’inadempimento della conduttrice.

1.2. Nella parte in cui lamenta la violazione di legge il motivo è infondato. Stabilire se il locatore abbia o meno tollerato l’inadempimento del conduttore è un tipico accertamento di fatto, riservato al giudice di merito. Nè la sentenza contiene, sul punto, errori di diritto. Nel nostro ordinamento, infatti, non vige affatto l’antica regola qui tacet consentire videtur, si loqui potuisset ac debuisset. Il silenzio in tanto può valere come manifestazione di volontà negoziale, in quanto sia circostanziato, ovvero associato ad altri atti dimostrativi di una volontà negoziale.

Da solo e considerato in sè e per sè, invece, un contegno inerte è insignificante sul piano negoziale.

1.3. Nella parte in cui lamenta l’omesso esame d’un fatto controverso, il motivo è in primo luogo inammissibile per aspecificità, ex art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6. Esso, infatti, non contiene le indicazioni prescritte dalle Sezioni Unite di questa Corte affinchè il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, possa essere validamente prospettato in questa sede (ovvero quale sia il fatto, quando e come sia stato introdotto nel giudizio, da quali prove risulti, quale sia la sua rilevanza: cfr. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).

In ogni caso, nella sentenza impugnata non si ravvisa alcun omesso esame di fatti decisivi: la condotta della Regione, infatti, è stata esaminata dalla Corte d’appello, valutata sub specie iuris, e ritenuta non dimostrativa di alcuna acquiescenza all’inadempimento (cfr. la sentenza impugnata, p. 11, secondo capoverso).

E quindi evidente che la ricorrente, pur formalmente denunciando l’omesso esame d’un fatto controverso, nella sostanza censura il modo in cui la Corte d’appello ha valutato le prove a sua disposizione, pervenendo ad escludere l’acquiescenza della Regione all’operato della Tiro a Volo.

2. Il secondo motivo di ricorso.

2.1. Anche col secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 111 Cost.; art. 2946 c.c.; artt. 115 e 116 c.p.c.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe errato nell’individuare il dies a quo della prescrizione. Spiega che i pretesi abusi edilizi ascritti al conduttore erano stati realizzati sin dal (OMISSIS), allorchè il contratto di locazione intercorreva col precedente proprietario dell’area; che ciò risultava dalla consulenza tecnica d’ufficio disposta dal Tribunale; che di conseguenza alla data di introduzione del primo giudizio di risoluzione (quello perento per inattività delle parti, introdotto nel 1989) il termine prescrizionale era già maturato.

2.2. Nella parte in cui lamenta la violazione di legge il motivo è manifestamente infondato. Stabilire se e quando il debitore abbia commesso l’inadempimento posto a fondamento della domanda di risoluzione del contratto è, infatti, un accertamento di fatto, non una violazione del diritto oggettivo.

2.3. Nella parte in cui lamenta l’omesso esame d’un fatto controverso il motivo è manifestamente inammissibile, per due ragioni.

La prima ragione è che esso non coglie la reale ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte d’appello, infatti, ha sì accertato in facto che abusi edilizi fossero stati compiuti già prima del (OMISSIS); ma ha soggiunto che questi abusi erano stati accettati dalla Regione, mentre non lo erano stati quelli commessi dopo il (OMISSIS), rispetto ai quali dunque la prescrizione decennale non era maturata al momento della prima interruzione ((OMISSIS)).

La seconda ragione è che il motivo sollecita da questa Corte una rilettura della consulenza tecnica d’ufficio e della valutazione che di essa ha dato la Corte d’appello: richieste che, involgendo apprezzamenti di fatto, non sono consentite in questa sede.

3. Il terzo motivo di ricorso.

3.1. Col terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, (si lamenta, in particolare, la violazione dell’art. 111 Cost.; artt. 1362, 1363 e 1453 c.c.; artt. 115 e 116 c.p.c.); sia dal vizio di omesso esame d’un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134).

Deduce che la Corte d’appello avrebbe errato nel dichiarare risolto per inadempimento della Tiro a Volo il contratto di locazione, e ciò per due ragioni:

(a) sia perchè il contratto non conteneva alcuna clausola risolutiva espressa;

(b) sia perchè la conduttrice non era inadempiente, in quanto:

– il contratto non vietava affatto l’edificazione di nuove costruzioni;

– la locatrice era a conoscenza dell’attività edificatoria.

3.2. Il motivo è manifestamente inammissibile od infondato in tutte le censure in cui si articola.

3.2.1 Nella parte in cui lamenta che la Corte d’appello avrebbe trascurato di considerare che il contratto non prevedeva alcuna clausola risolutiva espressa, il motivo è manifestamente inammissibile per totale eterogeneità della censura così formulata rispetto alla ratio decidendi. La Corte d’appello, infatti, ha dichiarato il contratto risolto per inadempimento grave della conduttrice, ex art. 1453 c.c., e non già per effetto dell’operare d’una clausola risolutiva espressa, ex art. 1456 c.c.. Pertanto la ricorrente, dolendosi del fatto che la Corte d’appello avrebbe commesso l’errore di ritenere esistente una clausola in realtà non concordata tra le parti, censura una statuizione che nella sentenza impugnata non c’è.

3.2.2. Nella parte in cui sostiene che il contratto non vietava affatto l’esecuzione di nuove costruzioni da parte del conduttore, ma si limitava ad imporgli solo l’obbligo di riduzione in pristino se il locatore non avesse voluto conservarle alla scadenza del contratto, il motivo è manifestamente inammissibile.

In sede di legittimità l’interpretazione del contratto adottata dal giudice di merito è sindacabile solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica di cui agli artt. 1362 c.c. e ss.: ma tali regole non possono dirsi violate per il solo fatto che l’interpretazione adottata dal giudice di merito non sia la sola astrattamente possibile.

Nel caso di specie, l’art. 9 del contratto prevedeva espressamente che “l’affittuario non potrà realizzare altre costruzioni in muratura che abbiano carattere stabile”: sicchè la Corte d’appello, ritenendo che tale clausola ponesse a carico della Tiro e Volo un obbligo contrattuale di non facere, non ha violato nè il canone di interpretazione testuale di cui all’art. 1362 c.c., nè quello di interpretazione complessiva di cui all’art. 1363 c.c..

In ogni caso la pretesa della Tiro a Volo secondo cui il contratto, attribuendo al locatore la facoltà di esigere la rimozione delle opere abusive alla scadenza della locazione, autorizzava per ciò solo il conduttore ad edificarle, costituisce un autentico paralogismo: l’attribuzione di quella facoltà al locatore, infatti, per logica, diritto e buon senso non poteva avere altro scopo che rafforzare il divieto di costruzione, non certo attenuarlo.

3.2.3. Nella parte in cui, infine, il motivo deduce che la Regione sapeva dell’attività edificatoria svolta dalla Tiro a Volo, e nulla aveva mai osservato al riguardo, il motivo è doppiamente inammissibile: sia perchè prospetta una questione di fatto; sia perchè la Corte d’appello ha comunque escluso con statuizione non validamente impugnata – che vi fosse stata tolleranza dell’inadempimento da parte della Regione.

4. Le spese.

4.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

4.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

la Corte di cassazione:

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna Tiro a Volo Ideai Camping Marina di Licola s.r.l. alla rifusione in favore di Regione Campania delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano nella somma di Euro 10.080, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2,;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di Tiro a Volo Ideai Camping Marina di Licola s.r.l. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2016

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