Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22612 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/10/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 16/10/2020), n.22612

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3129-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.A.M.T., C.V.F.L., in

qualità di figlie ed eredi universali di L.L.,

elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentate e difese

dall’avvocato VITTORIO CASSI’;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2701/13/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 27/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata delf08/09 /2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

 

Fatto

RILEVATO:

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso una sentenza della CTR della Sicilia, di rigetto dell’appello da essa proposto contro una decisione della CTP di Ragusa, la quale, accogliendo il ricorso di L.L., erede del defunto C.N., avverso il diniego di rimborso del 90% dell’IRPEF dal defunto versata negli anni 1990, 1991 e 1992 su redditi di lavoro subordinato, per essere il defunto contribuente residente in uno dei Comuni colpiti dagli eventi sismici del dicembre 1990, aveva ritenuto che detto rimborso spettasse al defunto contribuente, L. n. 289 del 2002 ex art. 9, comma 17.

Diritto

CONSIDERATO:

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18, 19 e 21, nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per non avere la CTR dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo per non essere stato indicato nell’istanza di rimborso il quantum richiesto e per carenza di prova dell’avvenuto versamento di quanto chiesto in restituzione dal fisco;

che, con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16 octies, convertito dalla L. n. 123 del 2017, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; dette norme prevedevano che, per il rimborso delle ritenute, occorreva tener conto delle complessive risorse stanziate a detto scopo; e, qualora l’ammontare delle stesse eccedesse quanto all’uopo stanziato, occorreva ridurre in percentuale i rimborsi, ovvero non effettuarle, in caso di esaurimento dei fondi stanziati; era interesse dell’Agenzia delle entrate ottenere una pronuncia di questa Corte, che affermasse esplicitamente l’applicabilità di detto jus superveniens al presente giudizio, anche perchè la sentenza impugnata era stata pubblicata il 27 giugno 2018 e quindi dopo l’entrata in vigore del citato D.L. n. 91 del 2017, art. 16 octies(13 agosto 2017);

che, pertanto, l’Agenzia delle entrate chiede una pronuncia che circoscriva espressamente la condanna “nei limiti di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665” ovvero che dia atto della cessata materia del contendere, potendosi provvedere direttamente alla liquidazione in sede amministrativa, nei limiti indicati dalla norma sopravvenuta;

che la contribuente ha presentato controricorso;

che il primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è inammissibile, atteso che, con esso, sono state introdotte per la prima volta nella presente sede di legittimità questioni di merito implicanti accertamenti di fatto (mancata indicazione del quantum richiesto; mancata prova circa l’avvenuto trattenuta fatta dall’erario dell’IRPEF chiesta in restituzione), che non risultano essere state trattare in alcun modo nella sentenza impugnata; d’altra parte l’Agenzia delle entrate non ha allegato, come avrebbe dovuto fare in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, l’avvenuta deduzione delle anzidette questioni innanzi al giudice di merito, nè ha indicato in quale atto della fase giudiziale precedente dette questioni erano state sollevate (cfr. Cass. n. 32804 del 2019); che il secondo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è infondato;

che va innanzitutto ritenuto, conformemente a quanto sostenuto dalla ricorrente, applicabile alla presente controversia la norma introdotta dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, così come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16 octies, convertito dalla L. n. 123 del 2017, in vigore dal 13 agosto 2017, in quanto pur se la sentenza impugnata è stata depositata il 27 giugno 2018 e quindi dopo l’entrata in vigore del citato D.L. n. 91 del 2017, art. 16 octies, la norma introdotta con detto articolo è da ritenere applicabile a tutti i giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore ed è riferibile a tutte le istanze presentate, si che per tutte dette istanze le somme da corrispondere sono destinate a ridursi in percentuale, nel caso che gli importi complessivi dovuti eccedano le risorse stanziate in bilancio;

che, fatta tale premessa, il motivo di ricorso in esame è infondato, avendo più volte la giurisprudenza di legittimità rilevato che lo ius superveniens, sopra descritto, non incide in alcun modo sul diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, operando tale rimborso entro i limiti delle risorse stanziate e disponibili, si che le eventuali questioni sui conseguenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate possono avere rilievo solo in fase esecutiva, ovvero in quella eventuale del giudizio di ottemperanza (cfr. Cass. n. 29906 del 2017; Cass. n. 4291 del 2018);

che il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate va pertanto respinto, con sua condanna alle spese di giudizio, quantificate come in dispositivo;

che, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, trattandosi di amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

la Corte respinge il ricorso e condanna l’Agenzia ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate in Euro 1.000,00, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15% ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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