Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2261 del 30/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 2261 Anno 2018
Presidente: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI
Relatore: ABETE LUIGI

ORDINANZA
sul ricorso n. 5741 – 2014 R.G. proposto da:
NASCIMBENI AUTO s.r.l. – c.f./p.i.v.a. 03367190174 – (già “L’Automobile s.n.c.
di Spelta Anna & C.”), in persona del legale rappresentante

pro tempore,

rappresentata e difesa in virtù di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato
Rosario Trillocco ed elettivamente domiciliata in Roma, al viale delle Milizie, n. 9,
presso lo studio dell’avvocato Giorgia Marsicano.
RICORRENTE
contro
AGENZIA delle ENTRATE – c.f. 06363391001 – in persona del direttore pro
tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i
cui uffici, in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 205/66/13 dei 7.10/12.11.2013 della commissione
tributaria regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia,

1

Data pubblicazione: 30/01/2018

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2017 dal
consigliere dott. Luigi Abete,
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore
generale dott.ssa Luisa De Renzis, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso con ogni conseguente provvedimento,

Con avviso di accertamento n. T9H03A304372 l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Brescia contestava alla “Nascimbeni Auto” s.r.I., per
l’anno d’imposta 2006, la soggettiva inesistenza di operazioni relative all’acquisto
di autovetture per un importo complessivo di euro 4.733.373,00;
conseguentemente reputava ai fini della determinazione del reddito d’impresa
per i.re.s. e i.r.a.p. indeducibili i costi per l’acquisto delle autovetture e
indetraibile l’i.v.a. afferente agli stessi acquisti e pari ad euro 949.874,00.
Avverso il suindicato avviso di accertamento la “Nascimbeni Auto” s.r.l.
proponeva ricorso alla commissione tributaria provinciale di Brescia.
Deduceva, tra l’altro, che nessun elemento di prova valeva a suffragare la
prospettazione dell’Amministrazione.
Resisteva l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Brescia.
Con sentenza n. 7/16/13 depositata 1’11.1.2013 l’adita commissione tributaria
rigettava il ricorso e condannava la ricorrente alle spese.
Proponeva appello la “Nascimbeni Auto” s.r.l..
Resisteva l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Brescia.
Con sentenza n. 205/66/13 dei 7.10/12.11.2013 la commissione tributaria
regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, rigettava l’appello e
condannava l’appellante alle spese.

A

2

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Avverso tale sentenza la “Nascimbeni Auto” s.r.l. ha proposto ricorso; ne ha
chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente
statuizione in ordine alle spese.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato ha controricorso; ha chiesto dichiararsi
inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5,
cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo.
Deduce che la c.t.r. ha omesso l’esame della documentazione prodotta.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n.
3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ..
Deduce che le presunzioni che possono essere utilizzate dall’Amministrazione
per rettificare il reddito imponibile, devono essere gravi precise e concordanti.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5,
cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo.
Deduce che ha allegato le fatture di rivendita e i listini ufficiali eurotax; che il
confronto tra i prezzi indicati nelle fatture e i prezzi di mercato conferma non solo
la regolarità ed effettività delle operazioni, ma soprattutto l’assenza di quel
“vantaggio lucrativo” tipico delle cosiddette “frodi carosello”.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n.
3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del dec. leg. n.
16/2012.
Deduce che i costi afferenti all’acquisizione di beni e servizi che, sebbene
documentati da fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, non
sono stati utilizzati per il compimento di reati, sono deducibili ai fini delle imposte
dirette; che in tal senso depone la circolare ministeriale n. 32/E/2012.
3

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

h, 5

Il primo, il secondo ed il terzo motivo sono strettamente connessi.
Il che ne giustifica l’esame contestuale.
I medesimi motivi in ogni caso sono destituiti di fondamento.
Invero l’iter motivazionale che sorregge il dictum della c.t.r. risulta – in parte
qua agitur – in toto

ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed

Si evidenzia, per un verso, che il controllo di logicità del giudizio di fatto,
consentito dall’art. 360, 10 co., n. 5, cod. proc. civ., non equivale alla revisione
del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del
merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una
simile revisione non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe in una
sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata
dall’ordinamento al giudice di legittimità; che, di conseguenza, risulta del tutto
estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di
cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma,
propria valutazione delle risultanze degli atti di causa

(cfr. Cass. (ord.)

28.3.2012, n. 5024; Cass. (ord.) 7.1.2014, n. 91).
Ebbene è innegabile che la s.r.l. ricorrente ambisca a conseguire una nuova e
diversa valutazione delle risultanze di causa: “l’omissione da parte del Giudice
dell’appello in merito all’esame della documentazione prodotta dalle parti ha
sicuramente inficiato il proprio convincimento”

(così ricorso, pag. 14);

“le

risposte ai dubbi che il Giudice si è posto alla fine (…) sarebbero state evidenti
attraverso l’esame delle prove offerte dal contribuente (…)” (così ricorso, pag.
15); “la ricorrente ha prodotto (…) la prova innegabile, data dal raffronto tra i
prezzi indicati nelle fatture e i prezzi di mercato, (…)” (così ricorso, pag. 17).

4

assolutamente congruo ed esaustivo.

Si evidenzia, per altro verso, che, in ipotesi di fatturazione per operazione
soggettivamente inesistente risolventesi nella diretta acquisizione della
prestazione da soggetto diverso da quello che ha emesso fattura e percepito
l’i.v.a. in rivalsa, la prova che la prestazione non è stata effettivamente resa dal
fatturante, perché sfornito di dotazione personale e strumentale adeguata alla

di “buona fede” del contribuente, poiché l’immediatezza dei rapporti (cedente o
prestatore – fatturante – cessionario o committente) induce ragionevolmente ad
escluderne l’ignoranza incolpevole circa l’avvenuto versamento dell’i.v.a. a
soggetto non legittimato alla rivalsa, né assoggettato all’obbligo del pagamento
dell’imposta; con l’effetto che, in tal caso, sarà il contribuente a dover provare di
non essere a conoscenza del fatto che il fornitore effettivo del bene o della
prestazione era, non il fatturante, ma altri, altrimenti dovendosi negare il diritto
alla detrazione dell’i.v.a. versata

(cfr. Cass. 13.3.2013, n. 6229; Cass.

21.4.2017, n. 10120, secondo cui, in tema di evasione dell’i.v.a. a mezzo di
“frodi carosello”, quando l’operazione soggettivamente inesistente è di tipo
triangolare, poco complessa e caratterizzata dalla interposizione fittizia di un
soggetto terzo tra il cedente comunitario ed il cessionario italiano, l’onere
probatorio a carico della Amministrazione finanziaria, sulla consapevolezza da
parte del cessionario che il corrispettivo della cessione sia versato al soggetto
terzo non legittimato alla rivalsa né assoggettato all’obbligo del pagamento
dell’imposta, è soddisfatto dalla dimostrazione che l’interposto sia privo di
dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fatturata, mentre
spetta al contribuente – cessionario fornire la prova contraria della buona fede
con cui ha svolto le trattative ed acquistato la merce, ritenendo incolpevolmente
che essa fosse realmente fornita dalla persona interposta).
5

sua esecuzione, costituisce, di per sé, idoneo elemento sintomatico dell’assenza

Ebbene, al cospetto dei testé menzionati insegnamenti, si evidenzia
ulteriormente quanto segue.
Da un canto, che ineccepibili e congrue sono senza dubbio le affermazioni
della c.t.r., allorché in sede di vaglio del primo motivo di gravame, ha reputato
che correttamente la c.t.p. aveva ancorato il proprio dictum ai p.v.c. della G. di

“non avevano una struttura organizzativa tale da poter effettuare la consegna dei
beni” (così sentenza c.t.r., pag. 3), ed ha reputato che l’appellante ne era ben a
conoscenza per la frequenza dei rapporti intercorsi con le medesime ditte negli
anni compresi tra il 1998 ed il 2006.
Dall’altro, che ingiustificata è certamente la prospettazione della ricorrente
alla cui stregua si assume che nella fattispecie alle presunzioni semplici è stata
attribuita valenza di presunzioni legali (cfr. ricorso, pag. 16).
Fondato e meritevole di accoglimento è il quarto motivo di ricorso.
Questa Corte ovviamente non può che ribadire il proprio insegnamento, a
tenor del quale, in tema di imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 14, comma 4 bis,
della legge n. 537/1993 (nella formulazione introdotta con l’art. 8, 1° co., del
dec. leg. n. 16/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44/2012), che
opera, in ragione del precedente 3° co., quale “jus superveniens” con efficacia
retroattiva

“in bonam partem”,

sono deducibili i costi delle operazioni

soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una “frode carosello”), per il
solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia
consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi
in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza,
determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi
direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo (cfr. Cass.
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F., la quale, a sua volta, aveva accertato che le ditte fornitrici delle autovetture

m17.12.2014, n. 26461; Cass. (ord.) 7.12.2016, n. 25249, ove si soggiunge che è
viceversa esclusa la deducibilità dei costi delle operazioni oggettivamente
inesistenti).
Su tale scorta si rappresenta che, siccome si evince dalla medesima sentenza
in questa sede impugnata (cfr. pag. 2) e siccome, d’altronde, dà atto la stessa

operazioni soggettivamente inesistenti.
In siffatti termini risulta ingiustificato il rilievo della c.t.r. in ordine al terzo
motivo di gravame – motivo con cui era stata addotta l’erronea interpretazione
dell’art. 8 del dec. leg. n. 16/2012 – rilievo secondo cui “la mera produzione delle
fatture, sebbene regolarmente annotate, non è idonea a comprovare – in
mancanza delle bolle di consegna e a fronte della mancanza, in capo alla società
fornitrice, di strutture idonee – l’effettività delle operazioni contestate dall’ufficio”
(così sentenza d’appello, pag. 4).
In accoglimento del quarto motivo di ricorso la sentenza n. 205/66/13 dei
7.10/12.11.2013 della commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione
distaccata di Brescia, va cassata con rinvio alla medesima c.t.r. in diversa
composizione.
All’enunciazione – in ossequio alla previsione dell’art. 384, 1° co., cod. proc.
civ. – del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio può farsi luogo per relationem,

negli stessi termini espressi dalle massime

desunte dagli insegnamenti di questa Corte n. 26461/2014 e n. 25249/2016
dapprima citati.
In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente
giudizio di legittimità.

controricorrente (cfr. controricorso, pag. 2), nel caso di specie si è al cospetto di

In dipendenza dell’accoglimento del ricorso non sussistono i presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, “Nascimbeni Auto” s.r.I., dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa
impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.

quarto motivo di ricorso; cassa in relazione al motivo accolto la sentenza n.
205/66/13 dei 7.10/12.11.2013 della commissione tributaria regionale della
Lombardia, sezione distaccata di Brescia, e rinvia alla stessa c.t.r. in diversa
composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di
legittimità; non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della s.r.l.
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, d.p.r. n.
115/2002.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della V sez. civ. – Tributaria
della Corte Suprema di Cassazione, il 23 ottobre 2017.

La Corte rigetta il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso; accoglie il

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