Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22607 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/10/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 16/10/2020), n.22607

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31358-2019 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 290, presso lo studio dell’avvocato CATALDO D’ANDRIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato LAURETIA D’ORO;

– ricorrente –

contro

L.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIBULLO 10,

presso lo studio dell’avvocato MARIA VITTORIA PIACENTE,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO DOMENICO PALAMARA;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositato il

26/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PARISE

CLOTILDE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte d’appello di Catanzaro, con decreto n. 2319/2019 depositato il 26-3-2019, in accoglimento, per quanto di ragione, del reclamo presentato da L.F. avverso l’ordinanza emessa in data 13-11-2018 dal Tribunale di Catanzaro, ha stabilito, per quanto ancora di interesse, l’obbligo per il padre L.F. di versare alla madre C.L. la somma di Euro 500,00 quale contributo al mantenimento del figlio minore, nato il 24-10-2016 dalla relazione fuori dal matrimonio tra il L. e la C., oltre al 50% delle spese straordinarie, previamente concordate e documentate.

2. Avverso detto decreto C.L. propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo, a cui resiste con controricorso L.F.. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

3. Con unico articolato motivo la ricorrente lamenta la violazione ed errata applicazione di norme di diritto, nonchè illogica e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Dolendosi della violazione dell’art. 337 ter c.c., comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, deduce che il mantenimento dovuto dal padre per il figlio minore è stato quantificato senza rispettare il principio di proporzionalità, in base al quale è richiesta una valutazione comparativa dei redditi dei due genitori, e che la motivazione addotta dalla Corte territoriale è affetta da contrasto irriducibile tra le affermazioni in essa contenute e la decisione adottata, in contraddizione con il richiamato principio di proporzionalità. Rimarca la ricorrente, dopo aver riassunto i fatti di causa e lo svolgimento dei giudizi di merito, che, come emerso dalle risultanze istruttorie, il padre è proprietario di ben 22 immobili, seppure in comproprietà con la sorella, e svolge attività di insegnante di sostegno in una scuola secondaria e che è palese la sproporzione rispetto ai redditi netti, che indica in Euro 900 mensili, della madre, a cui carico sono anche le spese di altro figlio ventiduenne, nato da altra relazione sentimentale. Richiama la giurisprudenza di questa Corte e le risultanze probatorie sulla situazione economica dei due genitori e sostiene che sia incontestabile l’incongruità dell’importo del contributo di mantenimento come quantificato dalla Corte territoriale (Euro500), tale da non consentire alla ricorrente di soddisfare tutte le esigenze, anche abitative, del figlio minore L.P.P..

4. Il motivo è in parte inammissibile e in parte manifestamente infondato.

4.1. E’ inammissibile la censura nella parte in cui, con la denuncia del vizio di violazione di legge, non è dedotta l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, che implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, ma, viceversa, è allegata un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa.

La ricorrente assume, infatti, che la violazione del principio di proporzionalità consegua dalla mancata o errata valutazione comparativa dei redditi dei due genitori, e quindi il vizio denunciato è mediato dalla valutazione delle risultanze istruttorie.

La doglianza così formulata è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge, ossia alla violazione di legge in senso proprio, ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, lamentando la ricorrente l’erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta (Cass. n. 24054/2017).

4.2. Manifestamente infondata è la censura nella parte in cui è denunciato il vizio motivazionale, consistente, secondo quanto prospetta la ricorrente, nella contraddittorietà ed illogicità della motivazione per avere la Corte territoriale ridotto l’assegno di mantenimento, benchè avesse accertato la notevole sproporzione tra i redditi dei due genitori.

La Corte territoriale, dopo aver esaminato le questioni di carattere economico, dando conto in dettaglio della situazione reddituale di ciascun genitore in base alle risultanze istruttorie, ha ritenuto, con adeguata motivazione (Cass. S.U. n. 8053/2014), congruo l’importo di Euro 500 fissato per il contributo mantenimento posto a carico del padre per il figlio minore. La Corte d’appello ha giustificato la riduzione anche in considerazione del fatto che il padre “trascorrerà più tempo con il figlio dovendo, quindi, provvedere direttamente alle sue esigenze” (pag. 7 decreto), stante la modifica in aumento, disposta con il decreto reclamato, dei periodi in cui il bambino starà con il padre.

Non è, dunque, in alcun modo ravvisabile la contraddittorietà lamentata, che può rilevare solo come contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, nel senso chiarito dalla Giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte con la citata sentenza, avendo i Giudici d’appello espresso, motivatamente, il proprio convincimento, basato sulla valutazione dei fatti di rilevanza. Detta valutazione rientra nel sindacato di merito, incensurabile in cassazione, ove adeguatamente motivato, come nella specie.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.300, di cui Euro 100 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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