Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22607 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/09/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 10/09/2019), n.22607

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTO Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24647-2018 proposto da:

O.L., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati TIZIANA ARESI, MASSIMO CARLO SEREGNI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 7441/2018 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 26/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

Il Tribunale di Brescia, con il decreto del 26/4/2018 in epigrafe indicato, ha rigettato la domanda di riconoscimento della protezione internazionale presentata da O.L., proveniente dalla Nigeria. Questi ha proposto ricorso per cassazione il 23/7/2018 con due mezzi; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, concernente i criteri di valutazione delle dichiarazioni rese dal richiedente e l’onere di acquisizione di informazioni circa i fatti pertinenti il Paese di origine, invocando anche l’applicazione del principio dell’onere della prova attenuato.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 205 del 2008, art. 8, lamentando che l’esame delle domande del richiedente non era avvenuto previa acquisizione e considerazione di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine del richiedente, caratterizzata da una degenerazione socio-politica della Nigeria e dalla recrudescenza della violenza. A sostegno si invoca una serie di decisioni di merito che avevano riconosciuto tale situazione e, conseguentemente, la protezione internazionale.

2. I motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione, sono palesemente inammissibili.

Giova rimarcare che il Tribunale ha ripercorso il racconto del ricorrente – che aveva riferito con una articolata narrazione di avere assistito all’omicidio del suo capo, un omicidio a suo dire politico, e di essere fuggito perchè gli autori del fatto lo ricercavano – e ne ha messo in evidenza, attraverso una puntuale analisi delle dichiarazioni rese sia presso la Commissione che dinanzi al Tribunale, le contraddizioni e le incongruenze, concludendo per la totale inattendibilità delle stesse, se non quanto all’omicidio, quanto alla presenza del richiedente al momento dello stesso o al fatto che egli fosse ricercato come testimone scomodo.

I sintetici motivi, quantunque prospettino una violazione di legge, non si confrontano affatto con la statuizione impugnata, ma si limitano a proporre una elencazione di principi giurisprudenziali e ad invocare in modo generico l’applicazione delle norme, senza illustrare -con riferimento alla concreta fattispecie – in cosa sia consistita la violazione attribuita al giudicante di merito (Cass. n. 5001 del 02/03/2018; Cass. n. 24298 del 29/11/2016).

In realtà gli stessi appaiono intesi a promuovere una rivisitazione dell’apprezzamento di fatto operato dal decidente di merito, nell’auspicio che una nuova interpretazione dei dati salienti della vicenda possa condurre ad un esito conclusivo del giudizio più favorevole di quello fatto segnare dal Tribunale, senza nemmeno puntualmente contestare quanto accertato in fatto dal giudice del merito.

A ciò va aggiunto che il ricorrente vanamente invoca l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente la protezione, desumibile dal D.Lgs. n. 251 del 2017, art. 3, comma 5 in particolare, avendo l’interessato pur sempre l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda (art. 3, comma 5, lett. a), solo nel quale caso (e in presenza delle ulteriori condizioni poste dalla norma) è possibile considerare “veritieri” i fatti narrati.

La valutazione di non credibilità del racconto, che integra la ratio decidendi della sentenza impugnata, costituisce un apprezzamento di fatto che è riservato al giudice di merito, al quale compete di valutare se le dichiarazioni del richiedente la protezione siano coerenti e plausibili (lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate (Cass. n. 27503 del 30/10/2018) e che è censurabile in cassazione esclusivamente sul piano motivazionale (Cass. n. 3340 del 5/2/2019).

Inoltre, qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 16925 del 27/06/2018)

Quanto alla richiesta di protezione umanitaria, in disparte dagli effetti del D.L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 10 dicembre 2018, n. 132 art. 1, comma 1, risulta dirimente il difetto di qualsivoglia allegazione individualizzante in punto di vulnerabilità, senza che la insussistenza dei presupposti accertata dal Tribunale trovi una adeguata e puntuale replica nell’illustrazione del motivo di ricorso.

Resta da aggiungere che la riscontrata non individualizzazione dei motivi umanitari e di ragioni di vulnerabilità diverse da quelle poste a base della richiesta di altre forme di protezione non può esser surrogata dalla situazione generale del Paese, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti.

Prive di rilievo risultano infine le pronunce di merito che hanno riconosciuto la protezione internazionale a favore di altri richiedenti nigeriani, attesa la autonomia della valutazione individualizzata delle posizioni personali.

4. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese di giudizio stante l’assenza di attività difensiva della controparte.

Sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, non essendo stata documentata la effettiva ammissione al richiesto patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 10 settembre 2019

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