Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22603 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/10/2020, (ud. 15/09/2020, dep. 16/10/2020), n.22603

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34058-2018 proposto da:

ANAS SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

CIABOCCO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 17/A, presso lo

studio dell’avvocato MICHELE CLEMENTE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIOVANNI LAURIOLA;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, EUROBILDING SPA, ROCK AND RIVER SRL già

R.G. COSTRUZIONI SRL E G.S. COSTRUZIONI GENERALI SRL,

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA già AURORA ASSICURAZIONI SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1941/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 19/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PARISE

CLOTILDE.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 1941/2018 depositata il 19-9-2018 e notificata il 20-9-2018, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto da Ciabocco s.r.l., accertata, per quanto ancora di interesse, l’illecita occupazione da parte di Anas s.p.a. di porzione del fondo di proprietà della Ciabocco s.r.l., catastalmente indicata nella sentenza citata, a seguito dell’esecuzione delle opere di cui al decreto adottato dall’Anas in data 2-8-2002, ha ordinato all’Anas s.p.a. la restituzione, nello status qua ante, alla proprietaria Ciabocco s.r.l. dell’area oggetto di occupazione, confermando le altre statuizioni di merito della sentenza di primo grado.

2. Avverso detta sentenza Anas s.p.a. (di seguito per brevità Anas) propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, a cui resiste con controricorso la Ciabocco s.r.l. (di seguito per brevità Ciabocco). Le altre parti sono rimaste intimate. Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

3. Con il primo motivo la ricorrente lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Deduce che la Corte d’appello non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti e, specificamente, non abbia considerato il progetto esecutivo dell’opera, incorrendo in un macroscopico errore, trattandosi di risultanza probatoria decisiva, in quanto da detto progetto si evince, ad avviso della ricorrente, che la Ciabocco, avendo partecipato alla gara d’appalto senza esito per la stessa favorevole, fosse a conoscenza del fatto che le barriere paramassi avrebbero occupato la sua proprietà.

3.1. Con il secondo motivo lamenta “Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”. Si duole dell’omesso esame di un documento che assume essere decisivo e che riproduce nel testo del ricorso, ossia del prospetto del progetto esecutivo da cui risulta che le barriere paramassi avrebbero interessato la proprietà della Ciabocco perchè posizionate proprio in prossimità del luogo ove si trova il fondo di detta parte, ossia la SS 77 tra il km 39+560 e 39+970. Richiama altresì le risultanze della CTU, da cui era emerso che il confine con la proprietà privata segue l’andamento della strada esistente risultando all’interno della proprietà Ciabocco. Deduce, quindi, che, come affermato nella sentenza di primo grado, la Ciabocco, avendo partecipato alla gara per i lavori di intervento sulla SS 77 e per la realizzazione delle barriere paramassi, era a conoscenza del fatto che detti lavori sarebbero stati eseguiti sul suo fondo.

4. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili sotto vari profili.

La ricorrente si duole, sub specie sia del vizio di violazione di legge (primo motivo) sia del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (secondo motivo), dell’omessa considerazione di un documento (il progetto esecutivo dell’opera oggetto di appalto pubblico come da contratto n. 1030 del 2003) da cui risulterebbe un fatto decisivo, ossia la conoscenza, da parte della Ciabocco, che le barriere paramassi sarebbero state posizionate all’interno della sua proprietà. Il suddetto fatto è configurato dalla ricorrente, per quanto è dato comprendere ed in conformità alla qualificazione datane dal giudice di primo grado, come fatto colposo del danneggiato-creditore, idoneo ad escludere il danno, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 2, perchè evitabile usando l’ordinaria diligenza.

Le doglianze così prospettate sono, pertanto, dirette a negare la debenza del risarcimento del danno, ma la Corte territoriale ha rigettato la domanda risarcitoria, avendo statuito solo la restituzione del bene in favore della proprietaria Ciabocco. Occorre precisare che pacificamente si verte in fattispecie di occupazione illecita, qualificata dai giudici di merito come usurpativa e consistita nell’occupazione di terreni di proprietà Ciabocco in assenza di dichiarazione di pubblica utilità e di legittimo provvedimento di acquisizione dell’area, e che con la sentenza impugnata è stata accolta solo la domanda di condanna alla restituzione del bene occupato, non anche quella di risarcimento dei danni.

Parte ricorrente non censura affatto la qualificazione della sua condotta come illecita, nè censura quanto chiaramente affermato nella sentenza impugnata circa l’obbligo di restituzione alla proprietaria del bene perchè occupato senza legittimo titolo, sicchè le doglianze non si confrontano con il decisum (cfr. Cass. n. 20910/2017). A ciò si aggiunga che l’eccezione ex art. 1227 c.c., comma 2, è stata sollevata tardivamente e la ricorrente non censura l’affermazione della Corte d’appello in tal senso (pag. n. 10 sentenza) e che i motivi di gravame non colgono la ratio decidendi anche con riferimento alle deduzioni sulla produzione del progetto esecutivo, produzione che la Corte territoriale ha escluso sia avvenuta (pag. 11 sentenza). La ricorrente Anas, nel denunciare la violazione dell’art. 115 c.p.c., assume che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, in particolare il prospetto di cui al doc. n. 3, indicato in ricorso come facente parte del progetto esecutivo e da cui, ad avviso di Anas, era dato evincere che l’opera avrebbe interessato non solo beni demaniali, ma anche beni appartenenti alla Ciabocco. Anas non svolge alcuna critica specifica all’affermazione della Corte territoriale secondo cui il progetto esecutivo non era stato depositato (cfr. pag. 11 sentenza).

Le censure difettano anche di autosufficienza, dal momento che la ricorrente richiama solo il prospetto che riporta nel testo del ricorso, da cui risulta solo quali fossero i km. interessati dall’opera, senza individuazione catastale dei terreni ed esatta ubicazione delle particelle catastali, non precisa quando è stato depositato quel documento (pag. n. 9 ricorso) ed afferma genericamente, nella sintesi dello svolgimento del processo (pag. n. 6 ricorso), di aver prodotto gli atti relativi alla gara d’appalto, su ordine di esibizione del Tribunale di Camerino, all’udienza del 21-5-2008.

Parimenti inammissibile è la doglianza concernente la valutazione delle risultanze della C.T.U., sia perchè genericamente formulata senza precisa indicazione delle parti dell’elaborato peritale richiamate, sia perchè si risolve in una critica all’attività di valutazione e selezione delle prove rimessa al giudice di merito ex art. 116 c.p.c. (Cass. n. 26769/2018)

5. In conclusione, il ricorso deve dichiararsi inammissibile e le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza nei confronti della parte costituita.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione in favore della Ciabocco s.r.l. delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.600, di cui Euro 100 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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