Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22602 del 07/11/2016


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Cassazione civile sez. III, 07/11/2016, (ud. 30/09/2016, dep. 07/11/2016), n.22602

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 00859/2013 proposto da:

V.G., (C.F. (OMISSIS)), domiciliato ex lege in ROMA, presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dagli Avvocati ANTONINO V.E. SPINOSO E VITTORIO DE FRANCO, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A., CASA EDITRICE MEMORIA GRUPPO EDITORIALE BIOS

SAS;

– intimati –

avverso la sentenza n. 588/2012 della CORTE D’APPELLO DI CATANZARO,

depositata il 19/05/2012, R.G.N. 933/2007;

udita la relazione sulla causa svolta nella pubblica udienza del

30/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato ANTONINO SPINOSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- V.G. ricorre, affidandosi a quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 588 del 19.5.12 della corte di appello di Catanzaro, con cui è stato disatteso il suo appello avverso il rigetto, da parte del tribunale di Cosenza, della sua domanda di condanna di P.A. e della Casa Editrice Memoria – Gruppo Editoriale Bios sas al risarcimento dei danni da diffamazione conseguiti alla pubblicazione del libro, scritto dal primo ed edito dalla seconda, “(OMISSIS)”.

2.- In particolare, con atto di citazione notificato il 14.6.02 si era doluto il V. del carattere incompleto e fraudolento della trascrizione e della manipolazione, nel libro, di un’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Messina, relativa alle indagini seguite agli esposti di tale notaio M. anche contro i magistrati reggini e, tra questi, lo stesso V., tale da prospettare la fondatezza delle accuse, che avevano invece portato al rinvio a giudizio dell’autore di esse, conclusosi solo per la morte del reo; ma il gravame del soccombente attore era, nei confronti dell’editrice, stato dichiarato inammissibile per mancata ripresa del procedimento notificatorio del relativo atto introduttivo, mentre, nei confronti dell’autore del libro, era stato rigettato, una volta respinta la produzione dell’ordinanza del giudice penale messinese, per la cui mancata produzione in primo grado era stata rigettata nel merito la domanda attorea.

3.- Nessuno degli intimati notifica controricorso; e, disposto con ordinanza 11 settembre 2015, n. 18005, rinvio a nuovo ruolo in attesa della definizione della questione sull’interpretazione dell’art. 345 c.p.c., da parte delle Sezioni Unite, per la successiva pubblica udienza del 30.9.16 il ricorrente deposita la prova del completamento della notifica al P. e memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.- Il ricorrente si duole:

a) con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, di “violazione e disapplicazione dei principi giurisprudenziali in materia di riattivazione del procedimento notificatorio”, nonchè di violazione degli artt. 331 e 103, 184 bis, 359 e 157 c.p.c.: sostenendo, in sostanza, l’erroneità dell’esclusione dei presupposti per concedere all’appellante all’esito del vano tentativo di notifica a partire dal 21.6.07, seguito solo il 18.12.07 dalla richiesta di esso – un nuovo termine per la notifica dell’atto di appello o per applicare l’art. 331 c.p.c.;

b) con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, di “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nella sua interpretazione data dalle Sezioni Unite di questa Corte regolatrice: censurando la non ammissione, in appello, della copia del provvedimento del GIP di Messina del 18.12.95 – prodotta per la subordinata ipotesi che esso fosse ritenuto indispensabile ai fini del decidere – in quanto fondata sulla conclusione, diffusamente contrastata, che l’indispensabilità non avrebbe comunque rilevato ove fosse servita a superare le preclusioni istruttorie maturate in primo grado”;

c) col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di un vizio motivazionale o travisamento della prova in merito alla necessità del detto provvedimento del GIP ai fini della prova del duplice profilo di diffamazione, consistente, da un lato, nell’affermazione che l’archiviazione da parte del GIP riguardava le accuse mosse dal M. contro i magistrati e non viceversa, nonchè, dall’altro, che fosse stata dimostrata la verità delle cose riferite dal M. contro i magistrati stessi, tra cui il V. medesimo;

d) con il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, di “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., art. 595 c.p., e L. n. 47 del 1948, art. 11”, e di vizio motivazionale, in relazione ai principi giurisprudenziali in tema di diffamazione a mezzo stampa: da un lato, rimarcando il carattere diffamatorio delle conclusioni tratte o indotte dall’autore in merito al coacervo degli esposti del M. contro i magistrati reggini, nonostante la diversa conclusione della corte territoriale; dall’altro lato, individuando il complessivo contesto espositivo da cui balzava evidente la prospettazione della verità di quanto riferito dall’esponente sull’esistenza di un patto trasversale tra “certa magistratura, certa massoneria, certa politica e la criminalità organizzata”, comprendente gli “affari sporchi dei magistrati al vertice del palazzo di giustizia”.

5.- Già all’esito della precedente udienza pubblica di discussione del 26.5.15 questa Corte ha rilevato (Cass., ord. 11 settembre 2015, n. 18005) la decisività, ai fini della definizione del ricorso, della questione coinvolta dal secondo motivo di ricorso, circa la nozione di “indispensabilità” della prova ammissibile in appello, tanto da disporre il rinvio a nuovo ruolo in attesa che le Sezioni Unite di questa Corte, formalmente investite di quella questione con ordinanza interlocutoria n. 24408 del 17 novembre 2014, la risolvessero.

6.- Peraltro, Cass. Sez. Un., 10 luglio 2015, n. 14475, limitando il decisum al caso concreto del concetto di “prova nuova” nello sviluppo del processo iniziato con decreto ingiuntivo, ha ritenuto superfluo ai fini del decidere affrontare funditus una tale questione (p. 52 della richiamata sentenza) e non la ha quindi risolta, lasciandola ancora impregiudicata.

7.- Il motivo coinvolge la vexata quaestio della nozione di “indispensabilità” della nuova prova in appello ai fini della sua ammissibilità: questione che non è coinvolta dall’avvenuta modifica, sul punto, dell’art. 345 c.p.c., comma 3, (di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. Ob), conv. con mod. in L. 7 agosto 2012, n. 134), perchè quest’ultima si applica a partire dalla data di entrata in vigore della legge che la ha introdotta (11.9.12).

8.- L’esatta nozione di indispensabilità della prova in appello è peraltro questione che mantiene una sua sicura attualità, non solo de praeteritu, siccome riguarda tutti gli appelli con rito ordinario iniziati – o almeno svolti – prima dell’entrata in vigore di tale novella, ma anche de futuro, perchè è comunque rilevante tanto per il rito del lavoro, visto che – per l’art. 437 c.p.c. – sono ivi in grado di appello ammessi nuovi mezzi di prova solo in quanto il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, quanto per gli appelli avverso le ordinanze rese a conclusione di procedimenti con il sempre più incentivato rito sommario di cui all’art. 702 bis c.p.c. e ss., visto che per l’art. 704 ter c.p.c., nel testo modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1 bis, conv. con mod. in L. 7 agosto 2012, n. 134 – sono ammessi appunto i nuovi mezzi di prova ed i nuovi documenti solo ed in quanto indispensabili ai fini della decisione.

9.- In via di prima approssimazione, già potrebbe sostenersi che effettivamente l’indispensabilità deve potersi distinguere dall’ulteriore ipotesi di eccezionale ammissibilità della prova nuova in appello e consistente nell’incolpevole impossibilità di produzione in precedenza, non avendo altrimenti alcun senso (se non a prezzo di ipotizzare un’impropria e scorretta – attesa l’evidente diversità dei presupposti delle due espressioni adoperate – sorta di endiadi) la separata considerazione delle due fattispecie, se non altro nel testo anteriore all’ultima novella della disposizione in esame (così, espressamente, Cass. 14 marzo 2016, n. 4908).

10.- Dovrebbe, però, al contempo, salvaguardarsi l’esigenza prioritaria di non vanificare il sistema di preclusioni in primo grado – vera chiave di volta di un processo civile efficace e di un efficiente sistema di tutela dei diritti – ed al contempo di rispettare la ormai conclamata natura di revisio prioris instantiae del grado di appello (avente ad oggetto la correttezza del provvedimento di primo grado: Cass. Sez. Un., 23 dicembre 2005, n. 28498; più di recente, per limitarsi alle pronunce a sezioni unite, v. Cass. Sez. Un., 8 febbraio 2013, n. 3033).

11.- Riconosciuta l’autonomia ontologica e funzionale del concetto di prova indispensabile producibile in appello, la questione da risolvere si incentra nel dilemma se quella possa risolversi in una prova che possa semplicemente condurre ad un esito finale diverso la risoluzione della controversia, ovvero in una prova dotata di un’influenza causale più incisiva rispetto a quella delle prove già rilevanti sulla decisione finale della controversia (tra le ultime: Cass. 31 agosto 2015, n. 17341), ovvero in una prova tale da dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi (per tutte e tra le più recenti: Cass. 23 luglio 2014, n. 16745; Cass. 27 agosto 2013, n. 19608), piuttosto che, in armonia con l’esigenza di salvaguardia del sistema di preclusioni anche istruttorie di primo grado e quindi in maggiore aderenza alle linee evolutive della struttura del processo, almeno nella prova la quale sia divenuta utile e necessaria in dipendenza delle valutazioni della decisione appellata a commento delle risultanze istruttorie di primo grado (Cass. 31 marzo 2011, n. 7441; Cass. 17 febbraio 2014, n. 3709; Cass., ord. 12 febbraio 2013, n. 3493).

12.- La questione è stata prospettata con dovizia di argomentazioni – ed ampiamente motivata illustrazione delle ragioni che inducono a preferire la seconda delle tesi suddette dalla ricordata ordinanza di rimessione 17 novembre 2014, n. 24408: alla quale va quindi fatto integrale richiamo, nella parte in cui ha illustrato il contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine all’interpretazione della nozione di prova indispensabile di cui è ammessa la produzione in appello ai sensi del testo dell’art. 345 c.p.c., anteriore alla riforma del 2012 (punti 7.4 ss.).

13.- La necessità di una presa di posizione formale sul concetto di prova indispensabile ai sensi del testo dell’art. 345 c.p.c., anteriore all’ultima novella è viepiù evidente nella fattispecie, in cui il documento è divenuto indispensabile dopo essere stato largamente presupposto in primo grado – tanto da avere costituito più o meno esplicito parametro di valutazione della fondatezza della domanda risarcitoria – ma deliberatamente sottratto al materiale probatorio per cosciente scelta processuale della parte ritenuta poi onerata (che si era anzi opposta alla sua acquisizione, invocata dalla controparte), la quale aveva, per sua consapevole strategia processuale poi rivelatasi perdente alla stregua delle valutazioni del giudicante, deciso di non produrlo entro i termini di maturazione delle preclusioni istruttorie, accettando quindi il rischio che queste si compissero a suo danno.

14.- L’importanza della risoluzione della questione è di tutta evidenza nella fattispecie, balzando agli occhi la divaricazione tra i risultati applicativi delle due interpretazioni che si contendono il campo: qualificando come indispensabile qualsiasi prova dotata di influenza causale più incisiva rispetto a quella delle prove già rilevanti o ancor più come idonea a determinare un esito diverso della decisione, il motivo potrebbe essere accolto, mentre, ove si apprezzasse l’indispensabilità in relazione al primo grado ed al modo in cui essa si è formata o avrebbe potuto formarsi, potrebbe più plausibilmente andare incontro ad una sorte opposta.

15.- Ritiene il Collegio, quindi, che sia inevitabile proporre nuovamente la questione suddetta, essendo rimasto irrisolto il contrasto evidenziato nella prima ordinanza di rimessione, alla quale, per brevità ed anzi in ossequio a pure recenti autorevoli richiami alla concisione nella redazione delle motivazioni dei provvedimenti, può qui bastare un integrale richiamo: potendo agevolmente ricondursi all’attesa della pronunzia, poi invece mancata, la carenza di ulteriori significative prese di posizione ad opera della giurisprudenza di legittimità nell’uno o nell’altro senso (come sopra ricordati al punto 10; se si eccettuano, nel secondo, Cass. 15 marzo 2016, n. 5013, o Cass. 14 marzo 2016, n. 4908).

16.- Stima quindi il Collegio che ricorrano le condizioni per rimettere gli atti al Primo Presidente, affinchè valuti l’opportunità di assegnare la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite.

P.Q.M.

La Corte rimette gli atti al Primo Presidente, affinchè valuti l’opportunità di assegnare la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite sulla questione indicata in motivazione, in quanto oggetto di contrasto nella giurisprudenza delle Sezioni Semplici.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2016

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